Polemiche per le esternazioni di Giorgia Meloni a margine del Consiglio dei Ministri sul decreto Lavoro, che si è tenuto il Primo Maggio. “Nel giorno della Festa dei Lavoratori, il Governo sceglie di lavorare e dare risposte a coloro che legittimamente aspirano a cambiare la loro posizione, e lo fa con una serie di provvedimenti articolati, il più importante tra tutti è il taglio delle tasse sul lavoro”.
Non sono bastate però queste parole a far placare la bufera che da giorni si è abbattuta su Palazzo Chigi, con i sindacati sul piede di guerra per la scelta della premier di convocare l’Esecutivo proprio durante questa data simbolica. Subito è scatta l’accusa di “voler oscurare i tradizionali comizi sindacali”.
Decreto approvato: Meloni dura contro i sindacati e le opposizioni
Le misure contenute nel maxi provvedimento – qua tutti gli strumenti del nuovo decreto Lavoro – hanno ricevuto il via libera dopo la riunione del Governo, nonostante attimi di tensione tra le parti sociali e la stessa Giorgia Meloni. Iniziati proprio con le critiche relative al giorno scelto per l’approvazione del decreto.
“Non è una mancanza di rispetto convocare un Consiglio dei Ministri il 1° maggio”, ha sottolineato la premier, cercando di far abbassare i toni, e spiegando che la scelta non è stata casuale ma si è tratto di “un segnale”. Ha poi spiegato che si sarebbe aspettata un “bravi” da parte delle opposizioni e dei sindacati per aver “tagliato il costo del lavoro”.
Era un modo per dire “ci siamo, e ci siamo tutti”, ha assicurato, parlando di “una mano tesa” per “dialogare e lavorare insieme”. Tanto è bastato per far crollare il muro imposto dalle sigle confederate, nonostante i dubbi dei rispettivi segretari. L’intervento di “ampio respiro”, comunque, non ha convinto tutti.
La reazioni dei sindacati alle misure e la stoccata di Matteo Salvini
Una volta terminato il Consiglio dei Ministri, Luigi Sbarra, numero uno della CISL, non si è espresso sulle misure. Pierpaolo Bombardieri, UIL, ha revocato la bocciatura totale. Maurizio Landini è rimasto il più duro, con una contrapposizione totale a quanto deciso dal Governo contro cui ci sono ancora “tutte le ragioni” per una mobilitazione su scala nazionale.
Non si è sottratto alla polemiche anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che su Twitter ha accusato la Sinistra e i sindacati “del no” di aver montato “le solite polemiche e i soliti cortei con fantocci, insulti e bandiere bruciate” nonostante un centrodestra che avrebbe lavorato sul “taglio delle tasse e sull’aumento degli stipendi di milioni di lavoratrici e lavoratori”.
Rimane ancora da rilevare l’impatto del decreto sul Paese reale, nonostante il ritorno dei voucher, come anticipato qua, e la discussa misura che riguarda i contratti a termine, come spiegato in questo approfondimento.