Altissimo il prezzo pagato negli ultimi anni dalla platea dei lavoratori autonomi, pesantemente colpiti – quasi falcidiati – dalla crisi, in costante debito di ossigeno.
Nonostante la spinta di flat tax ed equo compenso, i numeri scattano una fotografia a tinte fosche con gli indipendenti in contrazione da mesi: a novembre, in linea con i dati Istat, gli autonomi sono scesi a quota 5.276.000, 22mila in meno su ottobre, 41mila in meno sull’anno.
Come riporta il Sole 24Ore, il cosiddetto Statuto del lavoro autonomo – varato a metà 2017 e accolto come la panacea se non di tutti, quantomeno di molti mali – è attualmente operativo solo a metà. In vigore solo le norme autoapplicative.
IL MIRAGGIO DELLE TUTELE – Laddove tutte e quattro le deleghe contenute nel provvedimento – che toccano altrettanti aspetti non proprio secondari per la vita di migliaia di partite Iva e collaboratori, sono scadute a metà 2018.
Oltre alla rimessione ai professionisti di funzioni pubbliche, infatti – sottolinea il quotidiano economico – “all’articolo 6 della legge 81 sono contenuti altri due interventi innovativi: uno, attraverso gli enti di previdenza, per rafforzare le misure di sicurezza e protezione sociale (una sorta di ammortizzatori sociali ad hoc per i professionisti, ndr);
l’altro per incrementare le prestazioni sociali per gli iscritti alla gestione separata Inps (prestazioni di maternità e indennità di malattia), rimettendo al governo la possibilità di aumento fino allo 0,5% l’aliquota aggiuntiva.
La quarta e ultima delega affida(va) all’esecutivo il compito di semplificare la delicata materia della salute e sicurezza dei lavoratori applicabili agli studi professionali, da non trattare più alla stregua di una fonderia”.