Il piano Usa: concedere alla Russia un pezzo d’Ucraina. Cosa c’è di vero?

Pace in cambio di terra e terra in cambio di pace: sarebbe questa la proposta avanzata da Biden a Putin e Zelensky. Ecco il retroscena, tra conferme e smentite

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

A quasi un anno dal suo scoppio, la guerra in Ucraina non ha conosciuto alcun periodo di tregua. Neanche il temibile inverno che tradizionalmente investe di neve e fango soprattutto l’Est del Paese è riuscito a congelare gli scontri. Le dimensioni umane della tragedia bellica hanno ormai raggiunto livelli novecenteschi, insostenibili.

Ciclicamente c’è qualche attacco o episodio particolarmente cruento che riporta in auge, in ambito occidentale, fantomatici negoziati per raggiungere la pace. Ma di concreto, alla fine, non c’è mai nulla. Negli ultimi giorni si è parlato ad esempio di un piano proposto dagli Usa a Vladimir Putin per far cessare la guerra, concedendo alla Russia “un pezzo” di Ucraina. Ma in cosa consiste e cosa c’è di vero?

Il piano Usa per la pace in Ucraina

Fin dalla primissima fase dell’invasione (quando si parlava di “scenario coreano”), si era sottolineato come l’obiettivo di Mosca fosse annettere quei territori filorussi di confine che costituiscono l’ormai celeberrimo Donbass, nell’est ucraino. Una velleità imperialistica che nei mesi è stata confermata sia con le operazioni sul terreno sia per via diplomatica.

Per questo nei giorni scorsi è stato riportato da vari media internazionali che gli Stati Uniti avrebbero proposto la concessione alla Russia del 20% del territorio ucraino in cambio della pace. A illustrare l’idea sarebbe stato il capo della Cia, William Burns, contattando a metà gennaio sia il Cremlino sia Kiev. Idea che, tuttavia, è stata categoricamente respinta da ambo le parti. Il primo è fermamente convinto, o almeno così seguita a far sapere al mondo, che “alla lunga vincerà la guerra”, mentre l’Ucraina resta fermamente intenzionata a mantenere la propria integrità territoriale e, anzi, e riprendersi anche la Crimea occupata dai russi dal 2014.

Cosa c’è di vero?

Il retroscena è stato riportato dal quotidiano svizzero-tedesco Neue Zürcher Zeitung e poi rilanciato dal magazine Newsweek. Quest’ultimo ha riferito anche della smentita da parte della Casa Bianca. Il vice portavoce del Consiglio di sicurezza statunitense, Sean Davitt, ha dichiarato al giornale che la notizia “non è accurata”.

La Cia ha poi smentito anche il presunto viaggio segreto compiuto da Burns a Mosca a gennaio, bollando come “completamente falsa” anche la presentazione di una proposta di pace. Dopo poco, è arrivata anche la conferma del Cremlino, che ha parlato di “fake news” per bocca del portavoce Dmitry Peskov. Secondo due politici tedeschi di alto rango, interpellati dalla Neue Zürcher Zeitung e coperti dall’anonimato, il duplice rifiuto alla proposta di cessate il fuoco avrebbe accelerato l’accordo sull’invio a Kiev di carri armati americani Abrams e di panzer tedeschi Leopard 2 (qui avevamo spiegato come possono cambiare la guerra). La dinamica spiegherebbe così anche la “sorpresa” da parte del cancelliere Olaf Scholz nell’apprendere la decisione statunitense, col conseguente scontro di vedute tra Berlino e Washington che evidenzia crepe nascoste nel fronte occidentale su quali debbano essere i limiti del supporto militare alla resistenza ucraina.

A che punto è la guerra?

Ma cosa vuole la Russia per porre fine alla guerra? La risposta sembra non cambiare: il Donbass, oltre alla già annessa (unilateralmente) Crimea. La consegna dei carri armati a Kiev non spaventa Mosca, anche perché si parla di circa un centinaio di mezzi blindati che arriveranno probabilmente a primavera inoltrata, periodo in cui si prevede una grande offensiva da parte di almeno uno dei due eserciti.

Una volta compreso il fallimento della guerra lampo escogitata all’inizio, la Russia ha modificato via via i piani di guerra, commettendo vari errori abbastanza grotteschi e incredibili per un Paese guidato da una delle più dotate ex spie del mondo. Gran parte, va detto, è merito dell’intelligence occidentale e del supporto tecnologico (soprattutto Osint) fornito alla resistenza ucraina. La situazione è però molto cambiata e la battaglia dei tank (chi è più forte? Ne abbiamo parlato qui) che potrebbe scatenarsi rischia di rendere ancora più tragica la realtà di un Paese ormai devastato.