Chi era Edy Ongaro “Bozambo”, il miliziano italiano ucciso in Ucraina

Morto all’età di 46 anni, Edy Ongaro, nome di battaglia “Bozambo”, era fuggito dall'Italia per recarsi in Donbass e combattere con le milizie filo-russe

Il veneziano Edy Ongaro, nome di battaglia “Bozambo”, italiano, 46 anni, nato a Portogruaro, si trovava in Donbass per combattere contro il Governo di Kiev. Ha perso la vita giovedì 31 marzo 2022, per difendere le milizie filo-russe.

Chi era Edy Ongaro, l’italiano morto in ucraina

Di origini venete, Edy Ongaro si trovava da diversi anni in Donbass. Non era quindi partito per arruolarsi nelle milizie conseguentemente all’invasione del territorio ucraino a febbraio. Ai combattenti filo-russi si era infatti già unito nel 2015, quando aveva lasciato l’Italia a seguito di alcuni problemi con la legge. Stando a quanto emerso, dopo di una rissa scoppia in un bar (dove aveva colpito l’esercente con un calcio all’addome), Ongaro era stato arrestato, aggravando la sua pozione con l’aggressione di un carabiniere.

Rilasciato in attesa del processo, però, non ha rispettato le disposizioni del giudice ed è fuggito per unirsi ai separatisti della brigata Prizrak.

A dare la notizia della morte è stato il Collettivo Stella Rossa su Facebook, un organizzazione che si definisce “Antifascista e Internazionalista Militante” e che, stando a quanto si evince dai messaggi pubblicati, appoggia Putin e accusa Zelensky di diffondere menzogne sulla guerra. “Con immenso dolore comunichiamo che Edy Ongaro, nome di battaglia Bozambo, caduto da combattente per difendere il popolo libero di Novorossia dal regime di Kiev.- si legge nel post -. Dalle prime informazioni ricevute sappiamo che si trovava in trincea con altri soldati quando è caduta una bomba a mano lanciata dal nemico. Edy si è gettato sull’ordigno facendo una barriera con il suo corpo. Si è immolato eroicamente per salvare la vita ai suoi compagni”.

Bozambo era quindi un foreign fighter, che aveva scelto questo nome di battaglia in onore a un partigiano della seconda guerra mondiale. La scelta di diventare un miliziano, infatti, pare che sia stata conseguenza del suo desiderio di voler riscattare la famiglia, che è stata vittima del regime nazi-fascista.

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Cosa sappiamo dei foreign fighter e da dove vengono

“Chiunque voglia unirsi alla difesa dell’Ucraina, dell’Europa e del mondo può venire e combattere fianco a fianco con gli ucraini contro i criminali di guerra russi”, ha più volte dichiarato il Presidente ucraino Zelensky durante i suoi interventi. Così, dopo la creazione di una “legione straniera internazionale”, dozzine di americani, canadesi e altri stranieri, persino italiani, hanno deciso di prendere le armi. Ma le milizie straniere non solo quelle a sostegno dell’Ucraina. Ve ne sono molte, infatti, che non appoggiano il Governo di Kiev ma quello di Putin.

Le motivazioni che spingono questi combattenti oltre i propri confine a volte sono diverse, fanno perno su ideali e principi che vanno ben oltre l’essere cittadini di un determinato paese e che, come è facile intuire, contribuiscono ad alimentare dinamiche e conflitti molto complessi, difficili da spiegare.

Non è facile capire, in questi casi, la ragione dove sta. Non si sa quanti volontari ancora andranno in Ucraina, ma sappiamo che il reclutamento di massa di combattenti stranieri non è certo una novità. Per esempio, prima della guerra scatenata dal Cremlino, numerosi jihadisti sono andati a combattere in Afghanistan, Iraq e in Siria (qui l’approfondimento). E anche prima dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio, già nel 2014, il Dombass aveva attirato molti combattenti stranieri come Edy Ongaro: alcuni per aiutare la Russia e la sua promessa di anti-LGBTQ, anti-sinistra, e sostenere il nazionalismo di Putin; altri per aiutare a difendere l’Ucraina dall’aggressione straniera. E tra questi volontari spesso non è difficile trovare suprematisti bianchi e altri estremisti di vario genere.

Milizie straniere, foreign fighter e mercenari: quanto si guadagna? Quali sono le differenze

Quando si parla di foreign fighter, spesso si fa riferimento a coloro i quali decidono di unirsi alle milizie straniere per combattere in una guerra, prendendo una posizione all’interno di un conflitto internazionale dettata da ideali e credenze specifiche. Non sono sempre dei mercenari, ovvero non è detto che il loro scopo sia solo quello di guadagnarci, ma non è escluso che durante una guerra si decida di ricorrere anche a questi.

Li chiamano “contractors” quelli che combattono per denaro. Non sempre sono arruolati per le guerre, alcuni per esempio vengono pagati dalle multinazionali per difendere giacimenti e impianti situati in zone rischiose. Non ci sono fonti ufficiali su quelli che sono in media gli stipendi assicurati a questi para-militari, tuttavia sappiamo che in diverse occasioni i Governi, anche in passato, se ne sono serviti. Questo perché assoldare un soldato esperto è molto più semplice, veloce e richiede meno dispendio di risorse rispetto alla formazione e preparazione di un civile (inoltre assicura maggiori possibilità di successo).

Da quello che alcune agenzie statunitensi hanno provato a ricostruire, basandosi su informazioni e dati ufficiosi, un mercenario pare arrivi a guadagnare dai 70 mila ai 95 mila dollari all’anno (ovvero dai 60 agli 85 mila euro). Le figure più esperte arrivano a guadagnare fino a 500 dollari al giorno (più di 450 euro), riuscendo a patteggiare anche per premi e bonus nel caso di raggiungimento di determinati obiettivi.

Il problema principale, al di là delle questioni morali per cui bisognerebbe fare un discorso a parte, è che spesso questo tipo di “imprese private” attirano ex militari, combattenti che hanno lasciato l’esercito per unirsi alla missione più remunerativa e gente pronta a sacrificare la causa in cambio di denaro.

Combattere per un altro Paese è legale?

Secondo l’art. 244 del codice penale italiano “Chiunque, senza l’approvazione del Governo, fa arruolamenti o compie altri atti ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italiano al pericolo di una guerra, è punito con la reclusione da sei a diciotto anni; se la guerra avviene, è punito con l’ergastolo”. Non è quindi illegale partire come volontario.

Tuttavia, con l’art. 246 c.p., è stato stabilito anche che: “Il cittadino, che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per sé o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065”.

Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l’utilità, che è aumentata se il fatto è commesso in tempo di guerra.

Al di là delle leggi nazionale, però, riuscire a controllare questi arruolamenti che spesso avvengono in tutt’altra parte del mondo e non certo alla luce del sole, è molto difficile. Si tratta di azioni che sfuggono a verifica ma che, allo stesso tempo, garantiscono un giro di denaro non indifferente, offrendo armi, uomini e mezzi al miglior offerente.