Cos’è l’autonomia differenziata varata dal governo Meloni e cosa cambia per le Regioni

Il Consiglio dei ministri ha approvato il cosiddetto ddl Calderoli, un disegno di legge che istituisce una nuova forma di autonomia per le regioni. Cosa cambia

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Lo aveva annunciato da tempo e, finalmente, eccolo qui. “Con il disegno di legge quadro sull’autonomia puntiamo a costruire un’ Italia più unita, più forte e più coesa. Il Governo avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi”. Commenta così la premier Giorgia Meloni l’ok del Consiglio dei ministri al disegno d legge che riforma l’autonomia, che però sta dividendo profondamente i governatori delle Regioni.

“La fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi”, spiega Meloni.

In pratica, con la nuova legge si dà attuazione alla cosiddetta autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Il testo provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”.

Nascono i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni

La novità più rilevante della nuova legge sull’autonomia riguarda la fissazione di livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti LEP, da parte della Cabina di regia istituita dalla Legge di bilancio 2023. Si tratta di livelli minimi standard che devono essere rispettati nella determinazione di nuove funzioni relative ai diritti civili e sociali e garantiti su tutto il territorio nazionale.

Il principio è chiaro: allo Stato compete la definizione dei criteri ai quali attenersi nel definire il livello minimo atteso, alla Regione ed agli altri soggetti autonomi – Province, Comuni, scuole ecc. – spetta invece fornire la prestazione specifica per i cittadini. Ovviamente, i livelli essenziali possono essere “alzati” con prestazioni qualitativamente o quantitativamente superiori. La condizione essenziale è che, a livello nazionale, non ci siano Regioni in cui i LEP non sono raggiunti.

Le materie e gli ambiti in cui si possono siglare intese tra Stato e regioni

Le materie sulle quali potranno essere raggiunte le intese tra lo Stato e Regioni a statuto ordinario per l’attribuzione, alle regioni stesse, di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono elencate nell’articolo 117 della Costituzione.

Sono soprattutto materie relative alla legislazione concorrente, in cui spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato:

  • rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni
  • commercio con l’estero
  • tutela e sicurezza del lavoro
  • istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale professioni
  • ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi
  • tutela della salute
  • alimentazione
  • ordinamento sportivo
  • protezione civile
  • governo del territorio
  • porti e aeroporti civili
  • grandi reti di trasporto e di navigazione
  • ordinamento della comunicazione
  • produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
  • previdenza complementare e integrativa
  • coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
  • valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali
  • casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale
  • enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Quanto durano le intese

Nelle intese sarà specificata anche la loro durata, che comunque non potrà superare i 10 anni. L’intesa può essere modificata su iniziativa dello Stato o della regione e può prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiederne la cessazione, che andranno deliberati a maggioranza assoluta delle Camere.

Alla scadenza del termine, l’intesa si rinnoverà automaticamente per lo stesso periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della regione, che andrà però manifestata almeno un anno prima della scadenza.

Intese Stato-Regioni: la nuova procedura

In merito al procedimento di approvazione delle “intese“, è stato stabilito che la richiesta deve essere deliberata dalla regione interessata e trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Quest’ultimo, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’Economia e delle Finanze entro 30 giorni, avvia il negoziato con la Regione interessata.

Lo schema d’intesa preliminare tra Stato e regione, corredato di una relazione tecnica, deve essere poi approvato dal Consiglio dei ministri e trasmesso alla Conferenza unificata per un parere da rendere entro 30 giorni. Trascorso questo termine, viene comunque trasmesso alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono entro 60 giorni.

Il Presidente del Consiglio o il ministro predispongono lo schema di intesa definitivo, se necessario al termine di un ulteriore negoziato. Lo schema è trasmesso alla regione interessata per l’approvazione. Entro 30 giorni dalla comunicazione dell’approvazione da parte della Regione, lo schema d’intesa definitivo, corredato di una relazione tecnica, è deliberato dal Consiglio dei ministri insieme a un disegno di legge di approvazione da presentare alle Camere. L’intesa è immediatamente sottoscritta dal premier e dal Presidente della Giunta regionale. Per l’approvazione definitiva del disegno di legge, è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.

Le risorse e le garanzie su coesione e perequazione tra le Regioni

La nuova autonomia prevede anche che l’attribuzione delle risorse corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento sia determinata da una Commissione paritetica Stato-Regione, che procederà ogni anno alla valutazione degli oneri finanziari, coerentemente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, garantendo sempre l’equilibrio di bilancio.

Il finanziamento delle funzioni attribuite avverrà attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali a livello regionale. Le funzioni trasferite alla Regione potranno essere da questa attribuite a Comuni, province e città metropolitane.

Per quanto riguarda il fondo perequativo, non viene toccato, così come anche le altre misure per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale. Il disegno di legge prevede l’unificazione delle diverse fonti aggiuntive o straordinarie di finanziamento statale di conto capitale, la semplificazione e l’uniformazione delle procedure di accesso, di destinazione territoriale, di spesa e di rendicontazione.