La cedolare secca sugli affitti – una delle principali novità del federalismo municipale – è applicabile dal 1° gennaio 2011. Le aliquote sono le seguenti:
• il 21% per i contratti a canone libero (i cosiddetti “4+4“, con riferimento agli anni della durata),
• il 19% per i contratti a canone concordato, cioè stipulato sulla base di contratti-tipo definiti in sede locale tra organizzazioni dei proprietari e degli inquilini (“3+2” per la loro durata inferiore).
A prima vista un alleggerimento fiscale per i proprietari di casa che affittano. Infatti attualmente il reddito da locazione si aggiunge agli altri redditi e viene tassato con le aliquote ordinarie (e progressive). Da quest’anno invece l’affitto verrà tassato a parte con un’aliquota sola, più bassa. E la cedolare sostituirà anche altre imposte come l’addizionale regionale Irpef, l’imposta di registro (che è del 2% sul valore del contratto) e di bollo.
Come le altre imposte verrà liquidata in due fasi, in acconto e in saldo. Per il 2011 l’acconto è dell’85% da versare entro il termine previsto per il pagamento dell’Irpef.
Questa è la “carota”. Il “bastone” sarà l’inasprimento delle sanzioni per chi non registra il contratto d’affitto. Insieme dovrebbero servire a portare allo scoperto, per l’appunto, il fenomeno diffuso degli affitti in nero.
Ma non sempre è conveniente
L’adozione della cedolare resta però facoltativa. Infatti questa tassazione alternativa può anche non essere conveniente per il proprietario. Fondamentalmente per due motivi:
1) E’ vero che l’aliquota Irpef ordinaria più bassa (per chi guadagna meno di 15mila euro all’anno) è del 23%, quindi superiore alla cedolare; ma con la tassazione ordinaria si ha diritto alle deduzioni e detrazioni d’imposta e con la cedolare no. Quindi in alcuni casi la tassazione finale potrebbe essere più leggera con il regime ordinario.
2) L’adozione della cedolare impedisce al proprietario di aumentare l’affitto, neanche dell’abituale aumento Istat. Questo dunque può congelare l’affitto per molto tempo, anche se i prezzi di mercato riprendono a salire.
Avvantaggiati i ricchi
Dal primo punto si ricava anche una considerazione generale: la cedolare converrà soprattutto ai più ricchi. Vediamolo con un esempio. Per semplicità, ipotizziamo due soggetti che vivono col solo reddito da locazione (a canone libero):
• Tizio: ha un solo un appartamento che affitta a 1.000 euro al mese (reddito annuo: 12mila euro),
• Caio: ha dieci appartamenti che affitta sempre a 1.000 euro ciascuno (reddito annuo: 120mila euro).
Queste le rispettive tassazioni applicando la cedolare o il regime ordinario (considerando, sempre per semplicità, solo l’Irpef e l’imposta di registro ed escludendo eventuali detrazioni):
Tizio (€ 12.000) | Caio (€ 120.000) | |||
Cedolare secca |
21% di 12.000 = € 2.520 | 21% di € 120.000 = € 25.200 | ||
Regime ordinario |
Irpef: • base imponibile (*): € 10.200 • imposta (aliquota minima del 23%): € 2.346 Imposta di registro: • 2% di 12.000 = € 240 Imposizione totale: € 2.586 |
Irpef: • base imponibile (*): € 102.000 • imposta (per i redditi superiori a € 75.000 l’aliquota marginale è il 43%): € 37.030 Imposta di registro: • 2% di 120.000 = € 2.400 Imposizione totale: € 39.430 |
||
Risparmio con la cedolare |
€ 66 | € 14.230 |
(*) Per i redditi di locazione la base imponibile (cioè l’importo su cui si calcola l’imposta) è l’85% del canone annuo.
I numeri parlano da sé. Per il reddito inferiore la differenza è irrilevante. Per quello superiore la cedolare fa risparmiare più del 26% di imposta. (A.D.M.)