Rave party, perché i giuristi e opposizione sono contro la norma: è bufera

Le premier Giorgia Meloni rivendica il nuovo reato mentre le opposizioni insorgono e i giuristi sollevano la questione di costituzionalità

Non si placano le polemiche attorno alla stretta anti-rave. Il festival di musica tecno di Modena, con migliaia di partecipanti da tutta Europa accampati in capannone abbandonato, ha spinto il governo Meloni ad accelerare su una norma già in cantiere contro questo tipo di eventi abusivi, varando un decreto apposito che si sta già rivelando come il primo scoglio politico del nuovo esecutivo. Mentre la premier rivendica il provvedimento, le opposizioni denunciano che il reato determini una limitazione delle libertà personali e chiedono di ritirare la norma, sulla quale anche i giuristi sollevano una questione di costituzionalità.

Rave party, è bufera sul decreto: le polemiche

“Il Governo ritiri il primo comma dell’art434bis di riforma del Codice Penale. È un gravissimo errore. I rave non c’entrano nulla con una norma simile. È la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione” ha scritto così il segretario del Pd, Enrico Letta, dando il via a un botta e risposta con l’esecutivo.

“Indietro non si torna” è stata la replica sempre sui social del vicepremier Matteo Salvini che ha parlato di “un Pd ormai in confusione totale difende illegalità e raveparty abusivi, chiedendo al governo di cambiare idea. No! Indietro non si torna, le leggi finalmente si rispettano”.

Sulla stretta anti-rave anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha voluto tenere il punto, rispondendo alle tante critiche arrivate nelle ultime ore: “È una norma che rivendico e di cui vado fiera perché l’Italia – dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità – non sarà più; maglia nera in tema di sicurezza – ha scritto su Facebook la premier – È giusto perseguire coloro che spesso arrivati da tutta Europa partecipano ai rave illegali nei quali si occupano abusivamente aree private o pubbliche, senza rispettare nessuna norma di sicurezza e, per di più, favorendo spaccio e uso di droghe.”

“Le strumentalizzazioni sul diritto a manifestare lasciano il tempo che trovano, ma vorrei rassicurare tutti i cittadini – qualora ce ne fosse bisogno – che non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso” ha scritto ancora Meloni attaccando le opposizioni (qui abbiamo riportato la lista dei nuovi sottosegretari e viceministri con le polemiche su Bignami).

Rave party, è bufera sul decreto: cosa prevede la norma

All’articolo 5 del decreto varato dal governo il 31 ottobre si introduce il reato di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica (434-bis del Codice penale) (qui avevamo riportato cosa contiene il primo decreto del governo Meloni mentre qui le riforme nel programma della premier).

La fattispecie è prevista nel caso in cui più di cinquanta persone invadano in modo “arbitrario” terreni o edifici, pubblici o privati e da ciò ne può derivare “un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Nel decreto si stabilisce che chi “organizza o promuove l’invasione” è “punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro“, aggiungendo inoltre che “per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita”.

La norma, inoltre, dispone la “confisca delle cose” utilizzate per commettere il reato nonché quelle “utilizzate per realizzate le finalità dell’occupazione”.

Le critiche dei giuristi

Dall’ex presidente della Consulta, Giovanni Maria Flick, al presidente delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza, sono in molti i giuristi a contestare l’introduzione del nuovo reato.

Il rischio è che possa entrare in contrasto con l’articolo 17 della Costituzione che garantisce il pieno diritto di manifestare, sopprimibile “soltanto per comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica”.

In seguito alla critiche arrivate nelle ore successive alle presentazione del nuovo reato, fonti del ministero dell’Interno hanno tenuto a precisare che la norma “non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione e difesi dalle Istituzioni”. Ma le rassicurazioni del Viminale non sembrano bastare.

“La norma che vieta i rave stabilisce sanzioni anche per i partecipanti, nei confronti dei quali la pena è ‘diminuita’” ha commentato il presidente degli avvocati penalisti definendo “un delirio” la formulazione.

“Ciò vuol dire che il giudice – ha detto ancora Caiazza – al termine del processo, deve applicare una diminuzione che può arrivare fino ad un terzo della pena edittale che nei confronti degli organizzatori può andare dai tre ai sei anni. Non comprendo, quindi, perché il premier Meloni abbia voluto rivendicare di non avere dato il via libera alle intercettazioni dal momento che questo reato prevede pene superiori ai cinque anni”.

“C’è una stretta e un controllo sugli individui che si può dedurre dalla possibilità di intercettare tutti, anche i minori – è la spiegazione del costituzionalista della Sapienza, Gaetano Azzariti – A dispetto delle rassicurazioni di esponenti del governo, i pm potranno mettere sotto controllo i telefoni di moltissime persone, pur giovanissime, senza che abbiano commesso alcun reato. Senza neppure poter escludere quelli di politici o sindacalisti che organizzano raduni ritenuti pericolosi”.