Scontrini, governo perplesso sulla detrazione: lo Stato ci perde. Ed è rischio boom di falsi

Secondo il sottosegretario all'Economia il saldo tra detrazioni e recupero dell'evasione sarebbe negativo per il fisco. Meglio lo scontrino "gratta e vinci"

Non è ancora nata e si è già fatta dei nemici. E’ la detraibilità degli scontrini, anche conosciuta come conflitto di interessi fiscale. In pratica la possibilità di portare in detrazione con la dichiarazione dei redditi alcune spese di base per incentivare i contribuenti a richiedere lo scontrino o la ricevuta fiscale al momento del pagamento.

 

Per qualcuno è l’uovo di Colombo per sconfiggere la piaga del “nero”, per altri un’operazione non solo inutile ma anche dannosa. Il problema è che nelle schiere dei perplessi c’è anche chi è incaricato ad applicare la norma: il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, per esempio, si è detto contrario al provvedimento “perché le situazioni di deducibilità o di detraibilità di spese già previste si sono rivelate fallimentari sia dal punto di vista dei risultati della lotta all’evasione che dal punto di vista del bilancio dello Stato“.

 

Questo malgrado il governo abbia dato l’ok di massima al testo della legge delega fiscale che gli attribuisce appunto il compito di rendere operativo il meccanismo definendo quali spese sono detraibili, in che misura, con che copertura finanziaria ecc.

 

Un boomerang per il fisco

 

La tesi principale di chi si oppone a questa misura è che per le casse dello Stato la detraibilità delle spese rischia di essere un boomerang. Un punto di vista sostenuto anche dalla Cgia di Mestre per la quale, tra maggiori detrazioni e recupero delle imposte evase, il saldo per il fisco sarebbe negativo.

 

Un esempio secondo la Cgia viene dalle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie, il bonus del 36% (quest’anno del 50%) gettonatissimo dai contribuenti. Ma non altrettanto felice per il fisco. Secondo la Cgia, grazie allo sconto fiscale introdotto dal legislatore, i risparmi per i cittadini sono di circa 3 miliardi di euro all’anno. Facendo emergere una buona parte del nero che si annida nell’edilizia, questi 3 miliardi di sconto dovrebbero essere recuperati grazie al gettito sulle transazioni emerse. In realtà, si stima un recupero di soli 627,3 milioni di euro. Dunque una perdita per le casse dello Stato di ben 2,4 miliardi di euro.

 

Inoltre, altre esperienze insegnano che la convenienza fiscale non basta a debellare l’economia sommersa. Il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi non ha mezzi termini: “per chi opera completamente in nero, anche con l’introduzione di qualche vantaggio fiscale è sempre conveniente continuare a non pagare nulla, piuttosto che pagare qualcosa”.

 

Si rischia il mercato degli scontrini falsi

 

Ma c’è anche anche un altro rischio tutto italiano: l’esplosione degli scontrini e delle ricevute false. Questo dipende, in pratica, dalla misura della spesa da detrarre dall’imposta o dedurre dal reddito. Se il risparmio di Irpef del cliente che scarica lo scontrino è maggiore dell’Iva che paga il venditore c’è la possibilità concreta che nasca un commercio di fatture false in cui il “prezzo d’acquisto” si collocherà a un livello intermedio tra l’aliquota Iva (da luglio prossimo del 22%) e l’aliquota Irpef del contribuente. In pratica, falso venditore e falso acquirente si spartiscono il vantaggio fiscale di quest’ultimo.

 

Negli Usa il conlitto d’interessi fiscale c’è e funziona. Ma l’Italia non è l’America. Da noi qualcuno pensa che per combattere il nero sia meglio rispolverare la vecchia proposta dello scontrino “gratta e vinci” (che a Taiwan, per esempio, funziona): su ogni biglietto un numero che permette di vincere premi in denaro o di altro genere. La febbre del gioco per sconfiggere la piaga dell’evasione. (A.D.M.)