Quest’anno a Pasqua gli italiani mangeranno molti meno agnelli

Come ogni anno, AIDAA ha comunicato i dati di prenotazione e vendita di carne ovina. E sì, ci sono un po' di sorprese.

Nella recente storia d’Italia, l’agnello è l’unico animale ad aver compiuto un piccolo miracolo: mettere d’accordo i politici, di qualunque colore. Dagli ormai famosissimi cinque agnellini adottati dall’ex premier Silvio Berlusconi, che per loro ha  addirittura posato insieme a Vittoria Michela Brambilla in alcune foto diventate ormai virali, fino all’ordinanza di De Magistris, che l’anno scorso ha vietato di esporre agnelli e capretti macellati nella sua Napoli, pena multe fino a 500 euro. Oltre ad una radice prettamente elettorale, i motivi di questa crescente consapevolezza sono diversi.

Sempre più spesso, gli esperti associano la produzione di carne ai cambiamenti climatici: il ciclo produttivo di carne animale risulta infatti essere responsabile tra il 14% e il 18% delle emissioni di gas serra. I prodotti a base di carne provocano livelli di emissioni di carbonio maggiori per ogni caloria rispetto ai prodotti vegetali e questo avviene a causa della trasformazione inefficiente dell’energia vegetale in energia animale. Anche il suolo necessario e il consumo di acqua risultano essere decisamente maggiori per produrre un chilo di carne rispetto alle alternative cereali e vegetali.

Il rapporto, stilato dal Comitato sui cambiamenti climatici (CCC), un organismo pubblico indipendente inglese, risulta essere uno dei più completi sul tema e tra i primi ha collegato la produzione di carne rossa con i cambiamenti climatici. Per questo motivo, il rapporto afferma sia necessaria una drastica riduzione della quantità di carne rossa consumata dalla popolazione: più precisamente un meno 89% per le carni bovine e un meno 63% per l’agnello, oltre ad un calo del 20% dei prodotti lattiero-caseari.

In bilico tra consapevolezza ambientalista e tradizione, anche in Italia qualcosa sta cambiando, a quanto pare proprio da quest’anno. Dopo una serie di anni di recessione, dovuti però alla crisi economica, nel 2018 si era registrato un incremento del 40% nelle prenotazioni di carne d’agnello rispetto all’anno precedente. I dati vengono diffusi da AIDAA, l’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente, che monitora da otto anni a questa parte cento macellerie italiane. Quest’anno – invece – le prenotazioni nelle macellerie sono scese del 28%: un dato che se confermato porterà entro Pasqua ad un consumo complessivo di circa 5,3 milioni di chili di carne di agnello pari a circa 652.000 capi di agnello macellati.

Numeri ancora troppo alti per l’AIDAA, che non riesce a leggere questi dati di decrescita come positivi. Lorenzo Croce, presidente dell’associazione dichiara che “si tratta di un massacro assolutamente insensato, che non risponde nemmeno alle esigenze delle richieste di mercato. A questi numeri vanno inoltre aggiunti gli agnelli sgozzati e venduti abusivamente dagli stessi pastori il cui numero è imprecisato ma sicuramente superiore ai 100.000 capi con un evasione fiscale di almeno un milione e mezzo di euro, chiediamo che si fermi questa strage, chiediamo a tutti di celebrare la pasqua vegetariana senza consumare carne non solo di agnello ma di qualsiasi altra creatura vivente”.

E’ proprio l’ombra degli animali macellati all’estero e del mercato nero a incombere su questi dati che – a differenza dell’AIDAA – in molti leggono come positivi. Secondo una ricerca del 2018 del Contas, quasi la metà degli agnelli che finirono sulle tavole degli italiani, provenivano dall’estero. Secondo il direttore del consorzio, Alessandro Mazzette, la maggior parte di questi animali provengono da Romania e Grecia. Il risultato è la presenza sui banchi frigo di carni di origine incerta, provenienti da allevamenti spesso sconosciuti.