Misure importanti, essenziali, ma non sufficienti. Nonostante i nuovi sostegni messi in campo dal governo Draghi nel decreto Aiuti ter, rischiamo di andare incontro a una “pandemia energetica” negli ospedali italiani. La crisi energetica sta picchiando durissimo, come non era mai accaduto, spinta dalla guerra della Russia di Putin contro l’Ucraina, ridefinendo gli equilibri internazionali e costringendoci, intanto, a fare i conti con una seconda pandemia, dopo quella Covid.
Il conto energetico per le aziende sanitarie è salatissimo: è raddoppiato, e i prossimi mesi potrebbero essere anche peggio. “Dal governo è arrivato uno stanziamento importante per aiutare gli ospedali e le aziende sanitarie a fronteggiare una nuova straordinaria emergenza che ha i caratteri di una pandemia energetica” spiega il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore.
Come funziona l’aiuto del Governo per gli ospedali
L’Esecutivo è intervenuto a favore degli ospedali prevedendo un aumento di 400 milioni di euro del fondo destinato al Servizio sanitario nazionale, proprio allo scopo di contribuire ai maggiori costi determinati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche, e anche al perdurare degli effetti dell’emergenza Covid. Ma non basta.
Per l’energia elettrica, il Governo prevede uno sconto del 30% sulla spesa sostenuta tra ottobre e novembre 2022 alle imprese energivore con contatore da 4,5 kW in su. Il provvedimento è già vigente ma va trasformato in legge in Parlamento.
Il credito di imposta pari al 30% viene erogato comprovando il consumo con le relative fatture d’acquisto, e a fronte di un valore medio della spesa del terzo trimestre 2022, al netto delle imposte, cresciuto di oltre il 30% del corrispondente prezzo medio riferito allo stesso trimestre dell’anno 2019.
Entro 60 giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il beneficio, cioè entro gennaio 2023, il venditore invierà a richiesta del cliente una comunicazione riportante il calcolo dell’aumento di costo e l’ammontare del credito d’imposta spettante, utilizzabile solo in compensazione di altre imposte. L’impresa, per godere dell’agevolazione, deve rifornirsi di energia elettrica dallo stesso venditore di tre anni prima.
Ma non è solo un problema di bilanci, spiega Migliore, ma soprattutto di servizi essenziali per i cittadini. Gli ospedali non possono spegnere tac e macchinari per risparmiare e non possono ridurre le prestazioni.
Qui lo speciale di QuiFinanza su cosa accadrà in inverno e come risparmiare.
Cosa serve fare
I 400 milioni previsti dalla misura “non bastano, ma sono un segnale importante, anche perché destinati esclusivamente alle aziende del servizio sanitario nazionale e non genericamente agli enti locali come in passato”. Dalla prossima settimana le Regioni definiranno i criteri di ripartizione di questo fondo aggiuntivo per garantire a tutte le aziende sul territorio nazionale di far fronte al caro-energia e non vanificare gli sforzi di rilancio del sistema sanitario dopo due anni così difficili, conclude il presidente di Fiaso.
Proprio la Federazione che riunisce gli ospedali italiani aveva chiesto con forza un contributo extra per contrastare i maggiori costi sostenuti dalle aziende per effetto dell’incremento del prezzo dell’energia.
Già all’inizio dell’anno Fiaso aveva stimato un incremento della bolletta energetica pari al 30%, chiedendo lo stanziamento di risorse straordinarie pari a 500 milioni di euro per fronteggiare le maggiori spese e alleggerire l’impatto sui bilanci delle aziende in una fase in cui occorre, invece, dare maggiore slancio alle attività e agli investimenti post pandemia. La richiesta non era passata inosservata: il Governo aveva deciso di finanziare maggiori risorse pari a 200 milioni di euro.
Ma gli aumenti sono stati tali che quelle cifre non bastano più. Fiaso ha chiesto infatti un contributo adatto a garantire la copertura totale delle spese aggiuntive per la bolletta. “La stagione post-emergenziale richiede la disponibilità di tutte le risorse possibili per recuperare le prestazioni sospese e far fronte agli impegni presi con i cittadini, compresa la realizzazione di progetti previsti dal Pnrr” aggiunge Migliore.
Oltre alle maggiori spese per l’energia, Asl e ospedali dovranno far fronte agli importi contrattuali lievitati da parte delle aziende fornitrici di servizi che, in qualche caso, stanno già chiedendo la revisione dei prezzi.
Il risparmio energetico, inoltre, per quanto possibile – conclude Migliore – negli ospedali è marginale perché è estremamente difficile ridurre il consumo energetico, considerando il grande numero di macchinari che devono necessariamente essere attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 come gli apparecchi di radiodiagnostica, tac e pet e il necessario funzionamento delle sale operatorie e delle terapie intensive su cui non ci possono essere risparmi.
Il problema dei dentisti
Un altro problema che riguarda le misure messe in campo per la sanità riguarda l’ambiguità del termine “imprese”. A sollevare la questione è il segretario dell’Associazione Italiana Odontoiatri Danilo Savini.
Tra le imprese con contatore tarato da 4,5 kW in su c’è in pratica il 100% degli studi odontoiatrici semplici o associati, spiega Savini, che confida nel fatto che il termine “impresa” inserito nel decreto non si riferisca alle sole aziende iscritte alla Camera di commercio, ma si estenda agli studi professionali odontoiatrici semplici o associati, che dopo i lockdown forzati nel 2020 causa pandemia stanno vivendo ora “un secondo grande inverno”.
In caso contrario, avverte Savini, “ci troveremmo di fronte ad un provvedimento lesivo della concorrenza e dovremmo prendere subito provvedimenti per farci sentire. Rispetto alle imprese noi odontoiatri, accanto ad altre realtà professionali, siamo entità assolutamente equiparabili per i processi produttivi messi in atto. Per di più, siamo la spina dorsale delle cure in un contesto dove la sanità pubblica di cure non ne eroga, se non marginalmente”.
“Se la lettura che riscontreremo in questi giorni non fosse quella logica e consequenziale – conclude il presidente nazionale Aio Fausto Fiorile – il Decreto Aiuti Tre si rivelerebbe provvedimento fortemente anti-concorrenziale che, in vista della conversione in legge, ci costringerebbe ad azioni istituzionali forti e anche clamorose per far sentire la nostra voce e far capire per l’ennesima volta che il mondo delle libere professioni ordinistiche è la terza gamba tra il mercato ed il cittadino, che permette il primo e protegge il secondo”.