Le previsioni dell’impatto sull’economia sono a dir poco disastrose. Dopo Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa, è allarme peste suina anche in Italia (qui i sintomi, come si trasmette e quali rischi per l’uomo). Alcuni casi sono stati riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria, ma non è stato riscontrato nessun caso di contaminazione nei maiali invece.
La sorveglianza contro la peste suina africana, tra le più grandi preoccupazioni in campo zootecnico, è attiva da tempo all’Istituto Zooprofilattico di Torino, dove ogni anno vengono analizzati oltre 200 campioni di suinidi. Sono 114 – 78 in Piemonte e 36 in Liguria – i Comuni inseriti dal Ministero della Salute nella “zona infetta” da Peste suina africana (qui l’elenco completo di tutti i comuni coinvolti, in cui sono state vietate diverse attività).
Il focolaio ha letteralmente scatenato il panico tra gli allevatori di suini in Piemonte, dove le aziende sono oltre 1.600, con oltre 1,2 milioni di capi, e che salgono addirittura a 3mila se si considera l’intera filiera, con un fatturato che solo nel 2021 è stato stimato in oltre 400 milioni di euro.
Quali danni all’export
Le autorità competenti di Cina, Giappone, Taiwan, Vietnam e la vicina Serbia hanno già disposto il blocco dell’import di carni suine italiane e si temono ulteriori restrizioni, se non addirittura un embargo. Le principali tipologie di prodotti esportati sono prosciutti stagionati, disossati, speck, coppe e culatelli.
Secondo quanto riportato da Confagricoltura, le esportazioni italiane del settore si attestano attorno a 1,7 miliardi di euro l’anno, di cui oltre 500 milioni destinate fuori dai confini dell’Unione europea. L’Associazione industriali delle carni e dei salumi (Assica) ha stimato un danno all’export quantificabile in almeno 20 milioni di euro per ogni mese di sospensione delle esportazioni.
Quali danni al turismo
Un durissimo colpo che non riguarda peraltro solo in modo diretto la filiera agricola e zootecnica, ma anche quella turistica. Soprattutto in Liguria. “L’entroterra ligure non è solo una risorsa da difendere ma anche un’opportunità di sviluppo sostenibile per la nostra regione” ha rimarcato l’assessore regionale allo Sviluppo economico Andrea Benveduti.
Il lockdown di 6 mesi nei boschi per limitare il diffondersi del virus suino stabilito dall’ordinanza emanata dal Ministero della Salute impatterà inevitabilmente sull’economia della zona, causando un contraccolpo finanziario pesante.
“Dobbiamo evitare in ogni modo che questo provvedimento determini danni irreparabili per i paesi dell’entroterra della Liguria, in una regione che, grazie al clima e ad un ambiente stretto tra le montagne e il mare, è caratterizzata da un turismo attrattivo tutto l’anno grazie proprio a questo genere di attività all’aria aperta”.
Quali danni al lavoro
Senza dimenticare il lavoro. Sulla base di esperienze nazionali, in primi quella della Sardegna, ed estere, i possibili scenari conseguenti all’introduzione dell’infezione nel cinghiale, incluso l’impatto sulla suinicoltura e, in generale, sull’economia italiana, sono molto allarmanti.
La stima realistica è che per un solo focolaio di PSA si rischierebbe la perdita di oltre 5mila posti di lavoro.
Una riforma della legge sulla fauna selvatica
L’8 gennaio il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa avevano fatto presente che è necessario che le istituzioni preposte riprendano definitivamente in mano la legge 157/92 per adeguarla alle esigenze attuali con una riforma radicale della legge sulla fauna selvatica.
Con le norme attuali e la carenza di personale per il controllo non si è più in grado di contrastare il fenomeno della proliferazione dei cinghiali, spiegano, che in effetti sempre più spesso vediamo vagare anche in città, ai margini delle strade e persino tra i cassonetti dei rifiuti.
A dicembre la Giunta regionale del Piemonte aveva adottato per la prima volta una delibera che estende la possibilità per la stagione venatoria 2021-2022 di applicare dei piani di prelievo numerico-selettivi della specie cinghiale per il periodo compreso tra il 1° ed il 31 gennaio.
Ristori in arrivo per chi è danneggiato dai divieti?
“La situazione della peste suina sta destando grande preoccupazione, soprattutto alla luce di un grande mercato italiano di export della carne di maiale che vale 6 miliardi di euro” ha commentato il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, che fa sapere di aver parlato con il ministro delle Politiche agricole Patuanelli e con il sottosegretario Costa, e nei prossimi giorni lo farà con il sistema di Federparchi, di Anci e delle Camere di Commercio, per provare a quantificare eventuali danni per chiedere al governo adeguati ristori.
In una lettera firmata dal presidente Giovanni Toti e dal vicepresidente e assessore all’Agricoltura e alla Caccia Alessandro Piana e inviata al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, viene chiesto di attivare in tempi strettissimi un tavolo permanente di monitoraggio coinvolgendo anche le altre Regioni interessate per elaborare le prime stime dei mancati redditi derivanti dal blocco delle attività e predisporre tempestivi e opportuni sostegni per tutti i settori delle economie locali interessati dal provvedimento e investiti da questo grave fenomeno.
Intanto le Regioni colpite chiedono ristori immediati. “È indispensabile che sia attivato quanto prima un meccanismo di ristori per tutte le attività ricettive che hanno sede nelle aree interdette” afferma l’assessore al Turismo della Liguria Gianni Berrino, “e che soprattutto in questo periodo, con l’allungarsi delle giornate e andando incontro alla primavera, vivono dei turisti che praticano attività outdoor come l’escursionismo o la mountain bike”.
Come in Germania, quando Angela Merkel era intervenuta immediatamente con tutti i Paesi importatori di carne tedesca tranquillizzandoli, ora è stata coinvolta la Farnesina per la creazione di una task force ministeriale. “Abbiamo chiesto al ministero degli Esteri di prepararsi” ha detto il sottosegretario all’agricoltura Gian Marco Centinaio.
Nonostante grande preoccupazione, Cia-Agricoltori italiani ribadisce che le misure di bio-sicurezza degli allevamenti italiani hanno standard molto elevati, che verranno ulteriormente rafforzate nelle prossime settimane per tutelare le aziende zootecniche.