Gig economy, ecco perché i rider non sono lavoratori autonomi

Una sentenza ha confermato l'orientamento de9i giudici secondo cui i rider devono qualificarsi come lavoratori subordinati

Il Tribunale di Milano ha confermato l’orientamento secondo il quale i rider che consegnano cibo per le piattaforme digitali non possono essere inquadrati come lavoratori autonomi qualora la loro prestazione sia gestita in maniera puntuale e stringente dall’algoritmo. Si tratta di un orientamento ormai largamente maggioritario della giurisprudenza sul tema della qualificazione dei lavoratori della gig economy. La sentenza arriva in merito alla vicenda del ricorso di un ciclofattorino che aveva stipulato con una piattaforma digitale un contratto di lavoro autonomo, mediante il quale si impegnava a ritirare e consegnare cibo, con un mezzo di locomozione proprio, sulla base degli ordinativi ricevuti dall’applicazione appositamente creata dalla piattaforma.

La richiesta del rider

Il lavoratore ha quindi chiesto al Tribunale che il suo rapporto di lavoro con la piattaforma venisse riqualificato in forma subordinata o, comunque, che a esso fossero applicate le tutele tipiche della subordinazione attraverso il meccanismo previsto dall’articolo 2 del Dlgs 81/2015. Il Tribunale ha così accolto la domanda principale, ritenendo che gli indicatori emersi nel corso dell’istruttoria fossero sufficienti a dimostrare la subordinazione del fattorino. In particolare, durante la causa è venuto fuori che il rider all’inizio del rapporto scarica sul proprio smartphone una app tramite la quale riceve delle proposte di consegna, che può accettare o rifiutare. Tali proposte sono relative a specifiche sessioni di lavoro, cui il rider può accedere in base a indicatori statistici collegati alla sua prestazione.

La funzione dell’algoritmo

L’algoritmo tiene conto anche del numero delle occasioni in cui il rider, avendo prenotato una sessione, non ha effettuato la consegna entro un certo tempo. Questo elemento si somma a un indice di partecipazione che valuta il numero di volte in cui il rider si è reso disponibile negli orari di maggiore intensità della domanda (quelli inclusi nella fascia 20-22 nei giorni dal venerdì alla domenica). L’accesso alla fascia oraria più vantaggiosa è consentito di conseguenza solo ai rider che hanno un valore massimo per questi indici. Durante la sessione prenotata, il rider riceve le proposte e può accettarle, ignorarle o rifiutarle.

Perché si tratta di lavoro subordinato?

Il Tribunale ha quindi ritenuto che l’attività lavorativa del rider presenti gli elementi propri della subordinazione, innanzitutto, perché il rider lavora all’interno di un’organizzazione della piattaforma sulla quale non può esercitare alcuna influenza, senza avervi interesse e senza assumere alcun rischio d’impresa. Inoltre l’accesso alle fasce di prenotazione non è libero, ma condizionato dal punteggio ottenuto dal rider e dalle penalizzazioni applicabili in determinate circostante. In più la pronuncia ha fatto notare che il lavoratore, per ricevere la proposta di consegna, deve trovarsi nelle vicinanze del locale da cui deve essere ritirata la merce, e che la piattaforma gli indica dove recarsi per ritirare il prodotto e dove consegnarlo, controllando attraverso il sistema di geolocalizzazione la sua posizione. Elementi più che sufficienti per convincere il Tribunale ad affermare la natura subordinata del rapporto.