Petroliera affondata nel Mediterraneo: cosa rischiamo

La Xelo trasportava 750 tonnellate di gasolio, e i timori degli ambientalisti sono quelli di un nuovo disastro ambientale nel Golfo di Gabès

Trasportava circa 750 tonnellate di gasolio la nave che è rimasta bloccata al largo della tunisia a causa delle condizioni meteo avverse e che è successivamente affondata. Non ci sono state perdite a livello umano, e tutto l’equipaggio è stato portato in salvo. Ma il timore rimane quello di un disastro ambientale, con il carburante sversato in mare che potrebbe causare grossi danni agli ecosistemi del Mar Mediterraneo.

Com’è affondata la nave al largo della Tunisia

La Xelo batteva la bandiera della Guinea Equatoriale, proveniva dall’Egitto ed era diretta a Malta. Aveva chiesto di poter entrare nelle acque territoriali della Tunisia a causa delle condizioni del mare. Inizialmente l’equipaggio si era rivolto alle autorità del Paese per poter sbarcare, ma l’acqua stava già allagando la sala macchine fino a un’altezza di ben due metri.

L’intero personale di bordo è stato così evacuato mentre la grossa nave, che trasportava 750 mila tonnellate di gasolio, ha iniziato a inabissarsi di fronte alle coste della città di Gabès. La Tunisia ha subito attivato un piano di emergenza per scongiurare un disastro ambientale che potrebbe avere ripercussioni sull’intera regione e sull’intero Mar Mediterraneo.

Le operazioni per evitare la catastrofe ambientale

Leila Chikhaoui, la ministra dell’Ambiente di Tunisi, ha fatto sapere che ora la situazione è “sotto controllo“. Gli esperti sul posto ritengono infatti che lo scafo sia ancora a tenuta stagna e che non ci siano state, almeno fino a ora, perdite. Qualora dovessero affiorare in superficie delle chiazze, ha spiegato il membro dell’esecutivo, “il gasolio tenere a evaporare abbastanza velocemente”.

La ministra ha sottolineato che le autorità hanno proceduto a installare delle barriere antinquinamento attorno all’area in cui la petroliera è affondata, e hanno subito attivato le operazioni di pompaggio del diesel e l’ispezione dello stato dello scafo da parte delle squadre di sommozzatori.

Secondo quanto dichiarato dal governo tunisino, ci sarebbero solo “perdite minime” che non sono “nemmeno visibili a occhio nudo“, e dunque il rischio che si verifichi un disastro ambientale, come quello immortalato qua alle Isole Mauritius, è davvero molto ridotto. Lo ha riferito Mohamed Karry, portavoce del Tribunale di Gabès, che ha aperto un’indagine per determinare la vera causa dell’incidente marittimo.

Nel Golfo di Gabès “non si è verificata alcuna fuoriuscita di petrolio in mare” e sono stati compiuti tutti gli sforzi per evitarla, come ha confermato il portavoce del Governatorato di Gabès. Dunque il rischio è minimo, soprattutto per l’Italia.

Il disastro ambientale in Tunisia nel Golfo di Gabès

In realtà un disastro nel Golfo di Gabès si starebbe già verificando da molto tempo. L’area, riportano gli attivisti per l’ambiente, è infatti pesantemente inquinata a causa delle industrie di lavorazione del fosfato che si trovano vicino alla città e dalla presenza di un oleodotto che porta petrolio dal sud della Tunisia. Qua la nostra scheda sul petrolio per non farsi trovare impreparati.

Fino a pochi anni fa venivano sversate in mare 13 mila tonnellate di prodotti inquinanti ogni anno. Negli ultimi 40 anni la popolazione del Golfo avrebbe visto crescere il tasso di infertilità, con aborti molto frequenti e morti infantili per malattie e malformazioni legate all’inquinamento. L’habitat locale è totalmente distrutto.

Insomma, la catastrofe ambientale è già avvenuta, e continua ad avvenire nelle coste africane come anche in quelle europee. Qui la situazione dell’inquinamento in Italia. Difficile credere che la priorità del governo tunisino sia quella di prevenire il disastro ambientale, considerando che è in corso da decine di anni. E ha già causato danni irreparabili agli ecosistemi.