Cesare Romiti, da Cuccia a Agnelli storia del manager Fiat che aveva fatto la fame

Addio a Cesare Romiti. È morto nella sua casa di Milano all'età di 97 anni lo storico amministratore delegato e presidente della Fiat

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Addio a Cesare Romiti. È morto nella sua casa di Milano all’età di 97 anni lo storico amministratore delegato e presidente della Fiat. Apprezzato da Enrico Cuccia e braccio destro di Gianni Agnelli (ecco quanto vale la sua storica villa in vendita), è stato uno dei principali dirigenti d’azienda, imprenditori ed editori italiani.

Le origini

Romiti era nato a Roma il 24 giugno del 1923. Figlio di un impiegato delle Poste, secondo di tre fratelli, ragioniere con una laurea a pieni voti in Economia e Commercio, l’uomo che sarebbe diventato braccio destro fidatissimo degli Agnelli (che intanto hanno sborsato milioni per far pace col Fisco) studiava di notte e lavorava di giorno per mettere da parte qualche soldo dopo la morte del padre, avvenuta a soli 47 anni. Brillante, volitivo, raccontava spesso di aver fatto la fame, “la fame vera. E per fame ho rubato. Non è che mi mancavano la carne e il pesce, mi mancavano il pane e la pasta”.

Nel 1947 lavora per il Gruppo Bombrini Parodi Delfino, azienda di Colleferro, di cui assumerà la carica di direttore finanziario affiancando Mario Schimberni, suo ex compagno di classe, che si occupa invece di amministrazione e controllo di gestione.

Nel 1968, sempre a Colleferro, ricopre la carica di direttore generale nella Snia Viscosa dopo la fusione con la sua ex azienda. E proprio per seguire da vicino questa fusione, frequenta a Milano gli uffici di Mediobanca, ottenendo da subito la fiducia di Enrico Cuccia. Due anni più tardi l’Iri lo nomina prima direttore generale e poi amministratore delegato di Alitalia. Dopo una brevissima parentesi alla Italstat, nel 1974, nel pieno della crisi petrolifera mondiale, proprio grazie a Cuccia approda alla Fiat.

Alla guida della Fiat per 25 anni

Nel 1976 diventa amministratore delegato in un triumvirato con Umberto Agnelli, che lo stesso anno viene eletto senatore della DC, e Carlo De Benedetti, che resta alla Fiat solo tre mesi. In Fiat ottiene i pieni poteri nel 1980, quando i due fratelli Agnelli, Gianni e Umberto, vengono convinti da Mediobanca a passare la mano per salvare l’azienda. Tra il 1996 e il 1998 ricopre anche il ruolo di presidente, succedendo a Gianni Agnelli. Della sua esperienza in Fiat disse: “Ho avuto praticamente carta bianca per 25 anni” (perché Fiat e Mediaset hanno sede in Olanda?).

Lo chiamano “manager di ferro”. Il 14 ottobre 1980, dopo 35 giorni di scioperi, a Torino sfila la famosa “marcia dei 40mila”: 40 mila quadri della Fiat scendono in piazza contro il sindacato. Romiti, rimasto solo al comando di Fiat, arriva a un accordo che prevede una pesante riorganizzazione. Nel 1987 la Fiat ha un fatturato proiettato ai 40 mila miliardi di lire, secondo gruppo italiano dietro l’Iri. Sono gli anni in cui prendono vita i mitici modelli Uno, Thema, Y10 e Croma. Nel 1989 gli utili netti toccano i 3.300 miliardi di lire, per l’85% dal settore auto.

Il dopo Fiat

Dopo l’uscita da Fiat rifiuta due offerte, una dalla Zanussi e una da Silvio Berlusconi. Diventa invece presidente del gruppo RCS, che guida dal 1998 al 2004. Per un anno è anche presidente della società di costruzioni e ingegneria Impregilo.

Nel 2003 costituisce la Fondazione Italia-Cina, di cui diventa presidente dal 2004. Nel maggio 2005 entra nel patto di sindacato degli Aeroporti di Roma, mentre nel 2007 la famiglia Romiti viene progressivamente estromessa prima da Gemina, società che controllava RCS, poi da Impregilo e da Aeroporti di Roma. Nel corso della sua vita è stato nominato Cavaliere del Lavoro e Cavaliere di Gran Croce dell’ordine al merito della Repubblica italiana.