Russia, è in corso un golpe per rovesciare Putin?

Un rapporto dell'intelligence ucraina rivela il retroscena del Cremlino, con tanto di data e nome del possibile successore del presidente. Cosa c'è di vero?

Dopo le notizie di malcontento nei servizi segreti russi e le dimissioni di alcuni fedelissimi di Vladimir Putin, arriva anche un piano dell’intelligence ucraina a rafforzare l’ipotesi di un golpe per rovesciare il capo del Cremlino. L’obiettivo dichiarato è quello di far cessare la guerra (qui abbiamo parlato della svolta storica dell’Onu e del fedelissimo di Putin che minaccia l’Europa).

Il retroscena spunta proprio nei giorni in cui l’esercito di Mosca ammette di aver subìto “perdite significative”, impantanandosi contestualmente a diverse operazioni e ritirandosi da posizioni strategiche come le regioni di Kiev e di Sumy. Sulla fattibilità di un colpo di Stato ai danni di uno dei leader più carismatici del pianeta, però, sorgono legittimi dubbi. Dove sta la verità?

Gli 007: ecco quando è iniziato il golpe e chi sostituirà Putin

Secondo l’intelligence militare ucraina, il golpe in Russia sarebbe qualcosa di più di una semplice ipotesi. Le operazioni per sovvertire il regime putiniano sarebbero già cominciate il 20 marzo ad opera dell’élite economica e politica del Paese (qui vi abbiamo parlato proprio del piano dell’élite russa per rovesciare Putin).

Dietro il colpo di Stato ci sarebbe il malcontento crescente di dirigenti e magnati, intenzionati a ripristinare i legami economici e commerciali con l’Occidente. Alcuni segnali di questa frizione tra le alte sfere sono stati individuati nella prolungata “assenza” del ministro della Difesa russo Sergej Shoigu dalle scene di guerra e negoziati e anche nel probabile arresto di due importanti membri del Fsb (ex Kgb, il Servizio di sicurezza federale).

Senza dimenticare che la sorte toccata a Sergej Beseda. L’ex capo del 5° Direttorato del Fsb (servizio di spionaggio all’estero, responsabile per l’Ucraina) è finito in manette per appropriazione dei fondi destinati agli agenti, attività sovversive in Ucraina e di aver fornito false informazioni sulla situazione reale nel Paese invaso. Infine è stato trasferito dagli arresti domiciliari alla cella d’isolamento nel carcere militare Lefortovo, tristemente noto per le torture sui detenuti durante la dittatura staliniana.

Il possibile successore di Putin: ecco chi è

La situazione estremamente tesa avrebbe portato, secondo gli 007 ucraini, anche all'”investitura” di Alexander Bortnikov come successore di Putin. Un nome noto in Russia, poiché si tratta del capo del Fsb e personaggio inviso al capo del Cremlino. Secondo Putin, infatti, Bortnikov avrebbe fornito informazioni sbagliate sull’Ucraina, contribuendo ai fallimenti militari di Mosca.

Ad agitare il tutto contribuisce anche l’attesa degli effetti della nuova chiamata di leva obbligatoria annunciata in Russia ad aprile. Secondo Mark Galeotti, membro del più prestigioso think tank di Difesa britannico, saranno possibili molte diserzioni a causa del morale basso e dello stallo imperante tra le fila dell’esercito russo (abbiamo affrontato l’argomento qui, parlando di un Putin malato e lasciato solo dall’esercito). Un elemento tutt’altro che trascurabile nell’economia di un eventuale opposizione attiva a Putin.

Il ruolo degli oligarchi: nemici o amici?

Come in ogni Paese coinvolto in una guerra che affronta difficoltà sempre crescenti, militari e non, anche in Russia opinione pubblica e dirigenti del Paese si dividono in interventisti e, se non pacifisti, almeno neutralisti. Quest’ultima categoria include qualche tecnocrate e diversi oligarchi, compreso qualche nome “pesante”, fortemente penalizzati dalle sanzioni occidentali.

I più in vista sono senza dubbio Anatoly Chubais, influente politico russo che ha deciso di lasciare il Paese dopo essersi dimesso dall’incarico di consigliere di Putin, e Arkady Dvorkovich. Quest’ultimo è stato anche vice primo ministro, ma si è macchiato di un’onta “imperdonabile” da Putin: ha contestato la guerra in Ucraina. Subito dopo si è dimesso da capo della Fondazione Skolkovo, centro hi-tech sotto il controllo diretto dello Stato. Tra gli altri oligarchi che sostengono la pace figurano anche Mikhail Fridman, Alexei Mordashov, Vladimir Lisin e Oleg Deripaska.

 

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Il colpo di Stato è davvero possibile?

Bisogna precisare però che sulla reale fattibilità di un colpo di Stato anti-Putin regna grande scetticismo tra gli analisti. Tanto per cominciare siamo di fronte un leader che nei servizi segreti ha praticamente sempre vissuto e lavorato, arrivando al potere soprattutto grazie alle sue abilità di 007. È dunque difficile credere che negli angoli bui del Cremlino si muova qualcosa che Putin non veda. Senza contare che, secondo influenti politologi come Sergei Sazonov, il sistema politico russo è “costruito in modo da prevenire qualsiasi golpe interno” (qui abbiamo parlato invece di cosa rischia Putin con l’embargo).

È un dato di fatto, inoltre, che il presidente russo goda ancora di grande consenso in patria, sia tra la popolazione sia tra i vertici. Complice anche l’effetto ancora non “esplosivo” prodotto dalle sanzioni occidentali sull’economia della Federazione. E complice una nutrita schiera di persone che condivide e sostiene l’invasione dell’Ucraina. Sergei Pugachyov, banchiere ed ex collaboratore, è uno dei maggiori sostenitori di questa tesi, secondo cui il conflitto è accolto con favore dalla cerchia più stretta di Putin (qui vi abbiamo descritto la casta più vicina a Putin e più influente rispetto agli oligarchi: i siloviki).

Quali sono i punti di forza di Putin

Dall’altro lato della barricata, un insieme di elementi bolla come “non realistico” un tentativo di golpe. Il primo in lista è la mancanza di un presupposto fondamentale per il rovesciamento di un Capo di Stato, e cioè l‘azione coordinata delle tre caste che governano il Paese e creano contrappesi istituzionali a eventuali sconvolgimenti: élite politica, élite militare e servizi segreti.

Ammettiamo però che (almeno) due di queste tre entità si uniscano per rovesciare Putin. In questo caso a difesa del presidente interverrebbe una quarta forza, perpendicolare alle altre: la Guardia Nazionale. Si tratta di un corpo di 300mila uomini istituito tramite una legge ad hoc nel 2016, sulla carte per contrastare il terrorismo e il crimine organizzato. Per alcuni si tratta di un autentico esercito privato per difendere Putin da qualunque minaccia. Con al comando un fedelissimo dello “zar” e sua ex guardia del corpo: Viktor Zolotov.

C’è infine un ultimo punto, che rappresenta la vera chiave del controllo di Putin sulla Russia (qui abbiamo parlato dell’arma segreta di Putin e del piano russo che spaventa l’Occidente). Parliamo della forte rete di controspionaggio militare, con agenti dislocati in ogni reparto militare. Il loro compito è di controllo e di rapporto diretto col presidente. Un sistema di sicurezza definito “spietato”, che ha ampliato i già ampi poteri del Fsb e del suo predecessore, il Kgb.

Russia verso un “modello coreano”?

Ci sono poi i declinatori di scenari che potremmo definire “estremi”. Tra questi spicca la pianificazione da parte di Putin di un regime totalitario sulla scia di quello imposto da Kim Jong-un in Corea del Nord (qui abbiamo parlato invece dello “scenario coreano” che riguarda l’Ucraina e che potrebbe mettere fine alla guerra).

Secondo l’analista politico russo Dmitry Oreshkin, ci sarebbero dei segnali del fatto che questo processo sia già iniziato. Per cominciare, il Cremlino ha chiuso o bloccato la maggior parte dei media indipendenti russi e ha introdotto pene detentive fino a 15 anni per coloro che diffondono informazioni sulla guerra contrarie alla linea ufficiale del governo.

In verità il “silenziamento” della stampa libera in Russia – caratteristica comune anche alla dittatura nordcoreana – è un processo portato avanti da Putin durante due decenni di potere, che ha reso di fatto impraticabile il dibattito pubblico. Uno dei pilastri di questa strategia è il richiamo al passato. Il ricordo della “grandezza” dell’URSS fa presa su una fetta consistente del popolo russo. Dall’altra parte ci sono invece i quasi 20mila i russi arrestati durante le manifestazioni di protesta, da Mosca a San Pietroburgo, e sono nell’ordine delle centinaia di migliaia quelli che hanno scelto di fuggire all’estero.