Guerra lenta, Nato e Ue rafforzate. I pericolosi errori di Putin

La situazione in Ucraina si aggrava e mette in evidenza gli errori di calcolo di Putin. Che ora è in un vicolo cieco e, per questo, ancora più pericoloso.

Nei piani di Vladimir Putin doveva essere una guerra lampo, con ribaltamento del governo Zelensky e roposizionamento dell’Ucraina nell’alveo delle sfera d’influenza russa. Ma la resistenza locale ha cambiato le carte in tavola, ed ora la Russia rischia seriamente di restare impantanata sul territorio nemico senza poter più tornare indietro. Per di più con un inatteso isolamento internazionale e coi nemici giurati, Nato e Ue, quanto mai rinsaldate invece che frammentate. Una serie di errori di calcolo che rendono la situazione ancora più delicata.

La guerra lampo non c’è stata

L’idea di rovesciare velocemente il governo ucraino si è subito scontrata con la realtà delle cose. E quand’anche le truppe russe occupassero nelle prossime ore la capitale Kiev, resterebbe da controllare un paese enorme, più grande della Francia, con il rischio di una guerriglia strada per strada e casa per casa che sarebbe difficile da sostenere per il Cremlino. Se l’intenzione originaria era quella di mettere l’Occidente davanti al fatto compiuto e di lì trattare, il piano è fallito anche grazie all’intervento di chi, da Ovest, ha rifornito a dovere la resistenza ucraina. Ed ora trattare senza Zelensky diventa più difficile, vista anche la legittimazione che lo stesso si sta costruendo nelle istituzioni occidentali.

Accerchiamento economico

Per di più le sanzioni economiche, prima fra tutte l’esclusione dal sistema SWIFT, rischiano seriamente di mettere in ginocchio la già fiacca economia russa. Di certo l’isolamento finanziario pesa, anche se la non ben definita posizione cinese lascia aperte diverse strade. La strategia dell’isolamento economico, in ogni caso, ha una doppia valenza: far pesare il costo della guerra alla Russia e soprattutto alimentare il dissenso interno. In questo senso anche l’isolamento sportivo e culturale punta a creare scontento nella popolazione russa e di conseguenza indebolire ulteriormente il consenso per Putin. Che regge ancora anche grazie al fatto che Mosca può evidenziare alla propria opinione pubblica come l’Occidente non abbia mai mosso un dito per i massacri perpetrati nel Donbass ma si sia subito mosso per l’Ucraina.

Nato e Ue rafforzate

Di certo la pluriennale strategia del Cremlino per frammentare l’Unione Europea ha clamorosamene fallito: l’azzardo di Putin ha risvegliato il Patto Atlantico, di nuovo punto di riferimento difensivo. E soprattutto ha creato per la prima volta una unità d’intenti all’interno dell’Ue, che ora rappresenta un problema in più per la nomenclatura russa. Ne esce invece a pezzi l’Onu, che ha fatto un po’ la stessa figura dell’Oms sul fronte Covid: evanescente.

Rischio escalation

Ciò che è evidente ora è che Putin si è spinto troppo in là, ed ora capire cosa fare non è facile. Sia perchè l’Occidente non vuole entrare direttamente nella contesa, sia perché non è chiaro quali possano essere i migliori interpreti per un negoziato vero. Una situazione esplosiva che mette Europa e Usa davanti ad un dubbio atroce: se la Russia non sfonda militarmente, occorrerà probabilmente lasciare una via d’uscita a Putin, sia sul piano della salvezza personale che su quello di una non umiliazione del paese. Scelta non facile ma da tenere in considerazione, tenendo conto di quanto possa essere pericoloso un uomo con le spalle al muro e l’arsenale atomico.

Il fruolo degli oligarchi per una ‘operazione valchiria’

Ciò che molti auspicano – e le sanzioni vanno anche in questa direzione – è un putsch interno che possa rovesciare Putin per mano russa. Qualche falla nell’esercito e nei servizi d’informazione c’è, ma ovviamente non è facile pensare ad un regicidio immediato. Un ruolo fondamentale in questo senso può essere quello degli oligarchi russi, arricchitisi enormemente grazie a Putin ma ora privi di margine operativo in Europa e con i patrimoni intaccati dalla svalutazione. Potrebbe essere il loro peso a costare a Putin il potere, ma qui siamo anche nel campo del cosiddetto ‘wishful thinking’.

Tre opzioni

Secondo Thomas Friedman (Nyt) ci sono solo tre scenari, a questo punto.

  • Il primo è che Putin cerchi di trasformare un’invasione in un’occupazione, con un governo fantoccio a Kiev, debole e inviso dalla popolazione, sottoposto a ogni sorta di embargo, tenuto in piedi solo dalle armi russe, con guerriglia continua interna: un Afghanistan in Europa, insomma, e una polveriera a rischio nucleare.
  • Il secondo è uno “sporco compromesso”, come lo chiama Friedman: si lascia a Putin il Donbass, l’Ucraina non aderisce alla Nato, si mette fine alle sanzioni. Scenario difficile, dice Friedman, perché l’Ucraina dovrebbe rinunciare a una parte del suo territorio, e Putin al suo mito della Grande Russia riunificata.
  • Terzo scenario, i russi fanno cadere Putin date le sanzioni durissime, il crollo del rublo, gli oligarchi spiazzati.