Durante l’ultima trasferta a Washington, in merito alla guerra in corso in Ucraina il presidente Mario Draghi si è espresso con l’omologo americano Joe Biden utilizzando queste parole: “Il conflitto ha ricompattato l’Europa“. Stando a quanto dice il premier italiano pare dunque che le tensioni militari abbiamo ricompattato gli intenti nel Vecchio Continente, almeno a parole.
Il prossimo passo per cementare l’alleanza sembra essere quello di istituire una centrale unica d’acquisto per le attrezzature belliche, sulla stessa linea di quanto fatto con i vaccini (e di quanto si sta provando a fare con l’energia russa). La proposta è stata presentata nella giornata di mercoledì (25 maggio) al Consiglio Europeo da parte della Commissione guidata da Ursula von der Leyen: ora si attende il confronto tra i leader degli stati membri che si terrà a Bruxelles il 30 e il 31 maggio prossimi.
Centrale unica delle armi, le intenzioni dell’Unione europea e il costo richiesto agli stati membri
Il documento era già pronto da settimane e al suo interno è possibile leggere che “l’Europa dovrà affrontare il più grande aumento della spesa militare dalla Seconda guerra mondiale”. Nella bozza prodotta dalla Commissione si sottolinea come “il persistente investimento non sufficiente nel settore della difesa ha portato ad un accumulo di lacune e carenze negli inventari militari collettivi, nonché a una ridotta capacità di produzione industriale“. Inoltre specificano i tecnici europei come sia necessario “affrontare urgentemente la necessità di ricostituire e ampliare le scorte militari per compensare l’assistenza bellica in corso all’Ucraina”.
Gli Stati membri hanno finora annunciato che nei prossimi anni ci saranno aumenti significativi dei loro bilanci per la difesa, circa 200 miliardi di euro aggiuntivi. Nel 2020 i Paesi Ue hanno speso circa altrettanti 200 miliardi di euro per la difesa, cifra che nel 2021 è salita a 220 miliardi di euro ed è destinata ad aumentare.
Ora l’obiettivo è quello di portare le spese di tutti i membri Nato al 2% del Pil, come previsto dagli accordi. Se rispettati, la spesa militare aumenterebbe di circa 60-70 miliardi di euro l’anno. Il problema però è ancora una volta l’unità d’intenti che finora è mancata. “Si stima che la mancanza di cooperazione costi decine di miliardi di euro l’anno” hanno fato notare le massime autorità europee nelle ultime settimane.
Le conseguenze della scelta europea sulla spesa pubblica dell’Italia
Infine la Commissione rende noti anche i dettagli di questo nuovo piano europeo per la centrale unica delle armi: “Un’esigenza particolare in questo contesto è quella di sostituire l’equipaggiamento dell’eredità sovietica che è stato donato all’Ucraina con un equipaggiamento europeo attraverso un programma di transizione degli armamenti Ue“, con un “rafforzamento delle forze navali” e la ricostruzione di scorte di “munizioni, missili e altri pezzi di ricambio”.
Per l’Italia questo significherebbe aumentare in maniera inevitabile lo stanziamento di denaro pubblico per mandare armi a Kiev, attualmente a quota 12 miliardi di euro per i rifornimenti di cosiddette “armi non letali” quali giubbotti antiproiettile, metal detector, elmetti e radio, oltre alle 25 unità speciali per l’impiego di uomini nella ricerca delle migliaia di mine sparse sui diversi campi di battaglia.