Usa-Cina, guerra vicina? Perché sarebbe un “disastro insostenibile”

Nuove tensioni tra Stati Uniti e Cina: si rischia davvero una guerra tra le due superpotenze? E per cosa? Gli scenari

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Sale, ancora una volta, la tensione tra Stati Uniti e Cina. Secondo quanto riportato dal giornale canadese Global News, che aveva a bordo della HMCS Montreal una suo corrispondente, sabato 3 giugno sarebbe stata fiorata una vera e propria collisione tra un cacciatorpediniere Usa e una nave militare cinese nello Stretto di Taiwan. Il cacciatorpediniere americano USS Chung-Hoon e la fregata HMCS Montreal stavano conducendo un cosiddetto transito di “libertà di navigazione” dello Stretto tra Taiwan e la Cina continentale.

Secondo la ricostruzione, la nave cinese avrebbe accelerato tagliando la strada in prua al cacciatorpediniere americano. La Marina degli Stati Uniti ha pubblicato anche un video che mostrerebbe proprio un angolo ravvicinato di quella che è stata definita una manovra “pericolosa” eseguita dalla nave da guerra cinese. Nel video si può vedere chiaramente la nave da guerra di Pechino che attraversa il percorso del Chung-Hoon in acque calme. Poi si sente una voce in inglese che apparentemente invia un messaggio radio alla nave cinese, mettendo in guardia contro “tentativi di limitare la libertà di navigazione”, anche se la formulazione esatta non è chiara a causa del rumore del vento.

Alla fine, il Chung-Hoon americano è costretto a cambiare rotta e rallentare per evitare uno schianto con la nave, che a un certo punto si trovava ad appena 150 metri di distanza. L’incidente, secondo le fonti, sarebbe solo l’ultima mossa militare aggressiva di Pechino contro gli Usa nel Mar Cinese Meridionale.

Il nodo di Taiwan tra Usa e Cina

Pechino rivendica da sempre l’isola – democratica e autonoma – di Taiwan come parte del proprio territorio, e allo stesso modo afferma che lo Stretto fa parte della sua zona economica esclusiva, mentre gli Stati Uniti e i suoi alleati navigano e sorvolano regolarmente quella zona proprio per sottolineare che le acque sono internazionali.

Gli Stati Uniti hanno anche recentemente accusato la Cina di aver eseguito una “manovra inutilmente aggressiva” in volo, affermando che un jet da combattimento cinese J-16 a fine maggio sarebbe volato direttamente davanti al muso di un aereo da ricognizione dell’aeronautica americana, sempre sopra il Mar Cinese Meridionale.

Questa serie di eventi ha innescato una serie di preoccupazioni per un possibile incidente che potrebbe portare a un’escalation tra le forze armate delle due superpotenze, proprio in un momento in cui le tensioni nella regione sono già alte.

Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin aveva dichiarato alcuni giorni fa, prima che si sapesse dell’incidente, che Washington non avrebbe sopportato alcuna “coercizione né bullismo” dei suoi alleati e partner da parte della Cina, assicurando nel contempo a Pechino che l’America rimane impegnata a mantenere lo status quo su Taiwan, preferendo il dialogo al conflitto.

Parlando allo Shangri-La Dialogue, forum annuale che riunisce alti funzionari della difesa, diplomatici e leader a Singapore, Austin ha fatto pressioni per sostenere la visione di Washington di un “Indo-Pacifico libero, aperto e sicuro all’interno di un mondo di regole e diritti“, come il miglior corso storico possibile per contrastare la crescente assertività cinese nella regione.

“Siamo impegnati a garantire che ogni Paese possa volare, navigare e operare ovunque il diritto internazionale lo consenta”, ha affermato Austin, “e ogni Paese, grande o piccolo, deve rimanere libero di condurre attività marittime legali”.

Austin ha osservato poi che gli Stati Uniti hanno fornito milioni di dosi di vaccino Covid proprio nel momento più terribile della pandemia e sono sempre in prima linea nei soccorsi in caso di calamità e sforzi di assistenza umanitaria nella regione. Ha affermato che stanno lavorando per combattere il cambiamento climatico, la pesca illegale e garantire che le catene di approvvigionamento non subiscano interruzioni, risolvendo molte questioni importanti per i Paesi che si affacciano su questa porzione asiatica del Pacifico.

Washington sta raddoppiando le sue alleanze e partnership, ha aggiunto, ed è impegnata a scoraggiare le affermazioni della Cina su Taiwan così come la minaccia missilistica della Corea del Nord.

Una guerra Usa-Cina? Un “disastro insostenibile” per il mondo intero

A Singapore, il braccio destro del ministro della Difesa, generale cinese Jing Jianfeng, ha accusato Austin di “aperte o nascoste false accuse contro la Cina”, sostenendo che gli Usa appoggiano i separatisti taiwanesi, ma senza citare alcuna prova.

Il ministro della Difesa cinese Li Shangfu ha affermato che la guerra con gli Stati Uniti sarebbe un “disastro insostenibile” per il mondo intero. In un vertice sulla sicurezza, il generale  ha detto senza giri di parole che “alcuni Paesi” stanno intensificando la corsa agli armamenti in Asia. Ma ha detto che il mondo è abbastanza grande sia per la Cina che per gli Stati Uniti, e i due Paesi dovrebbero cercare un terreno comune.

Gen Li ha accusato però allo stesso tempo gli Stati Uniti di una “mentalità da Guerra Fredda” e ha affermato che ciò “aumenta notevolmente i rischi per la sicurezza”. Ha rimarcato anche che la Cina non permetterà che i pattugliamenti navali degli Stati Uniti e dei suoi alleati siano “un pretesto per esercitare l’egemonia della navigazione”.

Austin dal canto suo ha replicato che l’invasione russa dell’Ucraina è servita a sottolineare quanto sarebbe pericoloso il mondo se i grandi Paesi fossero in grado di “invadere impunemente i loro vicini pacifici”. Il conflitto non è “né imminente né inevitabile”, ha aggiunto. “La deterrenza è forte oggi ed è nostro compito mantenerla tale. Il mondo intero ha interesse a mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”.

Perché gli equilibri geopolitici si giocano in Eurasia

Come ha scritto su Foreign Policy Hal Brands, professore di Global Affair alla Johns Hopkins School of Advanced International Studies, proprio la guerra in Ucraina potrebbe avere molti esiti positivi, scuotendo lo scacchiere internazionale come da tempo non accadeva: la Russia “dissanguata” a causa della sua stessa aggressione, gli Stati Uniti che hanno riscoperto la centralità del proprio potere e della propria leadership, una comunità internazionale democratica unificata e forte per gli anni a venire.

Ma, anche, un risultato che Brands definisce “molto inquietante”: l’ascesa di una coalizione di autocrazie eurasiatiche legate dalla vicinanza geografica l’una all’altra e dall’ostilità geopolitica verso l’Occidente. In questo scenario, Vladimir Putin accelera la costruzione di una “fortezza Eurasia“.

Le autocrazie revisioniste, come le chiama Brands, cioè Cina, Russia, Iran e, in misura minore, Corea del Nord, non stanno semplicemente spingendo per il potere nelle rispettive regioni. Stanno formando – sostiene l’esperto – partenariati strategici interconnessi e stanno promuovendo reti commerciali e di trasporto oltre la portata del dollaro USA. Questa non è ancora una vera e propria alleanza di autocrazie. Ma è un blocco di avversari più coeso e pericoloso di qualsiasi altro che gli Stati Uniti abbiano affrontato negli ultimi decenni.

Tutti i grandi conflitti dell’era moderna hanno avuto come teatro l’Eurasia. Non a caso, il secolo americano è stato il secolo eurasiatico. L’Eurasia è stata a lungo la zona di “frantumazione strategica” del mondo perché è dove si trovano i Paesi più ricchi e potenti, ad eccezione degli Stati Uniti.

Il compito di Washington come superpotenza da dopo la Seconda Guerra Mondiale è stato di fatto tenere il mondo in equilibrio, mantenendo proprio questo pezzo di mondo – l’Eurasia – diviso. Ora, gli Stati Uniti sono di nuovo alla guida di una coalizione di Paesi alleati e democratici ai margini dell’Eurasia, chiamato a fronteggiare, anche solo concettualmente, un blocco di Paesi antiteci, per economia e per valori, posti propri lì in mezzo.

Un blocco eurasiatico economico e militare: gli effetti

Paesi come la Turchia, l’Arabia Saudita e l’India – scrive ancora Brands – hanno un ruolo fondamentale in quest’era grazie alla geografia che occupano e al peso geopolitico che esercitano. Questo blocco eurasiatico si sta rafforzando anche militarmente. Le relazioni militari della Russia con la Corea del Nord sono diventate una strada a doppio senso, poiché Pyongyang vende a Mosca le munizioni di artiglieria di cui ha estremo bisogno.

La Russia e l’Iran, nel frattempo, stanno costruendo quella che il direttore della CIA William Burns definisce una “partnership di difesa a tutti gli effetti“. Una collaborazione su vasta scala che prevede trasferimenti di droni, artiglieria e missili che hanno rafforzato la Russia sui campi di battaglia in Ucraina. Questo quadro potrebbe presagire il trasferimento di aerei da combattimento avanzati Su-35, sistemi di difesa aerea o tecnologia missilistica balistica, che renderebbero Teheran un nemico più duro per gli Stati Uniti e Israele.

La Cina, da parte sua, non ha sostenuto apertamente la guerra di Putin con aiuti militari letali, per paura di sanzioni statunitensi ed europee. Ha, tuttavia, fornito la cosiddetta assistenza non letale, dai droni ai chip per computer, che aiuta Putin a prolungare la sua invasione. Non a caso Pechino porta avanti da tempo la sua “guerra” silenziosa.

Sta anche in qualche modo rivedendo le basi del commercio internazionale. Il commercio, o le spedizioni di armi, che attraversano i mari che bagnano l’Eurasia possono essere sequestrati dalle Marine di tutto il mondo. Le economie dipendenti dal dollaro sono vulnerabili alle sanzioni statunitensi. Un secondo aspetto della “fortezza Eurasia”, quindi, implica la costruzione di reti commerciali e di trasporto al sicuro dal “controllo” delle democrazie occidentali.

Per anni, la Cina ha investito in oleodotti e ferrovie terrestri destinati a garantire l’accesso al petrolio mediorientale e ad altre risorse cruciali. Pechino – prosegue Brands nella sua analisi – sta ora cercando di rendere la sua economia a prova di sanzione riducendo la dipendenza dagli input stranieri, un progetto che ha acquisito urgenza grazie alla guerra economica occidentale contro Mosca. La Russia e l’Iran stanno dando energia al corridoio internazionale di trasporto nord-sud, che collega i due Paesi attraverso il Mar Caspio senza sbocco sul mare, mentre Teheran “istruisce” Mosca sull’evasione delle sanzioni.

I rapporti Cina-Russia: quali rischi per l’Occidente

Allo stesso modo, conclude Brands, Russia e Cina stanno intensificando la cooperazione per sviluppare la rotta del Mare del Nord, la rotta marittima meno vulnerabile tra i porti cinesi del Pacifico e la Russia europea. Quando “il commercio internazionale è in crisi”, come ha detto eufemisticamente Putin lo scorso novembre, l’integrazione eurasiatica è essenziale.

In effetti, il commercio Russia-Iran è aumentato dal febbraio 2022, mentre la Cina è diventata il principale partner commerciale della Russia “con un ampio margine”, come riporta la Free Russia Foundation. Il commercio bilaterale di petrolio russo e chip per computer cinesi è in forte aumento. Le aziende russe poi si rivolgono a Hong Kong per raccogliere capitali, aggirando le sanzioni.

E mentre la tecnologia cinese si diffonde in tutta l’Eurasia, anche la sua moneta prolifera. A febbraio, lo yuan ha superato il dollaro come valuta più scambiata alla Borsa di Mosca. Anche la Cina e l’Iran stanno sperimentando l’eliminazione del dollaro dal commercio bilaterale. Questo non significa che il dollaro smetterà di essere la moneta di scambio internazionale, ma che in pancia al Vecchio Continente potrebbe prendere vita, anche solo in forma embrionale, un blocco economico e tecnologico cinese sempre più forte.