Sull’efficienza energetica e la lotta al cambiamento climatico l’Europa sceglie di giocare d’anticipo. La Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo ha approvato la cosiddetta direttiva Ue sulle case green per introdurre tutta una serie di limiti al consumo e di miglioramenti delle prestazioni energetiche di appartamenti e condomini.
Una delle novità più discusse, e controverse per via della brusca accelerazione delle tempistiche, riguarda il divieto di installare caldaie a gas, quelle che abbiamo quasi tutti in casa, per intenderci. Il testo passerà in discussione al Parlamento europeo il prossimo marzo e, dopo l’approvazione definitiva, i Paesi membri avranno due anni per recepirla.
Anche se non c’è ancora nulla di certo, Bruxelles sembra intenzionata ad anticipare i tempi, rispetto ai precedenti piani che fissavano la data clou al 2026.
Caldaie a gas vietate: quando e per chi
Tradotto, il vero e proprio divieto di installare caldaie a combustibili fossili potrebbe scattare già nel 2025. Naturalmente, lo stop riguarderà soltanto le nuove costruzioni o gli immobili in ristrutturazione. Nessuno di noi dovrà dunque sostituire il vecchio impianto a gas, a meno di ristrutturazioni della casa in cui viviamo. Allo stesso modo, verrà decretato uno stop ai bonus per l’acquisto di caldaie a gas, questo forse già dal 2024.
Parallelamente, vengono incentivati sistemi a basso impatto ambientale, come le pompe di calore elettriche, l’idrogeno, o sistemi ibridi che prevedono sia la tradizionale combustione di un gas che l’uso della pompa di calore (qui le alternative più efficienti ed economiche alla caldaia a gas).
La domanda che in tanti ci state facendo è: ma ne vale davvero la pena? La risposta sembra a tutti gli effetti affermativa. Ecco qualche dato, per capire di cosa stiamo parlando.
Come rileva l’Eurostat, nel terzo trimestre del 2022, le emissioni di gas serra dell’economia dell’UE sono state pari a 854 milioni di tonnellate di CO2, con un aumento del 2% rispetto allo stesso trimestre del 2021. Questo aumento è in gran parte correlato all’effetto della ripresa economica, che ha portato alla crescita del Pil dopo il forte calo dell’attività dovuto alla pandemia. Rispetto al terzo trimestre pre-pandemico del 2019, le emissioni di gas serra dell’economia dell’UE sono diminuite del 4%, scivolando da 889 a 854 milioni di tonnellate di CO2.
Nell’UE, il Pil è cresciuto leggermente più delle emissioni di gas serra nel terzo trimestre del 2022 rispetto allo stesso trimestre del 2021 (+2% per le emissioni di gas a effetto serra, +3% per il Pil). La maggior parte dei Paesi UE ha registrato una crescita sia del Pil che delle emissioni, ma alcuni sono persino riusciti a ridurre le emissioni mentre il Prodotto Interno Lordo è cresciuto.
Conto termico: cos’è, chi lo può richiedere e quando si risparmia
Quali settori inquinano di più, e quali Paesi
Nel terzo trimestre del 2022, i settori economici responsabili della maggior parte delle emissioni di gas serra sono stati “manifatturiero” (23%), “elettricità, fornitura di gas” (21%), “famiglie” e “agricoltura” (entrambi 14%), seguito da “trasporto e stoccaggio” (13%). Come vediamo, fornitura di gas è al secondo posto, poco dopo l’industria.
Le emissioni nel terzo trimestre del 2022 sono aumentate in 16 dei 27 membri dell’UE rispetto allo stesso trimestre del 2021, indicando una ripresa dalla pandemia. Tra i paesi dell’UE con maggiori emissioni nello stesso periodo di confronto ci sono l’Irlanda (+17%), l’Estonia e Malta (entrambi +8%). D’altra parte, le maggiori diminuzioni delle emissioni sono state registrate in Lituania (-6%), Slovacchia e Paesi Bassi (entrambi -5%).
RSF: cos’è il dispositivo per la ripresa e la resilienza e quali vantaggi sta portando
In occasione del secondo anniversario della creazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), lo strumento chiave al centro del piano per la ripresa NextGenerationEU da 800 miliardi di euro per l’Europa, la Commissione europea ha adottato in questi giorni una comunicazione che fa il punto sui risultati concreti conseguiti finora grazie alla doppia spinta senza precedenti della RRF a favore di riforme e investimenti verdi e digitali negli Stati membri.
“Il nostro piano di ripresa NextGenerationEU è diventato ancora più di una risposta vitale alla pandemia di Covid. Due anni dopo la creazione del fondo, abbiamo già erogato più di 140 miliardi di euro e abbiamo superato i nostri obiettivi di investimento iniziali per le transizioni verde e digitale” spiega la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Ora, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che von der Leyen definisce “brutale”, e una crisi energetica globale, il fondo è diventato un elemento chiave del Green Deal europeo. Il piano sosterrà gli Stati membri nel percorso verso l’azzeramento delle emissioni inquinanti, con l’ulteriore spinta finanziaria di REPowerEU.
Dalla sua creazione, due anni fa, l’RRF ha avuto un impatto trasformativo sulle economie degli Stati membri, ad esempio promuovendo le riforme dei sistemi di giustizia civile e penale in Italia, le riforme del mercato del lavoro in Spagna, il miglioramento degli alloggi a prezzi accessibili in Lettonia, la promozione degli investimenti in offshore rinnovabili in Grecia e consentendo la digitalizzazione di scuole e imprese in Portogallo.
Questi cambiamenti sono resi possibili dall’impianto particolare della RRF, che combina i piani nazionali per le riforme e gli investimenti con priorità e finanziamenti comuni. Esaminando i piani per la ripresa e la resilienza degli Stati membri, si osserva come circa 203 miliardi di euro della dotazione totale contribuiscono a misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030. Circa 131 miliardi di euro contribuiscono a misure per trasformare digitalmente l’Europa economie e società. Circa 138 miliardi di euro sono stati invece dedicati alla spesa sociale e alle politiche per la prossima generazione.
Le riforme proposte dagli Stati membri gettano le basi per i successivi investimenti previsti nei loro piani di ripresa e resilienza, nonché quelli guidati da altri fondi UE, fondi nazionali e, soprattutto, dal settore privato. A medio termine, la Commissione stima che gli investimenti finanziati da NextGenerationEU potrebbero aumentare il Pil dell’Unione europea di circa l’1,5% nel 2024 e stimolare ulteriormente la creazione di posti di lavoro.
Ad oggi, la Commissione ha erogato oltre 144 miliardi di euro nell’ambito del RRF, tra sovvenzioni – 96 miliardi di euro – e prestiti – 48 miliardi -. Von der Leyen ha sottolineato che nella primavera del 2023 gli Stati membri dovrebbero integrare i loro piani di ripresa e resilienza con capitoli REPowerEU, per fornire una risposta congiunta alla crisi energetica globale.
Le riforme e gli investimenti dovrebbero consentire agli Stati membri di eliminare rapidamente la dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verso un’energia pulita.
Le riforme e gli investimenti guidati da REPowerEU realizzeranno anche le sinergie previste dal piano industriale del Green Deal dell’UE. Finanzieranno misure che promuovono l’ecologizzazione dell’industria, sostenendo i progetti industriali dell’UE a zero emissioni, incentivando le tecnologie rivoluzionarie di ricerca e innovazione a zero emissioni e assistendo le industrie a fronte di prezzi elevati dell’energia, anche attraverso agevolazioni fiscali.