Tracciabilità e investimenti sugli under 35: la ricetta per una perfetta mozzarella di bufala campana

Formazione, Made in Italy e nuove esigenze emerse durante la pandemia: parla Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP.

Partiamo da un dato, un dato confortante in mezzo a tanto pessimismo legato al momento storico che stiamo vivendo: negli ultimi tempi molti giovani – di cui la maggioranza addirittura under 35 – sono entrati nel cda e nel comparto.

Si tratta di un ottimo dato che racconta la voglia di fare e di conoscere che hanno i giovani. Le nuove leve stanno pian piano prendendo coscienza della potenzialità che hanno le aziende di famiglia e stanno imparando l’arte dei casari, approfondendo cosa vi è dietro a questo mestiere e il perché di determinati processi. Aggiungiamo poi caratteristiche quali la freschezza e l’intelletto dei giovani, che portano un grande beneficio a tutto il settore. In questo momento difficile, è un ottimo augurio per il futuro.

In questo senso, quanto è importante la formazione?

Per noi conta tantissimo, basti pensare che ad oggi sono pochi gli italiani che sanno fare questo mestiere e si trovano sempre meno persone preparate. Stiamo parlando di un prodotto che va in giro per il mondo e rappresenta il nostro Paese: dobbiamo preservarne il futuro. Tutto questo necessita di persone professionalmente preparate e il nostro obiettivo è proprio quello di formarne il più possibile.

Quanto pesa attualmente il Made in Italy nel settore food e più in generale sull’economia?

All’interno delle due principali province dell’area Dop, Caserta e Salerno, il nostro comparto vale attorno al 14% del PIL di settore, un dato decisamente importante. Va poi aggiunto un altro aspetto, che non è solo economico: molte delle nostre aziende agricole rappresentano le cosiddette “aziende guardiane” del territorio, che presidiano terreni abbandonati. Mentre quelle di trasformazione offrono una vera opportunità di lavoro sul territorio. La filiera ha quindi anche un valore sociale e culturale.

Quali strumenti abbiamo oggi per garantire l’unicità e la qualità del prodotto ai consumatori?
Sicuramente la tracciabilità della filiera, dagli animali che producono il latte fino al supermercato o cremeria in cui viene venduta la singola mozzarella di bufala campana. Vi è insomma un controllo totale del prodotto, dalla sua nascita fino al momento in cui arriva sulla tavola. Tutto ciò dev’essere però accompagnato anche da scelte consapevoli da parte dei consumatori: mai comprare mozzarella sfusa, ma solo prodotti confezionati, che esibiscono il marchio DOP del Consorzio.

Quando parliamo di tracciabilità, a livello tecnico di cosa stiamo parlando?

La filiera della bufala è l’unica in cui la tracciabilità è riconosciuta da una legge dello Stato entrata in vigore nel 2014, cosa che non accade in nessun altro comparto. Ogni giorno sappiamo quanto latte produce ogni animale, quanto ne arriva da una determinata stalla, quanto ne ritira il caseificio di trasformazione e addirittura in quale orario viene trasformato in prodotto finito. Ogni attore fa la sua parte e registra tutto su un portale gestito dal Ministero, i cui dati vengono poi ogni giorno controllati da un ente terzo.

Apriamo il capitolo dell’export: come si fa a conciliare un futuro senza plastica, alla possibilità di spedire il prodotto ovunque nel mondo e ad un prezzo conveniente?

Siamo al lavoro con l’Università Federico II di Napoli che sta studiando un packaging non inquinante e riciclabile Siamo agli inizi, anche se questo progetto sta andando avanti al meglio. L’altro obiettivo che ci stiamo ponendo è cercare di eliminare il liquido di governo per il prodotto destinato all’export. Oggi per ogni chilo di prodotto, abbiamo almeno un altro chilo di liquido e ovviamente questo fa lievitare nettamente le spese di spedizione e allunga i tempi di consegna.

Quali sono le nuove esigenze dei consumatori emerse in questo particolare momento storico di Covid-19?

In questo momento tutte le persone che stanno a casa si sono cimentate nel fare i pizzaioli e gli chef, con l’aiuto anche delle varie trasmissioni televisive gastronomiche. In alcuni casi quindi abbiamo avuto richieste di prodotti tecnicamente diversi. Mi spiego meglio: se prendiamo una mozzarella appena fatta e la mettiamo sulla pizza, sprigiona latte e di conseguenza la pizza risulta un po’ bagnata e pastosa. Il pizzaiolo sa ovviamente gestire il prodotto, lo mette in una cella ventilata dove si asciuga un po’ e fa alcuni passaggi che gli permettono di portare in tavola una pizza eccezionale. Quello che questo periodo ci sta insegnando – quindi – è di cambiare quantomeno alcuni dei formati previsti dal disciplinare, mantenendo la stessa “ricetta”, ma facendo in modo che la mozzarella sia pronto all’uso anche come ingrediente e non solo come prodotto da mangiare da solo in purezza.

domenico raimondo presidente consorzio mozzarella
Fonte: consorzio mozzarella bufala
Domenico Raimondo – Presidente Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala DOP

In collaborazione con Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala DOP