Cosa c’è nella riforma della giustizia e perché se ne parla

Lo scontro c'è stato su i reati di mafia e per agevolare le associazioni mafiose

La contestata riforma della giustizia arriva a Montecitorio per l’approvazione in Aula dopo la difficile quadra trovata in Consiglio dei Ministri. Domenica 1 agosto è cominciata la discussione: il piano è di arrivare al voto di fiducia lunedì in modo da chiudere la partita prima della pausa estiva.

In cosa consiste la riforma della giustizia e perché i partiti litigano

La riforma del processo penale è legata a doppio filo con i soldi del PNRR, quindi approvarla è una priorità. La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha proceduto a tappe serrate e alla fine ha portato a casa un compromesso frutto della mediazione tra posizioni diverse, le più rumorose probabilmente quelle dei Cinque Stelle. È stata la prima battaglia, quella giuridica, che Giuseppe Conte ha deciso di intestarsi in qualità di neo leader dei pentastellati: l’ex premier e avvocato prestato alla politica ha sottolineato soprattutto le criticità relative ai reati di mafia.

La resa dei conti in Cdm aveva riguardato il 461 bis1, cioè reati commessi “per agevolare le associazioni mafiose”. Dopo aver ottenuto il sine die per il 416 bis e ter, sull’aggravante mafiosa il punto di caduta dell’intesa è in tempi più lunghi in Appello, ovvero 6 anni in regime transitorio per scendere a 5 dal 2025. Per i processi per associazione di stampo mafioso e voto di scambio politico-mafioso (416-bis e ter) i tempi potranno prolungarsi “sine die”.

La durata del processo d’Appello viene estesa per un ulteriore anno e quella del processo in Cassazione di ulteriori sei mesi anche per i reati di associazione finalizzata allo spaccio, violenza sessuale e reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.

Cosa prevede la riforma Cartabia per gli altri reati

Il precedente impianto della riforma non conteneva le eccezioni appena elencate e sostituiva l’improcedibilità alla prescrizione, che era stata eliminata, dopo il primo grado di giudizio, dalla precedente riforma della giustizia promossa dall’ex ministro della Giustizia dei Cinque Stelle Alfonso Bonafede. In pratica, Cartabia sostituisce la prescrizione del processo a quella del reato: che arriva dopo 2 anni in Appello e dopo 1 anno in Cassazione.

L’impianto uscito dalla Commissione dà la possibilità al giudice di prorogare con un’ordinanza il processo in Appello fino a 4 anni e in Cassazione fino a 2 per tutti i processi in via ordinaria. È possibile presentare ricorso in Cassazione contro la proroga.