A Istanbul veri spiragli di pace? A cosa rinunceranno Russia e Ucraina

Ecco com'è andato l'incontro in Turchia tra la delegazione russa e quella ucraina. Cosa sono disposte a fare Mosca e Kiev, e cosa no

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Nell’ultimo round di colloqui di pace in Turchia, a Istanbul, con il presidente Erdogan nei panni di mediatore, la delegazione ucraina si è detta disposta alla neutralità, rinunciando all’ingresso in alleanze militari – ovviamente al centro la NATO – in cambio di appropriate garanzie di sicurezza, mentre Mosca sarebbe aperta a un’adesione di Kiev all’Unione europea, seppur non immediata. Ma i tempi tecnici non sarebbero comunque rapidi.

Questo l’esito dell’incontro turco, che per la prima volta apre spiragli di pace. Presente anche l’oligarca russo Roman Abromivich, dopo il presunto tentativo di avvelenamento in occasione di un precedente colloquio a Kiev a inizio marzo (qui abbiamo parlato del perché è stato coinvolto nella mediazione e perché è così strategico).

Alcuni giorni fa Mosca aveva anche fatto un passo indietro sul nucleare (qui abbiamo parlato del possibile allarme nucleare nei confronti del nostro Paese), ma l’impegno russo è stato accolto con grande scetticismo, in primis dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che non si fida affatto delle mosse di Putin.

Cosa farà l’Ucraina

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che giudicherà l’offerta di Mosca di ritirare le sue forze solo in base a risultati concreti. L’Ucraina, lato suo, si è però già mossa per presentare i piani per il passaggio a uno Stato neutrale, in cambio di garanzie di sicurezza.

“Gli ucraini non sono ingenui. Hanno già imparato durante questi 34 giorni di invasione e negli ultimi 8 anni di guerra nel Donbass che ci si può fidare solo di un risultato concreto, cioè se i fatti cambiano sulla nostra terra”.

Per questo Kiev continuerà le operazioni militari nonostante le promesse della Russia di ridurre notevolmente le sue attività sul campo. Zelensky ha sentenziato: “Naturalmente vediamo i rischi. E naturalmente non vediamo alcun motivo per fidarci delle parole dei rappresentanti di uno Stato che continua a lottare per la nostra distruzione”.

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Putin sta cambiando strategia?

Secondo fonti internazionali, le unità russe sarebbero costrette a tornare in Russia e Bielorussia per riorganizzarsi: la riduzione delle forze a terra da parte di Mosca potrebbe però rivelarsi molto pericolosa, perché potrebbe significare più attacchi missilistici, con evidenti conseguenze, umane e materiali.

Secondo diversi funzionari statunitensi e ucraini, Putin sta continuando a riposizionare le forze lontano da Kiev, probabilmente come parte di uno sforzo per riconcentrarsi sulle regioni orientali.

Mosca sembra aver cambiato strategia: ha notevolmente ridotto le sue ambizioni, e sostiene di aver “generalmente raggiunto” gli obiettivi della prima fase dell’invasione, che ha definito come una riduzione considerevole del potenziale di combattimento ucraino. Un mese dopo l’invasione partita il 24 febbraio, Mosca ha dichiarato che il suo obiettivo principale era la “liberazione del Donbass”, riferendosi in generale alle regioni orientali dell’Ucraina di Luhansk e Donetsk.

Ma la guerra continua, a est e a sud, dove le forze russe stanno cercando di creare un corridoio terrestre lungo la costa meridionale, a est dalla Crimea al confine russo. Al di là degli obiettivi militari, la richiesta probabilmente più forte di Putin è garantirsi la futura neutralità dell’Ucraina.

Zelensky chiede più sanzioni

Zelensky intanto insiste sull’inasprimento delle sanzioni dell’Occidente, che stanno impattando sull’economia russa, ma non ancora in modo così decisivo, dice.

“Le sanzioni ora non si devono fermare, ma si devono rafforzare, affinché ci sia la pace vera. I negoziati non possono influenzare la revoca delle sanzioni contro la Russia, che non sarà oggetto di discussione finché la guerra non finisce”, ha chiarito l’ex comico diventato presidente.

E ha ribadito che “finché non ci riprenderemo ciò che ci appartiene e finché non ci sarà giustizia, al contrario, le sanzioni devono aumentare settimanalmente e devono essere efficaci, non devono essere solo per i media”.

Intanto, il World Food Programme lancia un nuovo, gravissimo, allarme: il mondo potrebbe presto essere sconvolto da una carestia senza precedenti, proprio a causa della guerra in Ucraina (qui il nostro approfondimento su costa sta accadendo, perché e quali conseguenze).