Dopo l’inchiesta avviata dalla Procura di Milano, nei confronti della famosa U-Mask si registra ora l’intervento dei Carabinieri del Nas di Trento, che hanno sequestrato il laboratorio analisi di Bolzano dove sono stati effettuati i test sulla capacità di filtrazione della speciale mascherina diventata quasi un’icona in Italia.
Distribuita in ben 121 Paesi del mondo, famosa grazie allo sfoggio di diversi vip, adottata da alcune federazioni sportive (in Formula 1 ce l’hanno Ferrari, Mercedes e McLaren), scelta da tantissime aziende, popolarissima in Parlamento e negli shop di grandi brand automobilistici, la U-Mask ora è nei guai.
U-Mask, perché tutto questo successo
Come QuiFinanza ha approfondito qui, le comuni mascherine usa e getta sono di fatto dei filtri a membrana e hanno lo svantaggio che i batteri possono accumularsi e proliferare tra un utilizzo e l’altro. Questo è il motivo per cui le mascherine monouso vengono utilizzate in ambienti medici e non devono essere utilizzate per più di un turno.
La U-Mask contiene invece il Refill, uno strato interno auto-sanificante, una tecnologia innovativa naturale e assolutamente atossica per l’uomo, che offrirebbe, spiega l’azienda sul suo sito, risultati garantiti per almeno 150-200 ore di utilizzo efficace. Questo, almeno, in teoria.
I dati falsati sull’efficacia della U-Mask
A differenza infatti di quanto si può leggere sul sito ufficiale dell’azienda che la produce, l’indagine è nata in seguito a un esposto di un’azienda concorrente, con tanto di documenti che attesterebbero che la sua capacità di filtraggio sarebbe del 70/80% a fronte del 98/99% dichiarato ufficialmente. Filtrerebbe insomma meno di quelle da 50 centesimi, pur costando 33,60 euro, e sarebbe persino sotto il livello fissato per legge del 95%.
Ora è partita anche una class action lanciata da Codici, associazione per la difesa dei diritti dei consumatori. “Stiamo seguendo con attenzione l’evolversi della situazione e abbiamo fatto anche noi i nostri passi” spiega il Segretario Nazionale di Codici Ivano Giacomelli.
L’associazione ha inviato una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato affinché faccia chiarezza su un caso “che presenta troppe ombre” che preoccupano i consumatori. “Stiamo ricevendo diverse segnalazioni da parte di consumatori che chiedono chiarimenti sulla reale efficacia delle mascherine” dice Manfredi Zammataro, Segretario di Codici Sicilia. Il nodo centrale della questione è la capacità di filtraggio.
Come denunciato da Striscia la Notizia, tra i primi a mettere in evidenza i punti oscuri di U-Mask, i Carabinieri hanno scoperto che la struttura di Bolzano non avrebbe avuto nessuna autorizzazione sanitaria e che alcuni referti sarebbero stati firmati dal responsabile tecnico, che però non risulta iscritto all’Ordine dei Biologi.
Come partecipare alla class action di Codici
Intanto Codici ha avviato una class action “per il giusto e doveroso rimborso” di un acquisto dall’importo, tra l’altro, non indifferente, considerando che tra mascherina e primo cambio filtri, che scatta dopo 200 ore di utilizzo, si arriva tranquillamente ad una spesa di circa 50 euro.
Tutti coloro che hanno acquistato una mascherina U-Mask e volessero ricevere tutela e richiedere il rimborso possono partecipare alla class action compilando il modulo di richiesta scaricabile qui e inviarlo via mail a: segreteria.sportello@codici.org.
Per info è possibile scrivere a segreteria.sportello@codici.org oppure chiamare il numero di telefono 06.55.71.966.