Sono complessivamente oltre 800mila le imprese rimaste aperte, sul totale delle imprese monitorate a livello nazionale sommando le indicazioni previste dai due Dpcm approvati dal governo, quello dell’11 marzo e quello ancora del 22 marzo.
In Lombardia sono oltre 155 mila quelle considerate essenziali e dunque rimaste aperte, ovvero circa il 38,8%. A Bergamo e Brescia la percentuale di quelle chiuse raggiunge invece il 65% delle imprese osservate, un valore leggermente più alto della media regionale e nazionale. In Emilia-Romagna, sono oltre 58 mila le imprese aperte, ovvero il 38% del totale.
A cimentarsi nel complesso calcolo relativo all’elenco dei codici Ateco delle attività ritenute essenziali disegnato con l’ultimo intervendo del governo che si aggiunge allo stop già imposto ai settori del commercio al dettaglio e dei servizi alla persona, è uno studio congiunto Ires ed OpenCorporation.
La mappa dell’Italia, si legge ancora, mostra come la quota di imprese aperte sul totale vari dal 25,7% (punto minimo) al 50% (punto massimo del totale) con percentuali più alte nelle regioni del Sud Italia, riflettendo differenti strutture del sistema produttivo. Più difficile stimare quanti lavoratori siano potenzialmente ancora al lavoro. I dati utilizzati nello studio sui dipendenti sono quelli presenti nei bilanci delle aziende e quindi sono dati quantitativi ma, spiega il Report , “nulla dicono se i lavoratori sono già in smart work, in cassa integrazione o assenti per altri motivi.
Ciò detto ammontano a circa 7,5 milioni, il 57,6%, i lavoratori dipendenti conteggiati nei bilanci delle imprese considerate essenziali mentre sono circa 5,5 milioni , il 42,4% i lavoratori nelle imprese ritenute non essenziali secondo la catalogazione seguita con i due Dpcm considerati.
In Lombardia sono oltre 2,1 milioni di lavoratori potenzialmente al lavoro nelle imprese essenziali, ovvero il 58% dei lavoratori totali osservati in regione. A Bergamo e Brescia, prosegue lo studio Ires-Cgil, i lavoratori rilevati in bilanci delle imprese aperte perché non essenziali, sono rispettivamente il 56,4% e il 43,4%.
In Emilia-Romagna i lavoratori dipendenti delle imprese essenziali sono circa 650 mila il 53,2% del totale osservato. L’osservazione della mappa nazionale mostra comunque come la quota di dipendenti al lavoro vari dal 29,7% all’89,4% mostrando le percentuali più alte sempre nelle regioni del Sud, sebbene in forma meno marcata.
Troppe aziende aperte, sciopero il 25 marzo
Troppe aziende restano ancora aperte nonostante l’emergenza coronavirus, i sindacati proclamano uno sciopero di otto ore.
Mercoledì 25 marzo i lavoratori delle aziende metalmeccaniche lombarde incroceranno le braccia per manifestare tutto il loro disaccordo per una decisione che non tutelerebbe la loro salute. Il segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, ha confermato la decisione.
“Il Dpcm e lo schema allegato firmato il 22 marzo dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Salute – hanno scritto i sindacati – non tiene conto se non in modo molto parziale delle istanze e delle necessità che abbiamo posto all’attenzione dell’Esecutivo, prevedendo una serie molto consistente di attività industriali e commerciali aggiuntive rispetto allo schema iniziale presentato dal Governo, per gran parte delle quali riteniamo non sussistere la caratteristica di attività indispensabile o essenziale“.