Le misure del nuovo Dpcm, in vigore da lunedì 26 ottobre, riguardano anche la scuola. Negli istituti superiori sarà possibile portare la didattica a distanza anche al 100%, dato che è prevista “una quota pari almeno al 75% delle attività”.
Una formula che, di fatto, va incontro alle diverse Regioni che avevano chiesto di eliminare la didattica in presenza. Ora la palla passa alle autonomie scolastiche: saranno i presidi a decidere la quota di Dad: da questa cifra vanno salvaguardati gli alunni con disabilità e i Bes, ovvero i bisogni educativi speciali. Negli ultimi giorni, però, oltre alla Dad si è parlato di Ddi: quali sono le differenze?
Scuola, Dad e Ddi: le differenze e gli effetti sulle classi
Lo scorso marzo le scuole di tutta Italia hanno ripiegato sulla Dad, ossia sulla didattica a distanza, per concludere l’anno scolastico 2019/2020 in sicurezza. Non potendosi recare fisicamente a scuola a causa del lockdown nazionale, gli studenti di ogni ordine e grado hanno fatto uso delle nuove tecnologie per seguire online, da casa, le lezioni degli insegnanti. Tra le piattaforme più usate, Microsoft Teams, Skype o Google Suite, in grado di creare aule virtuali per far fronte alla pandemia.
Al fianco della Dad, è comparsa la Ddi: ossia, la didattica digitale integrata. Inaugurata all’inizio del nuovo anno scolastico, 2020/2021, è complementare alla didattica in presenza. Gli studenti si recano a scuola per un numero stabilito di ore alla settimana (variano da istituto a istituto). Nelle restanti, invece, seguono le lezioni da casa, a distanza.
La Ddi è stata attivata, in questo inizio di anno scolastico, per lo più alle superiori. Ma il Ministero dell’Istruzione ha chiesto agli istituti di dotarsi in partenza di un piano per l’attivazione della didattica digitale integrata, così da non trovarsi impreparati in caso di necessità.
Scuola, Dad anche al 100%: i presidi contro il nuovo Dpcm
Il nuovo Dpcm prevede che la didattica a distanza possa essere portata anche oltre il 75%, ma i presidi sono fortemente contrari. Secondo loro, infatti, non si può imporre alle scuole qualcosa che sono i dirigenti di istituto a dover decidere.
Il presidente dell’Associazione nazionale, Antonello Giannelli, ha ricordato poi che alcuni studenti, come i ragazzi che frequentano istituti tecnici, abbiano l’esigenza di frequentare dei laboratori, normalmente rappresentano il 50% del monte ore. Una didattica superiore al 75% rischierebbe di “svilire il loro diploma”.