Nel 2018 l’Iva potrà aumentare sino al 25.5% e le accise sui carburanti dovranno garantire maggiori entrate per 700 milioni di euro l’anno. In particolare, gli aumenti IVA sono previsti in tre step: dal 10 al 12% nel 2016, al 13% nel 2017 e dal 22 al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 ed al 25,5% nel 2018.
Le ripercussioni di questi aumenti, così come li ha previsti la Legge di Stabilità, sarebbero drammatiche. Ma, niente panico: per il momento si tratta di misure inserite nelle clausole di salvaguardia della “Finanziaria”, destinate a scattare automaticamente SOLO SE non verranno raggiunti determinati obiettivi di bilancio e di spending review. Ovvero, solo nel caso che il 2015 si chiuda senza aver ottenuto risparmi sufficienti ai saldi di bilancio.
Fa parte del gioco, secondo le regole Ue previste dal fiscal compact: il deficit pubblico non deve superare il 3% e, a scanso di equivoci, l’Esecutivo deve poter garantire la capacità di un gettito extra… just in case.
Qunato basta, tuttavia, per far scattare l’allarme: Federconsumatori e Confcommercio si sono affrettate a fare due conti, nel caso in cui non si trovassero le coperture necessarie. E gli scenari delineati sono a dir poco inquietanti.
L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori che ha calcolato una stangata pari a 842 euro a famiglia. Secondo i conti effettuati, la spesa maggiore sarebbe di 266 euro con il passaggio dell’IVA dal 10% al 13% e di 461,18 euro in più per il passaggio dal 22% al 25,5%.
Un aumento di 28 euro sarebbe inoltre dovuto alle ricadute dirette dovute all’incremento delle accise sui carburanti (a regime) ed altri 87 euro alle ricadute indirette per l’aumento dell’IVA su gas, elettricità + accise sui carburanti (che incidono su costi di produzione e costi di trasporto) a regime.
L’Ufficio studi di Confcommercio lancia un allarme ancora più preoccupante: l’incremento dell’Iva potrebbe determinare un crollo dei consumi delle famiglie italiane per 65 miliardi di euro nel triennio 2016-2018.
L’incremento dell’imposta andrebbe a colpire la maggior parte dei beni e dei servizi, rivelandosi un’arma a doppio taglio: pur avendo come obiettivo l’aumento del gettito nelle casse dello Stato, rischia di contrarre ulteriormente i consumi degli italiani. I cittadini subirebbero un rincaro dei prezzi stimato nel 2018 pari al 2,5 per cento più alta rispetto al 2015, con un conseguente calo dei consumi, contrazione del reddito e un’ulteriore riduzione dell’occupazione.