Un’Italia unita nel segno dell’inflazione: è questo il quadro delineato dall’analisi realizzata dall’Unione nazionale consumatori sulla base dei dati diffusi dall’Istat. Da Nord a Sud il costo della vita segna un aumento record, registrato allo stesso livello soltanto nel 1991, più di trent’anni fa. La cause sono molteplici e vanno dalle tensioni geopolitiche generate dalla guerra in Ucraina allo stallo di occupazione e produttività.
La mappa dei livelli d’inflazione evidenzia un fenomeno diffuso (qui abbiamo parlato dell’aumento record dei prezzi: quanto spende in più una famiglia), ma particolarmente pesante in alcune aree dello Stivale. Tra queste spicca il Mezzogiorno, in particolare la Sicilia. La classifica delle città italiane più care presenta però non poche “sorprese”.
Il primato della Sicilia: quanto pesa l’inflazione
Come riporta Truenumbers, a fronte di un costo della vita in crescita in Italia del 5,7% in febbraio, è in Sicilia che si registra il dato più alto: 6,8%. In particolare, il record spetta alla provincia di Catania, dove si è toccato il +7,4%. Un aumento record dei prezzi è stato segnalato anche nelle altre aree più popolose dell’isola, e cioè a Palermo e Messina (+6,9%). A complicare la situazione concorrono anche altri fattori, tra cui redditi e occupazione più bassi rispetto al resto del Paese.
L’aumento dei prezzi è però alto anche in altre province del Sud Italia, il che aumenta ulteriormente il divario con le zone più ricche situate perlopiù al Nord. Oltre alle province siciliane, nella top 10 dell’inflazione figura anche Avellino col 6,6%.
E al Nord? La classifica delle province più care d’Italia
Oltre a Catania, Palermo, Messina e Avellino, il resto della top ten delle province più care del nostro Paese comprende tutte città del Settentrione.
- Catania: 7,4%
- Imperia: 7,1%
- Piacenza: 7%
- Palermo: 6,9%
- Messina: 6,9%
- Bolzano: 6,8%
- Trieste: 6,7%
- Forlì-Cesena: 6,7%
- Padova: 6,6%
- Avellino: 6,6%
Anche il prosieguo della classifica annovera esclusivamente province del Centro-Nord. A partire dall’undicesimo posto di Modena (5%), a pari merito con Pisa e seguita da Torino, Cuneo e Lodi (4,9%), da Bergamo, Reggio nell’Emilia e Macerata (4,8%) e da Como (4,7%) e Cremona (4,6%).
Perché aumentano i prezzi
I motivi alla base dell’aumento del carovita sono vari e differenziati per aree geografiche e province. A Catania, ad esempio, incide molto l’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari (quando fate la spesa, occhio alla shrinkflation: ecco cos’è), che ha raggiunto il 7,9% contro una media italiana del 4,8%. A Bolzano, invece, pesa di più il divario tra il rincaro delle bollette (elettricità, gas, acqua).
A febbraio l’inflazione media italiana in questo settore è stata del 27,4%, mentre in Alto Adige ha raggiunto il livello record del 38,5%. Nel comparto dei trasporti esistono invece minori differenze geografiche. I divari maggiori, rispetto al +9% nazionale, si collocano in Friuli-Venezia Giulia e sono rappresentati dal +11,9% di Trieste e dal +12% di Gorizia.
Dove il costo della vita è più basso e perché
Dai dati emerge però inevitabilmente anche una parte d’Italia meno colpita dall’inflazione, ma pur sempre a livelli superiori a quelli registrati negli ultimi dieci anni. Il carovita dà comunque un po’ più di respiro al Nord-Ovest.
A livello regionale, a febbraio l’aumento dei prezzi è stato del +5,3% in Lombardia e del +5,1% in Piemonte. A livello provinciale invece Cremona e Como, con un incremento dei prezzi del 4,6% e del 4,7% sono le zone del Paese che sembrano meno in affanno.
Ma perché i prezzi aumentano meno nelle province del Centro-Nord? La risposta principale è nel minor incremento dei costi nel settore dell’energia. A Torino sono cresciuti del 23%, il 4,4% in meno rispetto alla media italiana. A dare una mano sono anche i prezzi dei prodotti alimentari: a Pisa sono saliti “solo” dell’1,8%, a Cremona del 2,3% e a Macerata del 2,4%.