Finlandia e Svezia entrano nella Nato? Cosa può accadere

L'adesione dei due Paesi scandinavi provocherebbero la reazione russa. Il Cremlino si sta già muovendo sul campo e con minacce nucleari. Cosa rischiamo?

Fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, si è sentito spesso dire che il “vero nemico” di Putin non è Kiev, ma l’Occidente degli Stati Uniti e della Nato. Un’affermazione che sembra colorarsi sempre più di verità in determinati frangenti, come l’ultimo che riguarda Svezia e Finlandia.

I due Paesi scandinavi sembrano sempre più vicini all’Alleanza Atlantica, spinti ad accelerare l’iter per l’adesione dalla tensione crescente con la confinante Russia. Una svolta storica che arriverebbe dopo oltre 70 anni di neutralità. Il Cremlino non è però rimasto a guardare, muovendosi già militarmente e lanciando minacce nucleari per bocca dell’ex presidente Medvedev (dei venti di guerra nucleare e dei rischi di escalation, dalla Russia alla Cina, abbiamo parlato qui).

Nato, Svezia e Finlandia: cosa c’è da sapere

Il 13 aprile, in una conferenza stampa congiunta, le premier svedese e finlandese hanno annunciato in maniera decisa che l’adesione alla Nato è sempre più probabile. Le due nazioni sono infatti partner, ma non membri dell’Alleanza. Una differenza non scontata, che garantisce ai primi il mutuo soccorso e l’intervento militare congiunto in caso di attacco.

Svezia e Finlandia sono invece partner nell’ambito del Partenariato per la pace, assieme ad Austria, Irlanda e Svizzera. Una cooperazione che, in questo caso, comporta la condivisione di valori come il mantenimento della pace.

La Finlandia, in particolare, ha auspicato che “il processo di candidatura sia il più rapido possibile“. Parlando da Helsinki, la ministra per gli Affari europei Tuppurainen ha osservato che ora c’è un profondo cambiamento nelle relazioni tra Russia e Finlandia, che la “rattrista”. Poi ha descritto le azioni della Russia come una guerra “brutale” in Ucraina e “un campanello d’allarme per tutti noi” (cosa sappiamo dell’allarme armi chimiche nell’ambito del conflitto).

L’ingresso nella Nato, quando e come

In caso di esito positivo sull’adesione, l’iter richiederà tuttavia diversi mesi sia a causa del meccanismo politico interno dei Parlamenti nazionali, sia perché i 30 membri della Nato dovranno esprimere il loro consenso. Consenso che “probabilmente ci sarà, ma che richiederà comunque un po’ di tempo di negoziazione”, ha osservato Alessandro Marrone, responsabile “Difesa” dell’Istituto Affari Internazionali, in un’intervista a Fanpage. “La domanda sarà accolta nel corso dell’estate, poi ci sarà il processo di ratifica e di ingresso vero e proprio. In sintesi la procedura si potrebbe concludere entro l’anno”.

Il tutto malgrado gli avvertimenti di Mosca, secondo cui un ulteriore allargamento della Nato verso i confini russi “avrebbe implicazioni negative per la pace e la stabilità nell’Europa del Nord”. Subito dopo le dichiarazioni di Finlandia e Svezia, la Russia ha infatti inviato mezzi militari e truppe alla frontiera in una sorta di sinistro monito.

La possibilità di un intervento militare russo in Finlandia appare però molto improbabile. A differenza dell’Ucraina, lo Stato scandinavo è infatti membro dell’Ue e, dunque, un eventuale attacco verrebbe considerato come un’offensiva contro tutta l’Unione.

Conseguenze e minacce: cosa può fare la Russia?

“Molto presto, forse entro l’estate, il mondo diventerà più sicuro: Svezia e Finlandia stanno discutendo la possibilità di entrare a far parte della Nato”. E’ iniziato così, con un messaggio ironico su Telegram, l’annuncio di Dmitrij Anatol’evič Medvedev che avrebbe scosso il mondo. L’ex presidente russo e vicepresidente del Consiglio di sicurezza del Cremlino ha puntato il dito contro l’Alleanza e minacciato la stabilità dell’Europa qualora la Nato decidesse di aprire effettivamente le sue porte alla Finlandia e alla Svezia.

Lo spettro della guerra nucleare (che con le dichiarazioni del Cremlino) torna insomma ad agitare tutti. Se Svezia e Finlandia entreranno nella Nato, ha proseguito Medvedev, “non sarà più possibile parlare di uno status non nucleare del Baltico. L’equilibrio deve essere ripristinato. Finora la Russia non ha adottato tali misure e non le avrebbe adottate, ma se siamo costretti…”.

Non solo. Se il “matrimonio atlantico” dei due Stati andrà in porto, Mosca “rafforzerà i suoi confini occidentali (a tal proposito, la nuova città chiave per Putin si chiama Kaliningrad: ecco perché) e la lunghezza del confine terrestre dell’Alleanza con la Russia sarà più che raddoppiata“. Medvedev ha poi spiegato che “sarà necessario rafforzare seriamente il gruppo di truppe di terra e il sistema di difesa aerea e schierare consistenti forze navali nel Golfo di Finlandia”.

Lo spettro della “guerra ibrida”: cos’è

Secondo il politologo Ian Brammer, intervistato da La Stampa, l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato è “una sconfitta per Putin”, che aveva avviato la sua “operazione militare speciale” in Ucraina proprio in funzione anti-atlantica. Le intenzioni scandinave potrebbero così provocare un ampliamento del conflitto, non solo a livello territoriale in direzione di due Paesi europei.

Oltre ad aumentare presenza militare ed esercitazioni, la Russia scatenerà le tattiche della cosiddetta “guerra ibrida”, dallo spionaggio alla disinformazione passando per i cyberattacchi. E non solo contro Svezia e Finlandia, ma potenzialmente “anche contro altri Stati membri della Nato”.

“È un terreno sul quale i russi si muovono da tempo e mi aspetto un’escalation. E poi attenzione alle proxy war, le guerre per procura. Mosca potrebbe installare basi nell’emisfero occidentale, in Venezuela o a Cuba“, afferma Brammer. Le considerazioni dello studioso tengono comunque conto di un’economia russa in grossa difficoltà e di un isolamento che è in pratica una “permanente rimozione della Russia dall’Occidente”.

Per guerra ibrida (“hybrid warfare”) si indica una strategia militare che ha preso piede dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la definizione dei due blocchi contrapposti (Usa contro URSS). Si tratta di una guerra dai contorni sfumati e irregolari che sfrutta altri metodi di influenza rispetto ai conflitti tradizionali. Tra questi spiccano fake news, diplomazia, battaglie legali e interventi elettorali stranieri. Nel caso della Russia (e dell’Ucraina) si parla anche di “dottrina Gerasimov”, che per riuscire ad annientare il nemico teorizza un mix di componenti diplomatiche, pressione economica e politica e altre ingerenze non militari.

Cosa faranno la Nato e l’Europa?

Secondo Brammer, la Nato non ha alcuna intenzione di accettare adesioni da parte dei Paesi dell’area del Pacifico. Ovviamente ferma restando la profonda interconnessione, in primis economica, della Cina con Stati Uniti ed Europa, in virtù della quale Pechino non verrà mai tagliata fuori alla rotta dei mercati come è avvenuto con la Russia. Un possibile fronte di espansione della Nato era stata individuata anche a Sud, verso Medio Oriente e Africa. Una missione che, per Brammer, è sempre stata “poco chiara, confusa”.

Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, la Nato era stata etichettata come “obsoleta” o, peggio, “in morte cerebrale” da grandi leader occidentali come Macron e Trump. La guerra è però arrivata e l’unità della Nato riscoperta dall’Occidente. Con l’Europa, cuore (geografico e non) dell’Occidente, che ha rispolverato la consapevolezza di doversi dotare di nuovi strumenti di sicurezza nazionale e di difesa.

Anche se la guerra in Ucraina dovesse finire presto, la minaccia russa rimarrebbe (qui spieghiamo il piano di Putin per aggirare le sanzioni: così avrà i soldi per la guerra) e “potrebbe anche innescare la richiesta di un esercito europeo”, secondo Brammer. Con un Paese che sembra destinato al ruolo di leader (anche militare): la Germania.