Putin, ammissione a sorpresa sulle sanzioni: ora stanno funzionando?

Lo stesso presidente ammette che la Russia sta vivendo "colossali difficoltà" a causa delle sanzioni decise dai governi dei Paesi occidentali

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Per la prima volta dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin mostra segni di debolezza. Lo Zar ha ammesso che Mosca sta vivendo “difficoltà colossali” nel reperimento di prodotti tecnologici a causa delle sanzioni imposte dall’Occidente. Si tratta di una “sfida importante” per il Paese, che dovrà trovare in tempi brevi una soluzione all’embargo sulle componenti necessarie a mandare avanti l’industria. Il capo di Stato ne ha parlato durante il Consiglio per lo sviluppo strategico e i progetti nazionali.

“È chiaro che non possiamo svilupparci isolati da tutto il resto del mondo”, ha sottolineato Vladimir Putin. Aggiungendo tuttavia che oggi è “impossibile creare barriere” a livello globale, e che la Russia si rivolgerà a nuovi partner per fare fronte al periodo nero che si profila per le imprese e l’economia nazionale. È dunque un segnale che le sanzioni stanno effettivamente avendo l’effetto sperato e serviranno per far finire la guerra in Ucraina in tempi brevi?

Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno imposto severe sanzioni economiche e diplomatiche alla Russia. Mirate principalmente a isolare il Paese dai mercati internazionali, colpire la filiera industriale necessaria per portare avanti la guerra e limitare l’accesso alle tecnologie più avanzate.

Apple, Microsoft, Intel e altre big tech hanno abbandonato l’Est lasciando Mosca senza alternative interne. A causa delle misure decise dal blocco Nato, l’economia russa vedrà una contrazione del 15% durante il corso del 2022, cancellando 15 anni di storia, come ha sottolineato l’Istituto Internazionale di Finanza lo scorso mese.

Tuttavia non tutti i settori sono stati colpiti nello stesso modo dalle sanzioni. Dopo un’iniziale battuta di arresto, la macchina da guerra messa in campo dal Cremlino ha recuperato terreno in Ucraina, e l’inflazione ha colpito le economie occidentali, con un effetto domino che ha innescato forti disagi per tutta la popolazione del Primo Mondo. Strategia fallimentare, dunque, visto il boomerang che si è abbattuto su Ue e Usa? Vediamo i dati.

Le sanzioni in Russia stanno funzionando? Solo in parte

L’inflazione in Russia è arrivata al 17% nel mese di maggio. Nello stesso anno la produzione di veicoli è crollata del 97% rispetto all’anno precedente. La riserva valutaria, cioè il deposito di moneta straniera controllato dalla banca centrale, che ammonta a circa 300 miliardi di dollari, è congelata. Il settore informatico è in ginocchio. Il Cremlino non è stato in grado, per la prima volta dopo oltre 100 anni, di pagare il debito, andando in default tecnico.

Le importazioni sono ai minimi storici, e centinaia di compagnie hanno lasciato il Paese di propria iniziativa. Dai dati delle altre nazioni sugli scambi commerciali con la Russia, sappiamo che le esportazioni dai Paesi sanzionatori sono scese del 60% e dagli altri del 40%. Non sembrano esserci al momento alternative per alcuni prodotti occidentali se non quello di produrli internamente, con un processo molto lungo e dispendioso, o importarli dalla Cina, che tuttavia non sembrerebbe intenzionata a rovinare i rapporti con l’Occidente.

Ma allo stesso tempo i profitti dalla vendita dei combustibili fossili, grazie ai prezzi sempre più alti e agli accordi siglati con India e Cina, sono decollati. La Russia è anche riuscita a ristabilizzare il rublo, dopo un’iniziale crisi, evitando il collasso del sistema finanziario. Le previsioni sul Pil e sull’inflazione sono migliorate notevolmente rispetto all’inizio della guerra. La disoccupazione sarebbe ai minimi storici dallo scioglimento dell’Urss.

Il Cremlino non ha mascherato grande soddisfazione per l’inflazione galoppante in Occidente, che ha portato il costo dell’energia, dei carburanti e del cibo a crescere a dismisura. E le crisi politiche nel Regno Unito, con le dimissioni di Boris Johnson, e in Italia, con le dimissioni di Mario Draghi e i possibili scenari futuri di cui vi abbiamo parlato qua, sono state interpretate a Mosca come un segno di debolezza da parte dei Paesi membri della Nato, incapaci di fare fronti alla crisi globale nonostante il blocco compatto contro la guerra in Ucraina.

La partita comunque si gioca sul lungo termine. E sarà solo il tempo a dire se effettivamente le sanzioni serviranno a sconfiggere la Russia con una guerra economica parallela o se Vladimir Putin riuscirà, con il supporto di India e Cina, ad affrontare le “colossali difficoltà” di cui ha finalmente ammesso l’esistenza. I due Paesi, tra l’altro, potrebbero essere colpiti da un giro di sanzioni secondarie, anche se è improbabile che l’Occidente arrivi a rovinare i rapporti con l’Oriente in questa fase così delicata.

Per gli analisti l’economia russa non sarà distrutta dalle sanzioni. Ma continuerà a essere isolata a lungo, considerando che circa 40 stati, che da soli rappresentano oltre la metà dell’economia mondiale, hanno varato misure contro Mosca. Tra queste l’embargo sull’energia, il divieto sugli scambi di oro e tecnologie, il congelamento degli asset finanziari e l’esclusione dal sistema Swift, il veto sui voli.

Il nodo sul settore energetico e il punto debole di Mosca

Le sanzioni sull’energia sembrano non aver avuto particolare impatto sull’economia russa. Anzi, le esitazioni iniziali da parte dell’Europa, che non ha ridotto significativamente le importazioni, l’aumento dei prezzi delle materie prime e la dipendenza energetica di molti Paesi dal gas e dal petrolio di Mosca hanno solo dato nuove opportunità al Cremlino.

Nei primi 100 giorni di guerra in Ucraina, la Russia ha venduto combustibili fossili per 93 miliardi di euro, di cui circa 57 miliardi di euro sborsati dall’Ue. Ora arrivati a circa 66 miliardi di euro. L’India inoltre importa circa 5 volte più energia rispetto al passato dalla Russia, la Cina più del doppio. Per questo durante l’ultimo vertice del G7 in Germania si è discusso del price cap, come spiegato qua, che permetterebbe di colpire esclusivamente l’economia Russia senza causare problemi nelle forniture di gas e petrolio nel resto del mondo.

Tuttavia anche il settore energetico sta risentendo dell’assenza di microchip e altre componenti necessarie al suo buon funzionamento, ed è possibile che anche quest’importante e strategica filiera venga messa in ginocchio dalle sanzioni occidentali. Il cui impatto sull’economia reale della Russia è ancora tutto da valutare. Ciò che è certo è che gli equilibri mondiali non saranno più gli stessi per molto tempo.