Nuovo Dpcm, quanto può durare la zona rossa in una Regione

Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e Calabria sono considerate ad alto rischio e hanno misure restrittive più dure rispetto al resto d'Italia: quando potrà cambiare la situazione

Il nuovo Dpcm che divide l’Italia in tre zone di rischio, ognuna corrispondente a un colore, entrerà in vigore allo scoccare della mezzanotte di venerdì 6 novembre: le sue misure saranno valide fino a giovedì 3 dicembre. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato che le Regioni ‘rosse‘, quindi considerate ad alto rischio, sono quattro: Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria. Due soltanto sono nella fascia intermedia, quella arancione, ossia Puglia e Sicilia. Tutte le altre sono considerate a rischio moderato, contraddistinto dal colore giallo. Ma questo non significa che la situazione (e quindi il colore) possa cambiare, nel bene e nel male, per ciascuna Regione.

Nuovo Dpcm, quando una Regione può cambiare ‘colore’

Il Nuovo Dpcm prevede che il monitoraggio regionale per eventuali cambi di valutazione del livello del rischio sia fatto ogni 14 giorni. Ciò vuol dire che, per esempio, qualora si registrasse un’inversione del trend dei contagi, la Lombardia potrebbe passare dalla zona rossa a quella arancione. Ovviamente vale il discorso opposto: chi è in una zona gialla può entrare in una arancione o rossa in caso di criticità.

A deciderlo sarà un’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo aver sentito il presidente della singola Regione. Il premier ha specificato che le ordinanze non saranno arbitrarie, ma si baseranno alla luce del monitoraggio periodico.

Nuovo Dpcm, i 21 criteri che fanno entrare una Regione nella zona rossa

Il presidente del Consiglio ha aggiunto che, sostanzialmente, l’assegnazione della zona a una Regione dipende da 21 criteri. I più noti sono l’indice di contagio Rt e la capacità di accoglienza nei reparti negli ospedali, ma eccoli complessivamente:

  1. Numero di casi sintomatici;
  2. Numero di casi ricoverati;
  3. Numero di casi in terapia intensiva;
  4. Numero di casi in isolamento domiciliare;
  5. Numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie;
  6. Numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla checklist settimanalmente con almeno una criticità riscontrata;
  7. Percentuale di tamponi positivi;
  8. Tempo tra data inizio sintomi e data diagnosi;
  9. Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento;
  10. Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate al contact tracing;
  11. Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate al prelievo e al monitoraggio di contatti stretti e delle persone in isolamento;
  12. Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata ima regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati;
  13. Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni;
  14. Rt;
  15. Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-Net per settimana;
  16. Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata Covid-19 per giorno;
  17. Numero di focolai di trasmissione;
  18. Numero di nuovi casi di infezione confermata, non associati a catene di trasmissioni note;
  19. Numero di accessi al pronto soccorso con sintomi riconducibili al Covid;
  20. Tasso di occupazione dei posti letto totali di terapia intensiva per pazienti Covid;
  21. Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti Covid.