Vitalizi, chi ha votato per restaurare il privilegio per gli ex senatori

È finito tre contro due il voto della Commissione Contenziosa che ha deciso lo stop al taglio dei vitalizi. Ecco chi ha voluto ripristinare il privilegio

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Tre contro due. È finita così la partita sullo stop al taglio dei vitalizi per gli ex senatori, con un voto della Commissione Contenziosa – l’organo del Senato deputato ad esaminare i ricorsi dei senatori – che ha “ripristinato” il privilegio.

Un “colpo di coda della Casta”, come qualcuno lo definisce, che ha ribaltato la decisione assunta con la delibera del Consiglio di presidenza che, nell’ottobre del 2018, aveva deciso il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari.

Chi ha votato no

Ma chi ha votato a favore e chi contro? Dei cinque membri della Commissione in questione, hanno detto no al ripristino dei vitalizi il senatore leghista Simone Pillon e l’ex M5S, ora della Lega, Alessandra Riccardi. E poiché la votazione si è conclusa tre a due, si deduce che gli altri membri della Commissione si siano espressi per ripristinare il privilegio, pur mantenendo il massimo riserbo con la stampa sulla propria decisione.

Chi ha votato sì

In particolare, stando alle notizie circolate in queste ore, le tre persone presenti nella Commissione insieme ai due senatori leghisti sarebbero Giacomo Caliendo, il presidente dell’organismo e senatore di Forza Italia, e i due tecnici nominati dalla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, Gianni Ballarani e Giuseppe Dalla Torre.

I due profili tecnici, in questo caso due professori, vengono scelti tra magistrati a riposo delle supreme magistrature ordinaria e amministrative, professori ordinari di università in materie giuridiche, anche a riposo, e avvocati dopo venti anni d’esercizio.

Le polemiche

“La Commissione Contenziosa è un organo giurisdizionale che applica la legge e non può modulare le proprie decisioni in base a convinzioni politiche, per cui sarebbe auspicabile che le critiche tenessero conto di tale non irrilevante particolare”, ha commentato in seguito Caliendo.

“Ha votato sì ben sapendo così di mettersi in una situazione di conflitto di interesse”, ha denunciato invece il senatore M5s Primo Di Nicola, riferendosi al fatto che Caliendo sarà tra coloro che potranno beneficiare del privilegio. “A ben vedere il ripristino di questo vitalizio, l’offesa a milioni di pensionati e al senso di giustizia che milioni di italiani da decenni chiedono, porta le impronte digitali di un’unica parte politica, Forza Italia”, sottolinea Di Nicola.

La risposta di Casellati

In merito alle polemiche sulla composizione della Commissione, si è espressa la presidente del Senato Casellati: “La presidente del Senato non c’entra nulla con la decisione della giunta che è un vero e proprio tribunale, non sarebbe corretto né dal punto di vista etico né dal punto di vista giuridico”, ha voluto specificare.

E ha aggiunto: “Pochi mesi fa c’è stata una forte polemica ancora su alcuni componenti e proprio in nome della trasparenza ho sollecitato, e posso fare soltanto questo, il cambiamento di alcuni membri, cosa che è avvenuta puntualmente. Quindi a me dispiace molto che questa decisione sia intervenuta in un momento così difficile per gli italiani, ma comunque la sentenza è appellabile“.

Le critiche a Caliendo per “conflitto di interessi”

Mesi fa, Caliendo era in effetti finito al centro delle critiche proprio per un presunto “conflitto di interessi” in Commissione, visto che la decisione di accogliere il ricorso contro il taglio dei vitalizi di 700 ex senatori avrebbe avuto una chiara ricaduta sulla sua stessa posizione. Per questo, lo scorso febbraio il senatore, già sottosegretario alla Giustizia nel Governo Berlusconi IV, si è presentato in Aula, dicendo di essere pronto a farsi da parte: le motivazioni addotte, però, sono state ritenute poco chiare, al punto che il Collegio di appello di Palazzo Madama aveva respinto la sua “offerta”, affermando che un suo passo indietro avrebbe creato un “pericoloso precedente“.