Il fisco italiano veste ancora i panni dello sceriffo di Nottingham, mostrandosi ingiusto verso i contribuenti onesti. Infatti la differenza tra la pressione fiscale ufficiale e quella reale per i cittadini che pagano regolarmente le tasse sarà quest’anno superiore di oltre 6 punti percentuali. Questo è quanto emerge dai calcoli effettuati dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che ha attestato il rapporto tra le entrate fiscali ed il Pil del 2017 a quasi il 49%.
La ragione dell’esistenza di questo differenziale deriva da valutazioni di tipo contabile. Il Pil include infatti al suo interno una stima dell’economia non osservata che è possibile ricondurre alle attività irregolari. Secondo l’ultimo dato disponibile da fonti Istat, nel 2014 l’economia non osservata ammontava a 211 miliardi di euro, ossia il 13% del Pil (in crescita del +5,3% rispetto al 2011), di cui almeno 194,4 miliardi erano attribuibili al sommerso. Assumendo che l’incidenza dell’economia sommersa e delle attività illegali sul Pil nel triennio 2015-2017 non abbia subito alcuna variazione rispetto al dato 2014, la CGIA ha inizialmente valutato la pressione ufficiale al 42,5%. Così rimuovendo dal Pil italiano la quota “irregolare” (che non produce alcun gettito per le casse dello Stato) la ricchezza nazionale diminuisce, mentre aumenta il risultato che emerge dal rapporto tra il gettito fiscale e il Pil.
Le stime relative al gettito fiscale 2017, che tengono conto anche degli effetti della manovra correttiva, mostrano comunque un lieve miglioramento rispetto agli anni precedenti. Il peso delle tasse infatti, dopo aver toccato la punta massima nel biennio 2012-2013, ha cominciato progressivamente a diminuire. Quest’anno, rispetto al 2016, la pressione fiscale reale al netto del bonus Renzi diminuirà di 0,5 punti percentuali, grazie soprattutto alla riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24%, con un risparmio di quasi 4 miliardi di euro.
Tuttavia per gli Artigiani questo non è abbastanza. Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo con il peso reale del fisco italiano tra i più elevati in Europa “da un lato è difficile fare impresa, e dall’altro chi lavora come dipendente percepisce uno stipendio netto pari alla metà di quanto costa al proprio titolare”. Non a caso le nostre aziende pagano circa 105,6 miliardi di euro di contributi all’anno, un importo in Europa superato solo da quelle tedesche; secondo Confcommercio proprio la maggiore pressione fiscale sarebbe responsabile della crescita dell’evasione nel quadriennio 2011-2014. Inoltre la burocrazia del fisco continua ad essere un incubo per molti italiani: Confartigianato stima che per pagare le tasse servono 240 ore l’anno, 85 ore in più rispetto alla media dei Paesi dell’Area euro.