Quante tasse paga il Vaticano in Italia? Il report della Santa Sede

Quante sono le tasse che il Vaticano dovrebbe pagare in Italia? A farne un elenco completo sono alcuni report molto interessanti

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quante sono le tasse che, ogni anno il Vaticano versa all’Italia? A svelarlo, nel 2020, era stato padre Juan Antonio Guerrero Alves, allora prefetto della Segreteria per l’Economia, che aveva spiegato che la Santa sede versa all’Italia qualcosa come 17 milioni di euro.

In quell’occasione Guerriero Alves aveva spiegato che il vaticano non è un’azienda:

Il nostro obiettivo non è fare profitto. Ogni Dicastero, ogni Ente, compie un servizio. E ogni servizio ha dei costi. Il nostro impegno deve essere quello della massima sobrietà e della massima chiarezza. Il nostro deve essere un bilancio di missione. Cioè, un bilancio che mette in relazione i numeri con la missione della Santa Sede. Questa che sembra una premessa, è la sostanza della questione. E dunque non va mai persa di vista.

Quante tasse paga il Vaticano in Italia?

A dare delle informazioni più dettagliate e precise, comunque vada, ci ha pensato Vatican News, portale di informazione del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica nel 2020 ha pagato allo Stato italiano 5,95 milioni di euro di IMU (per i suoi immobili) e 2,88 milioni di euro di IRES (per le sue attività).

A queste tasse, inoltre, si aggiungerebbero anche quelle da calcolare relative alle imposte pagate dal Vaticano e dalle diocesi italiane, nonché quelle versate dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, quelle della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, del Vicariato di Roma e delle singole diocesi del territorio italiano (di cui però non sono state fornite le cifre esatte).

Vaticano, più di 4 miliardi di tasse arretrate: la sentenza Ue

A fare il punto della situazione sulle tasse del Vaticano ci ha pensato una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 2018, che di fatto autorizzava l’Italia a recuperare più di 4 miliardi di euro di tasse sugli immobili non pagate.

La sentenza, emessa il 6 novembre 2018, si riferiva al quinquennio 2006-2011, periodo in cui la legge italiana consentiva al Vaticano e ad altri ordini religiosi di evitare l’imposta patrimoniale sulle attività commerciali (cd. ICI) a condizione che l’edificio contenesse una cappella. Una clausola questa che ha permesso di fatto al Vaticano di non pagare più di 4 miliardi di euro su scuole, ospedali, cliniche e persino alberghi che al loro interno avessero anche solo un piccolo alterino.

Il caso contro il Vaticano era stato portato per la prima volta a Bruxelles nel 2012 da una scuola Montessori con sede a Roma. L’Istituto ha sostenuto di dover affrontare la concorrenza sleale delle controparti ecclesiastiche, poiché questo tipo di esenzione fiscale permetteva loro di avere molto più denaro da investire nelle loro strutture.

I giudici europei hanno così deciso di annullare la decisione della Commissione europea del 2012 e una sentenza della Corte Ue del 2016 che consentivano a Roma di esentare il Vaticano dal pagamento delle tasse sui suoi immobili. Le precedenti pronunce affermavano “l’impossibilità di recuperare l’aiuto per difficoltà organizzative”, ma i giudici lussemburghesi hanno poi rivisto la loro posizione, affermando che si tratta di mere “difficoltà interne” e che non vi sono ragioni per soldi da non pagare.

La Chiesa ha restituito i soldi?

La cifra esatta che la Chiesa deve all’Italia per l’ICI non pagata non è stata ancora quantificata. È questo infatti il principale ostacolo al recupero delle tasse non versate imposto dalla Corte di Giustizia Ue.

Mentre la Corte di Giustizia parla di più 4 miliardi, la cifra pari a 5 miliardi viene citata per la prima volta nella relazione illustrativa allegata a un disegno di legge del Movimento 5 Stelle del 2019 in cui si chiedeva appunto di recuperare l’ICI dovuta dalla Chiesa per il periodo 2006-2011.

Secondo stime dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), l’ICI non versata tra il 2006 e il 2011 si aggira intorno ai 5 miliardi di euro (circa 800 milioni l’anno). A oggi quelle imposte non sono state ancora recuperate. Secondo l’ANCI c’è l’impossibilità di recupero a causa di difficoltà organizzative nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. La sentenza, quindi, non sarebbe immediatamente applicativa.

Nessun intervento legislativo concreto inoltre c’è stato a favore della soluzione che proponeva di procedere con il recupero delle tasse attraverso autocertificazioni sull’uso degli immobili da parte della Chiesa per il periodo compreso tra il 2006 e il 2011, che prevedeva anche il controllo dei bilanci delle società o delle associazioni connesse alla Chiesa cattolica da parte di soggetti terzi, al fine di stabilire che anche gli immobili occupati per fini sanitari possono essere fonti di reddito e di profitto.

Quindi sì, è vero che il Vaticano oggi paga le tasse IMU e IRES, ma anche vero che nessun percorso di “recupero crediti” è stato avviato (né da parte della Santa Sede né dallo Stato Italiano) per le somme relative al quinquennio sopra citato. L’incapacità di stimare il debito esatto (che l’Ue ha stabilito essere maggiore di 4 mld di euro, mentre l’ANCI attesa intorno ai 5 mld) è l’impedimento principale che non permette di chiudere il caso ICI, nonostante siano passati tre anni dalla sentenza dei giudici europei e nonostante numerose esortazioni a procedere siano arrivate alla Stato italiano da parte dell’Unione europea .