L’Italia rischia la carestia? Il governo coinvolge la Marina militare

Per scongiurare una crisi alimentare senza precedenti nella storia del nostro Paese, l’esecutivo ha deciso di coinvolgere gli apparati dell’esercito

La storia recente dei reparti del nostro esercito nazionale e – in particolare – della Marina militare è costellata di operazioni di cosiddetta “sminatura” effettuate a più riprese in diversi teatri di guerra in Europa e nel mondo: dal Canale di Suez alle coste del Golfo persico, sono moltissimi i fronti internazionali in cui hanno operato i nostri ufficiali nel corso di crisi belliche tutt’altro che concluse.

Crisi globale? Il governo mobilita le forze armate dell’esercito

Oggi l’emergenza si è spostata in un’area decisamente più vicina, in quel territorio ucraino al confine con la Russia e il Medioriente che in molti vorrebbero già compreso tra i confini dell’Unione europea ma che molto realisticamente – come spiegato di recente dallo stesso presidente francese Emmanuel Macron – non vi sarà inglobato prima che siano trascorsi almeno 15 o 20 anni, ossia il periodo necessario a completare la procedura di accettazione di un nuovo Stato membro.

E così l’ipotesi di un impegno di unità italiane nel Mar Nero per riportare in sicurezza le acque antistanti il porto di Odessa, e anche la costa fino alla Romania, ad oggi non viene ritenuta così improbabile. E subito dopo, con le rotte messe in sicurezza (gli esperti occidentali di politica bellica auspicano fino alla Crimea), la nostra Marina potrebbe impegnarsi nell’ambito di una missione Ue alla quale sta lavorando con Francia e Germania e della quale si sta discutendo a Bruxelles nel corso del Consiglio europeo.

L’intervento della Marina militare per scongiurare la carestia globale

Si tratta della volontà di scortare i mercantili pieni di grano ucraino destinato ai Paesi del Sud del mondo – che in questo quadro drammatico rischiano di ritrovarsi nel bel mezzo di una crisi alimentare senza precedenti – ma che in parte finisce anche sulle nostre tavole. Questa fa parte di una di quelle iniziative che potrebbero essere messe in atto anche senza l’ok collettivo dell’Europa (come invece accade per quasi tutti gli ambiti e i temi comunitari, per cui serve l’unanimità di intenti e di voto nelle sedi europee).

Del resto proprio a metà maggio lo stesso premier Mario Draghi, nel corso di un’informativa al Senato sull’andamento della guerra in corso tra Mosca e Kiev, ha confermato la disponibilità del governo a rinforzare il fronte est della Nato inviando un altro migliaio di uomini delle forze armate (sono 750 i nostri militari mandati in Bulgaria e altri 250 in Ungheria), valutando al tempo stesso la possibilità di aiutare la Slovacchia nella difesa aerea e la Romania proprio nello sminamento del Mar Nero.

I reparti coinvolti nel Mar Nero e le mosse di Putin

E pare essere proprio quest’ultimo lo scenario più plausibile delle ultime ore, svolto sempre all’interno di una cornice di sicurezza e di regole di ingaggio chiare, visto che la situazione di fronte alle coste ucraine rimane tutt’oggi fluida e comunque pericolosa. Affinchè tutto questo si compia sono indispensabili le garanzie da parte di Vladimir Putin e del Cremlino di non proseguire l’offensiva verso il porto di Odessa.

Fra le unità italiane che dovrebbero essere prese in considerazione per l’operazione di bonifica delle acque dove la flotta russa staziona ormai dall’inizio dell’anno contrastata dalle forze di Volodymyr Zelenski, ci sarebbero diversi cacciamine della classe Gaeta e Lerici (tra i migliori del mercato mondiale).