PA “lumaca” nel saldare il debito: come accelerare i pagamenti

Nel 2022, secondo i calcoli dlela CGIA, il debito pregresso è ammontato a circa il 43% della spesa corrente. Chi ne risente di più sono le piccole imprese con commesse di piccolo importo

La Pubblica Amministrazione ha un debito nei confronti dei propri fornitori, in gran parte PMI,  di 49,6 miliardi di euro, pari al 2,6% del PIL. Nessun altro paese dell’UE registra un’incidenza così elevata  – in Spagna è pari allo 0,8%, in Francia all’1,5% e in Germania all’1,6% – e quindi, nonostante gli sforzi, la nostra PA continua a essere la peggior pagatrice d’Europa, oltre che l’Italia ad essere fra i Paesi con il debito pubblico più elevato in UE.  E’ quanto sottolinea  l’Ufficio studi della CGIA di Mestre che ha elaborato i dati presentati nei giorni scorsi dall’Eurostat, precisando che in questa cifra sono inclusi i pagamenti di parte corrente, ma non quelli in conto capitale, per i quali si stima un debito residuo di altri 10 miliardi di euro.

Il debito residuo è quasi la metà della spesa corrente

Nel 2022 la Pubblica Amministrazione italiana ha speso complessivamente 171,4 miliardi di euro, di cui 115,2 di consumi intermedi e 56,2 di investimenti pubblici. Ancorché una buona parte dei 49,6 miliardi di mancati pagamenti siano maturati prima del 2022, in linea puramente teorica si piuò affermare che il 43% dei consumi intermedi della PA non sarebbe stato ancora liquidato.

Si pagano le fatture importanti e si asciano quelle di importo minore

Negli ultimi anni, i ritardi di pagamento misurati attraverso l’Indice di Tempestività dei pagamenti (ITP) sono mediamente in calo. Ma secondo la Corte dei Conti, nella PA si starebbe consolidando la tendenza a privilegiare il pagamento veloci delle fatture di importo maggiore e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle di importo meno elevato.

Una modalità operativa che se da un lato mantiene basso il valore dell’ITP, dall’altro penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture di importo nettamente inferiore.

Fra i migliori pagatori il MEF che salda “in anticipo”

Nel 2022, in base all’Indicatore di Tempestività dei Pagamenti (ITP), solo 3 Ministeri italiani su 15 hanno rispettato i termini di legge per i pagamenti delle fatture. Fra i migliori pagatori il MEF (con ITP pari a -1,27), gli Esteri (-4,75) e l’Agricoltura (-4,88), che hanno saldato i propri fornitori in anticipo, tutti gli altri, invece, hanno pagato dopo la scadenza pattuita.

Tra i più ritardatari il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (27,51 giorni di ritardo), l’Università/Ricerca (+38,32) e l’Interno (+49,26).

I pagamenti “lumaca” si registrano soprattutto a livello locale – Regioni, ASL e Comuni – e fra gli Enti del Mezzogiorno, dove i ritardi dei pagamenti assumono dimensioni molto preoccupanti. Tra le Amministrazioni regionali i peggiori sono il Molise, che ha saldato i propri fornitori con un ritardo di 69 giorni, e l’Abruzzo con 74 giorni. Fra le città metropolitane  è “drammatica” la situazionedel Comune di Napoli con 206 giorni di ritardo. Tra i Comuni capoluogo di provincia, le situazioni più difficili si sono verificate a Reggio Calabria (61,43 giorni di ritardo), Chieti (+69,47), Isernia (+93), Andria (+99,09) e Cosenza (+126,25).

Già bacchettati dall’UE, esiste una sola soluzione…

Nel 2020, la Corte di Giustizia Europea ha già ripreso l’Italia per aver violato la direttiva del 2011 sui tempi di pagamento delle PA e, nel 2021, la Commissione europea ha inviato al Governo Draghi una lettera di messa in mora sul mancato rispetto delle disposizioni previste dalla direttiva europea approvata 10 anni fa.

Cosa fare per accelerare i saldi delle fatture?  Secondo la CGIA c’è solo una cosa da fare: introdurre l’istituto della compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Se questo automatismo fosse ingtrodotto per legge, risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni.