Putin si aggrappa al gas: perché la Russia rischia la recessione

Le stime europee sull’economia russa mostrano un quadro drammatico per il Cremlino: il leader di Mosca spera di vincere la partita sul gas per risollevarsi

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

In quella che passerà alla storia come l’estate più difficile che il nostro Paese ricordi da diverso tempo a questa parte, a tenere banco è la questione relativa al costo del gas, che nelle ultime settimane ha raggiunto picchi mai visti prima nella storia recente. Tra le cause che hanno portato gli indici del mercato di Amsterdam – la borsa europea dove vengono riportati i listini dei prezzi e dove vengono svolte le trattative finanziarie di scambio – a raggiungere vette imprevedibili è stata soprattutto l’intransigenza con cui Vladimir Putin ha trattato la questione nei confronti dell’Unione europea.

Le scelte compiute dal capo del Cremlino in questo ambito hanno sempre ricalcato la via dell’ostilità nei confronti del Vecchio Continente: l’ultimo sgarro è stata l’interruzione delle forniture destinate agli Stati membri tramite il gasdotto Nord Stream, l’infrastruttura che collega Russia e Germania e che è stata bloccata a metà della scorsa settimana per “interventi di manutenzione” che Mosca aveva annunciato della durata di “soli tre giorni”. Ad oggi però il flusso di gas verso l’Europa non è ancora ripreso e difficilmente lo farà.

Davvero l’economia della Russia sta andando a picco? I dati

Uno scenario che però sta avendo delle ripercussioni assai severe anche sull’economia di Mosca, che rischia di perdere quello che a oggi è suo il cliente più importante per quanto riguarda l’esportazione del gas. Nonostante gli apparati statali russi continuino a descrivere la situazione del Paese come florida e in crescita, un recente studio condotto da cinque ricercatori dell’Università di Yale ha mostrato come il combinato dei mancati introiti dell’export unito agli effetti delle sanzioni e al ritiro di centinaia di aziende occidentali stia mettendo in ginocchio le finanze del Cremlino.

Infatti dallo scorso 24 febbraio – giorno dell’invasione su larga scala dell’Ucraina che ha scatenato il conflitto armato – i dati dell’economia russa vanno a picco. Il rublo ha perso oltre un quarto del suo valore rispetto al dollaro. Il mercato azionario è crollato, con conseguente sospensione delle transazioni alla Borsa di Mosca. Infine anche il Pil scenderà in maniera drastica: se le previsioni di crescita del 2,5% erano già state riviste ad un calo di quasi il 10%, ora le stime parlano di una contrazione nel 2022 che sfiorerà il 15%, mandando in fumo centinaia di miliardi di rubli.

Mosca in ginocchio, ma non del tutto: le speranze di Putin per il gas

L’unico dato positivo per Vladimir Putin lo ha pubblicato di recente il settimanale inglese The Economist. Citando una vasta gamma di fonti, il periodico britannico sottolinea come ci sarebbero già oggi due aspetti che porterebbero a considerare come, alla fine dei conti, l’economia della Russia non se la starebbe cavando poi così male. Entrambi riguardano proprio la vendita del gas all’estero.

Il primo fattore rassicurante per Mosca scaturisce dal fatto che – vista la disponibilità di gas ai limiti dell’infinito su cui può contare la Russia – l’economia statale non subirà nessun contraccolpo dall’assenza dei Paesi europei tra i propri clienti. Questo anche perché l’orizzonte del Cremlino sarebbe rivolto a Est, andando a stringere nuovi accordi con i leader asiatici quali Cina e Corea del Nord. Un quadro che renderebbe tutto sommato inutile – e qui subentra il secondo fattore – anche il price cap europeo ipotizzato di recente dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.