Assegno di mantenimento, occhio alle tasse da pagare nella dichiarazione dei redditi

Scopriamo come deve essere gestito l'assegno di mantenimento nella dichiarazione dei redditi. Chi ci deve pagare le tasse sopra e chi lo può portare in detrazione

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

L’ex coniuge che, a seguito dell’emissione di una sentenza, deve versare l’assegno di mantenimento lo può detrarre dalla dichiarazione dei redditi? Chi lo riceve, invece, ci deve pagare le tasse sopra? Come deve essere gestito, sotto il profilo amministrativo e fiscale, l’assegno di mantenimento?

Nel momento in cui viene sancita la separazione personale tra i coniugi – sia quella consensuale che quella giudiziale – il vincolo del matrimonio risulta essere sospeso in maniera transitoria, in attesa che arrivi la sentenza di divorzio. Nel frattempo, però, continua a rimanere attivo l’obbligo di assistenza materiale al coniuge: questo aspetto porta alla determinazione dell’assegno di mantenimento.

Perché scatti il presupposto per aver diritto all’assegno di mantenimento a carico di uno dei due coniugi separati è la non titolarità di altri redditi. Quando si viene a generare questo presupposto uno dei due è tenuto a versare all’altro un importo periodico o una tantum.

L’assegno di mantenimento costituisce a tutti gli effetti una vera e propria forma di sostentamento, che viene erogata al coniuge con dei redditi insufficienti per riuscire a provvedere alle proprie necessità. L’ex partner con maggiori risorse economiche deve sostenere quello in difficoltà

Assegno di mantenimento, chi decide come erogarlo

Nel momento in cui una coppia divorzia, una della due parti potrebbe ritrovarsi in una condizione economica di svantaggio: questo può accadere perché non ha un reddito o perché ne ha uno insufficiente al proprio sostentamento. A disciplinare l’erogazione dell’assegno di mantenimento è direttamente la legge italiana, per la quale, nel momento in cui si vengono a verificare determinate condizioni, un coniuge deve garantire all’altro una determinata somma di denaro.

L’obbligo di provvedere economicamente all’altro coniuge sorge indipendentemente dalla presenza o meno dei figli e, in alcuni casi, può trattarsi di un’erogazione garantita prima del divorzio, nella fase della separazione. In certi casi può avvenire anche dopo il divorzio.

L’entità del contributo economico, la sua periodicità e soprattutto chi sia tenuto ad erogarlo sono determinati da specifici accordi. Un giudice, ad esempio, può decidere – in sede di separazione o divorzio – quale dei due coniugi sia tenuto a garantire l’assegno di mantenimento e se lo stesso debba essere erogato per un certo lasso di tempo più o meno breve. L’intervento di un giudice non è sempre obbligatorio, nel momento in cui le parti riescono a trovare un accordo. I due coniugi hanno, infatti, la possibilità di decidere autonomamente come venga erogato l’assegno di mantenimento.

Quando spetta il mantenimento

Perché uno dei due coniugi maturi il diritto ad ottenere l’assegno di mantenimento devono verificarsi alcune condizioni, che possono essere sintetizzate in questo modo:

  • il beneficiario deve aver richiesto espressamente l’assegno di mantenimento al giudice;
  • al beneficiario non deve, in alcun modo, essere stata addebitata la separazione;
  • chi riceve l’assegno non deve disporre di adeguati redditi propri o non è in grado di procurarseli per ragioni oggettive;
  • il coniuge che provvede a versare l’assegno deve disporre di adeguati mezzi per far fronte al pagamento dello stesso.

Come funziona l’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento viene erogato al coniuge che ha una situazione economica più svantaggiosa. È importante ricordare che, indipendentemente che si tratti di una decisione presa da un giudice o che sia stata presa di comune accordo, l’assistenza economica, considerata come mera solidarietà familiare, è obbligatoria per legge anche dopo la separazione, sempre che non si verifichino dei casi specifici.

Uno dei due coniugi potrebbe trovarsi nella situazione di non essere in grado di pagare l’affitto, le bollette, le spese alimentari o in linea più generale a provvedere economicamente a sé stesso. L’assegno di mantenimento ha lo scopo di intervenire proprio per risolvere queste situazioni e garantire la sussistenza del coniuge e dei suoi figli.

Per poter ricevere questo contributo economico, il coniuge in difficoltà lo deve richiedere, presentando una domanda di aiuto economico all’altra parte. Quest’ultimo, con il proprio reddito, deve essere in grado di coprire le spese.

Le conseguenze fiscali dell’assegno divorzile

L’assegno di mantenimento ha delle conseguenze fiscali dirette per chi lo deve erogare e chi lo riceve. Entrando nel dettaglio, la sua gestione fiscale comporta:

  • l’importo corrisposto è deducibile ai fini Irpef. Il coniuge che versa l’assegno divorzile può dedurre dal proprio imponibile Irpef l’importo che eroga, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86;
  • l’importo incassato viene tassato ai fini Irpef. Il beneficiario dell’assegno divorzile deve indicare nella propria dichiarazione dei redditi l’ammontare dell’assegno che riceve periodicamente.

Questo significa che, ai fini fiscali, ci sono due pesi e due misure per gestire l’assegno di mantenimento:

  • la deduzione fiscale per chi è tenuto a versarlo;
  • la tassazione per chi lo riceve.

Le deducibilità per chi lo eroga

I versamenti effettuati al coniuge costituiscono, a tutti gli effetti, degli oneri deducibili ai fini Irpef. A prevederlo è direttamente l’articolo 10, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86. A questo punto, però, è necessario prestare la massima attenzione a cosa prevede la legge. Gli unici versamenti agevolabili sono quelli che derivano direttamente:

  • dalla separazione legale ed effettiva;
  • dallo scioglimento o annullamento del matrimonio, o cessazione dei suoi effetti civili.

L’unico importo, che è possibile portare in deduzione fiscale, è quello stabilito in un provvedimento dell’autorità giudiziaria. In altre parole, per poter ottenere la deducibilità fiscale ai fini Irpef è necessario che l’ammontare dell’assegno sia stabilito da un provvedimento del giudice. Ai fini fiscali, il fatto che sia necessaria una sentenza del giudice rende non ammissibili gli accordi stragiudiziali tra le parti, come sono ad esempio le separazioni di fatto.

Gli assegni per i figli non sono detraibili

Discorso a parte sono gli assegni, anche erogati all’ex coniuge, per il mantenimento dei figli: questi importi non sono detraibili ai fini Irpef. Questo, sicuramente, costituisce un nodo molto importante e potrebbe indurre a degli errori in fase di compilazione della dichiarazione dei redditi.

È importante separare la quota di assegno strettamente legata al mantenimento del coniuge da quella riservata ai figli. Nel caso in cui un provvedimento giudiziale abbia deciso per una somma omnicomprensiva per il mantenimento della moglie e dei figli, si deve considerare il 50% della somma destinata a questi ultimi, indipendente dal loro numero. Quindi risulterà essere detraibile solo il 50% della somma erogata.

La tassazione Irpef per chi riceve l’assegno

Il coniuge percipiente deve assoggettare alla tassazione Irpef l’assegno di mantenimento che riceve. Questo reddito è considerato assimilato a quello da lavoro dipendente. A disporlo è l’articolo 50, comma 1, lettera i) del DPR n. 917/86.

Ad essere assoggettato all’Irpef è unicamente quello derivante dal proprio mantenimento: non può essere tassata la quota di assegno destinata al mantenimento dei figli. L’assegno di erogato dall’ex coniuge ai figli, è da considerare, invece, reddito esente da tassazione per il coniuge che lo percepisce.