Entra in vigore il 15 novembre l’obbligo di apporre un’etichetta con l’indicazione di provenienza su salami, mortadella, prosciutti e culatello. La nuova norma permette di fare chiarezza sui prodotti presenti negli scaffali e spesso presentati come italiani. Oggi 1 prodotto su 4, secondo Coldiretti, richiamerebbe il tricolore, senza però avere legami con le coltivazioni e gli allevamenti nostrani. Per questo si è reso necessario il decreto interministeriale sul nuovo sistema di etichettatura delle carni suine italiane, diventato legge con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
L’obbligo scatta a una settimana dalla pubblicazione del decreto, che prevede anche un bonus per salvare il Made in Italy, con un importo complessivo pari a 600 milioni di euro. I ristoratori possono usufruirne per l’acquisto di prodotti alimentari del Belpaese.
Etichetta obbligatoria sui salumi: quali informazioni contiene
Il decreto sui salumi prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a:
- Paese di nascita degli animali;
- Paese di allevamento degli animali;
- Paese di macellazione degli animali.
Se l’animale è nato e cresciuto e le sue carni trasformate nello stesso Paese, può apparire la dicitura:
- Origine, seguita dal nome del Paese o della regione, come UE o extra UE.
Solo se il suino non si è mai spostato dal nostro Paese può essere utilizzata la formula “100% italiano“.
Etichetta obbligatoria sui salumi: così si salva il Made in Italy
Il provvedimento consente lo smaltimento delle scorte già etichettate fino al loro esaurimento. È pensato per garantire trasparenza ai 35 milioni di italiani che ogni settimana portano in tavola salumi di carni suine e per sostenere i 5 mila allevamenti di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale. Secondo un’indagine Ixè, l’82% degli intervistati ritiene necessario portare in tavola prodotti italiani per aiutare le imprese in difficoltà a causa dell’emergenza Covid, oltre che per sostenere l’occupazione e la produzione nel territorio.
A preoccupare il Governo e Coldiretti è l’arrivo di cosce dall’estero, circa 56 milioni di pezzi all’anno che si riversano dalle frontiere e vengono utilizzate per prosciutti spacciati per italiani. Il prestigio del Made in Italy, a cui contribuisce il settore della norcineria, vale nel mondo più di 20 miliardi di euro.