Putin “ruba” il grano ucraino e detta le condizioni per l’export: cosa chiede

Il problema più urgente è il tempo: i cereali contenuti nei silos dei porti ucraini hanno una scadenza. Le soluzioni sono quattro, ma difficili da mettere in pratica

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Che la guerra in Ucraina fosse diventata anche una guerra del grano lo avevamo già detto qui (parlando della missione impossibile dell’Ue). Lo spettro della crisi alimentare legata alle decisioni della Russia sulla chiusura dei porti ucraini e sull’export di cereali aleggia più che mai.

Vladimir Putin ha però poi cambiato approccio, annunciando il via libera all’utilizzo dei porti sul Mar Nero per il trasporto dei cereali. Una mossa che in poche ore ha riportato i prezzi ai valori d’inizio aprile, ma che il presidente russo lega al rispetto di determinate condizioni.

I timori di Occidente e Ucraina: cosa succederà?

Le rassicurazioni dello “zar” portano con loro anche grandi interrogativi sulla realizzabilità del piano russo. Il primo punto riguarda le tempistiche urgenti, il secondo le vie praticabili per far uscire i carichi dal Mar Nero. I cereali contenuti nei silos di Odessa, Mariupol, Berdiansk e Kherson hanno una scadenza: nel giro di un mese, o anche meno, potrebbero cominciare a marcire.

Il problema della conservazione di decine di milioni di tonnellate di derrate è destinato a ripresentarsi anche a fine raccolto di stagione, ad agosto. Nonostante il perdurare dei combattimenti su suolo ucraino, il Paese dichiara di essere in grado di produrre grandi quantità di grano. Coi silos dei porti pieni, però, il deposito e le consegne diventano una missione quasi impossibile.

L’unica alternativa è il trasporto su strada o su binari, che tuttavia riesce a spostare solo una modesta parte dell’ingente mole di cereali bloccati in Ucraina. La soluzione ferroviaria, in particolare, risulta doppiamente difficoltosa: è necessario infatti cambiare i treni merci alla frontiera, perché le rotaie ucraine non sono compatibili con quelle europee.

Da parte di Kiev persistono infine due timori principali: uno è il proliferare del mercato nero e di quelli che il governo Zelensky definisce “furti di grano”, mentre l’altro vede l’apertura dei porti di Odessa e Mariupol come un bluff e un’occasione per Mosca per attaccare nuovamente. Inoltre, secondo fonti ucraine, alcune navi salpate da Mariupol sarebbero arrivate in Siria e in Turchia con a bordo carichi di grano sporchi di sangue.

Le 4 soluzioni “difficili” proposte da Putin

Putin ha esposto le sue proposte per dare uno scossone (positivo) alla crisi del grano al presidente senegalese Macky Sall, giunto a Sochi per perorare la causa degli Stati africani, tra i più esposti al rischio carestia (ne abbiamo parlato qui). Con due parole, pronunciate al termine di un incontro durato tre ore, il capo del Cremlino sembra scacciare ogni nefasta previsione: “Nessun problema”. Una settimana prima si era rivolto allo stesso modo al cancelliere tedesco Olaf Scholz e al presidente francese Emmanuel Macron.

Il grano stipato nei porti ucraini può essere trasportato verso l’Occidente e il mondo in quattro modi, secondo il piano del presidente russo. Quattro soluzioni che reputa applicabili fin da subito, ma alle sue condizioni:

  1. utilizzare i porti ucraini in mano russa – Far uscire il grano dai porti delle città occupate di Mariupol e Berdyansk, che i russi stanno “sminando e mettendo in sicurezza”.  Il trasporto avverrebbe esclusivamente tramite navi di Mosca – rubando di fatto il grano ucraino – visto il divieto di avvicinamento di quelle di Kiev dopo l’occupazione. Questa prima soluzione non riguarderebbe noi, ma soltanto i Paesi africani e mediorientali che non hanno votato le sanzioni contro la Russia
  2. utilizzare il porto di Odessa – Vale invece il discorso opposto per Odessa, che è ancora in mani ucraine e soprattutto dotato di mine. Il ripristino dell’agibilità del porto occidentale potrebbe avvenire con l’intervento di Paesi terzi (tra cui potenzialmente anche l’Italia) ma comunque troppo tardi per salvare le scorte.
  3. utilizzare i porti sul Danubio – Una terza soluzione chiama in causa il Danubio. I porti che affacciano sul fiume sono però troppo piccoli e poco attrezzati per un’operazione logistica complessa come questa. Attraverso gli approdi fluviali potrebbero garantire l’esportazione di sole 300mila tonnellate di cereali
  4. utilizzare la Bielorussia – La quarta e ultima proposta è stata definita da Putin la “più semplice ed economica”: trasportare il grano attraverso l’amica Bielorussia verso l’Europa. I carichi sarebbero consegnati “immediatamente ai porti degli Stati baltici e poi a qualsiasi destinazione”, afferma il presidente russo. Le condizioni sono però difficili da accettare, complice anche la richiesta del presidente bielorusso Aleksandar Lukashenko. Il passaggio del grano ucraino sarà consentito soltanto se l’Occidente annullerà alla Bielorussia le sanzioni imposte da due anni e se le navi potranno trasportare anche merci bielorusse.

L’ultima ipotesi appare difficilmente realizzabile perché pochi giorni fa l’Ue ha approvato il sesto pacchetto di sanzioni nei confronti di Minsk (cosa prevede? Ne abbiamo parlato qui), prendendo di mira decine di personalità e aziende che non possono intrattenere legami diplomatici e commerciali con gli Stati membri. La soluzione bielorussa non incontra neanche i favori di Kiev per un altro motivo. I carichi di grano resterebbero sempre sotto il controllo russo, in regioni piene di truppe russe e sul territorio di un Paese alleato del regime di Putin.

Cosa dicono l’Italia e gli altri Paesi

Tutto lascia intendere che il tema del grano continuerà ad animare la scena diplomatica ancora per settimane. Sicuramente sarà “in cima all’agenda” della visita in Turchia del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. E sicuramente ha smosso la posizione ucraina.

Il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha infatti assicurato che il Paese “è pronto a creare le condizioni necessarie perché riprendano le esportazioni dal porto di Odessa”, anche se persiste il timore che la Russia “approfitti della rotta commerciale per attaccare la città”. Dall’altro lato non cessano le accuse di Kiev contro Mosca di rubare il grano ucraino per venderlo ad altri Paesi, inclusa la Turchia.

Anche l’Europa è parte coinvolta direttamente nella rotta dei cereali, Italia in primis. Il ministro Luigi Di Maio ha confermato che il Governo “lavora a una soluzione”. Soluzione che finora prevede, per forza di cose, il trasporto su strada tramite camion o su ferrovia. Nuove opzioni sono sui tavoli istituzionali di mezzo mondo, ma le trattative monitorate dall’Onu appaiono decisamente complesse.