Sono settimane caldissime quelle che vedono crescere giorno dopo giorno il livello di scontro tra il governo di Giorgia Meloni e le maggiori sigle sindacali del nostro Paese. Dopo la tanto discussa iniziativa promossa da Cigl e Uil lo scorso venerdì 17 novembre (con l’intervento della Commissione di garanzia per impedire lo sciopero generale e i continui botta e risposta tra Maurizio Landini e il ministro Matteo Salvini), anche in questo fine settimana si ripropone lo schema che vede contrapposti l’esecutivo e i rappresentanti dei lavoratori.
In particolare, dopo essersi dissociata dalle scelte dei due gruppi citati, ora è la Cisl ad organizzare una grande manifestazione nazionale, prevista per la giornata di domani (sabato 25 novembre) a Roma, in piazza Santi Apostoli. Sui motivi che hanno spinto questo sindacato a indire la mobilitazione e sulla decisione di differenziarsi dalle altre sigle ne parliamo con il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che ha accettato di farsi intervistare da Qui Finanza a meno di 24 ore dal raduno previsto nella capitale.
Segretario, cosa dobbiamo aspettarci dalla manifestazione nazionale domani, sabato 25 novembre, in piazza Santi Apostoli a Roma?
Sarà una grande iniziativa nazionale, con delegazioni che arriveranno da tutta Italia. Da una parte incalzeremo il governo e il Parlamento sulle modifiche da apportare alla Manovra, dall’altra indicheremo all’esecutivo, alle imprese – e anche agli altri sindacati – la via di una strategia di sviluppo pienamente partecipata. Lanceremo la nostra sfida e le nostre idee e lo faremo di sabato, senza chiedere sacrifici ulteriori ai lavoratori o penalizzare i cittadini, avanzando le proposte concrete di un sindacato responsabile, riformista, pragmatico e autonomo dai partiti.
Nel titolo della manifestazione parlate di “migliorare la Manovra”: cosa non vi convince?
Abbiamo dato un giudizio articolato. La legge di Bilancio ha diverse luci ma anche pesanti ombre. È apprezzabile la conferma del taglio del cuneo fiscale, così come la rivalutazione piena delle pensioni sino a 4 volte il trattamento minimo e con décalage le altre. Ma siamo in linea anche con lo stanziamento delle risorse necessarie – ma certamente non ancora sufficienti – destinate al rinnovo dei contratti pubblici e della sanità, la detassazione della contrattazione aziendale e dei fringe benefit per le persone senza carichi familiari.
Fino qui tutti elementi che giudicate positivi. Cosa invece avete messo nel mirino?
La nostra critica riguarda in primis il tema delle pensioni. Il governo deve fare marcia indietro sulle rigidità introdotte nelle regole di flessibilità, sui tagli dei rendimenti dei trattamenti pensionistici di alcune categorie pubbliche, che oltre ad essere ingiuste rischiano di innescare la fuga anticipata dal lavoro di migliaia di medici, infermieri, personale degli enti locali e insegnanti. Chiediamo più risorse per la sanità e l’istruzione. Inoltre, vanno aiutate le regioni e i comuni, enti indispensabili per l’attuazione del Pnrr nel Sud Italia. Infine, crediamo sia indispensabile lo sblocco delle assunzioni e le stabilizzazioni del precariato storico. Il tempo e i margini per le necessarie modifiche in Parlamento non mancano.
Quali sono i temi prioritari di cui la politica deve occuparsi in questo momento storico?
Dobbiamo migliorare la Manovra, ma andare anche oltre, guardando alla piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al rinnovo dei contratti pubblici e privati, al necessario cammino di riforme e investimenti che rilancino protagonismo, qualità e quantità del lavoro. La strada per la Cisl rimane quella un nuovo Patto sociale per la difesa e il riscatto del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati con una nuova politica dei redditi, il rilancio dei capitali pubblici e privati, il recupero della produttività, una riforma fiscale autenticamente redistributiva.
Nel concreto, oltre alla manifestazione, cosa può fare oggi il sindacato per affrontare i problemi di cui parla?
Bisogna unire il nostro Paese, portando le regioni del Sud allo sviluppo ed evitando la fuga dei nostri giovani all’estero. Occorre investire sulle politiche attive e le nuove competenze, dare alla nazione una nuova visione di politica industriale, infrastrutturale ed energetica. Abbiamo bisogno anche di una più forte partecipazione dei lavoratori alle scelte e ai profitti delle imprese: per questo abbiamo raccolto in questi mesi centinaia di migliaia di adesioni per una legge di iniziativa popolare che depositeremo il prossimo martedì 28 novembre alla Camera dei Deputati.
La Cisl viene vista come un sindacato non ostile alla maggioranza di centrodestra: è così?
Noi ci confrontiamo con tutti i governi a prescindere dal loro colore politico. Non abbiamo mai avuto la “sindrome del governo amico”. Il sindacato deve fare il suo mestiere, non sovrapporre la rappresentanza sociale e quella partitica, ma negoziare avanzamenti per i propri associati e per il Paese, trattare e contrattare sviluppo, evitando di scivolare negli ideologismi e nella demagogia. Dove c’è spazio noi siamo e saremo sempre per il confronto, per l’incontro dialettico e costruttivo.
Cgil e Uil hanno scioperato nella giornata di venerdì 17 novembre, mentre voi non avete aderito all’iniziativa. Le grandi sigle del nostro Paese si sono spaccate?
Non parlerei di spaccatura. Abbiamo piattaforme comuni, costruiamo e rinnoviamo contratti in ogni settore, lottiamo per gli stessi obiettivi. Diciamo che abbiamo oggi un’idea diversa sul ruolo del sindacato e sulla valutazione dei risultati ottenuti in Manovra attraverso la mobilitazione e il confronto con il governo. Questo oggi ci distingue.
Ha ritenuto corretta la decisione del ministro Salvini di intervenire con la precettazione per ridurre le ore di sciopero da 8 a 4?
Guardi, lo sciopero rimane un diritto inviolabile della nostra democrazia e deve essere usato nel rispetto delle norme a garanzia sia dei lavoratori, sia dei cittadini. Noi pensiamo che bisogna rispettare le decisioni della Commissione di garanzia, che è un organismo indipendente, chiamato a stabilire tecnicamente se ci sono irregolarità nelle procedure. La Cisl lo ha sempre fatto. Nel caso specifico non sono state riscontrate le condizioni necessarie per far scattare lo sciopero generale, con le annesse deroghe. Ma nessuno ha messo in discussione il sacrosanto diritto di astensione dal lavoro. Ora sarebbe il caso di disinnescare questa polemica, cercando di lavorare piuttosto per il bene del Paese, riempiendo le piazze non solo di slogan ma anche di idee e progetti.