Moda italiana alla larga dalla Borsa: in 2022 capitalizzazione in calo

La fotografia scattata dal report dell'Area Studi Mediobanca: i numeri del settore

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Redazione

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Moda italiana lontana dai riflettori della Borsa: solo il 17,5% del fatturato aggregato (12 miliardi) è prodotto dalle undici società quotate del panel, mentre il restante 82,5% (56,6 miliardi) è generato dalle 141 non quotate. E’ quanto rileva L’Area Studi Mediobanca nel nuovo report che aggrega i dati finanziari di 152 società della moda con sede in Italia e fatturato superiore ai 100 milioni.

Moda lontana dalla Borsa

Dopo il rimbalzo del dicembre 2021 (+29,4% sul 2020), la capitalizzazione a fine 2022 chiude in flessione (-14,4% sul 2021), attestandosi a 37,6 miliardi, pari al 5,3% del valore dell’industria della Borsa Italiana, esclusa Prada. Nel primo scorcio del 2023 si evidenzia una ripresa (+15,8% a metà febbraio). Al 15 febbraio, il podio di Borsa è occupato da Prada (15,9 miliardi), Moncler (15,7 miliardi) e Brunello Cucinelli (5,5 miliardi); seguono Salvatore Ferragamo (3 miliardi) e Tod’s (1,2 miliardi). Tutte le altre società del panel registrano una capitalizzazione inferiore al miliardo di euro.

Mediobanca certifica il rimbalzo

Nonostante l’incertezza del contesto macroeconomico e il quarto trimestre influenzato dalla recrudescenza del Covid-19 in Cina, il 2022 ha registrato valori molto positivi. Nel dettaglio, i dati preconsuntivi evidenziano una crescita del giro d’affari nominale a livello aggregato del 20% a 82 miliardi di euro (+21% sul 2019). A trainare i ricavi sono le vendite all’estero, in accelerazione del 24% sul 2021. In progressione anche gli investimenti che dovrebbero attestarsi a un +35%. Per il 2023 si prevede un ulteriore incremento del giro d’affari dell’8% che porterebbe l’aggregato delle Maggiori Aziende Moda Italia a sfiorare i 90 miliardi, all’interno di uno scenario in rallentamento macroeconomico, in un contesto di tassi di interesse che vanno normalizzandosi verso l’alto e con le tensioni inflazionistiche in decelerazione.

Gruppi stranieri, i numeri

Importante la presenza di gruppi stranieri nella moda italiana: 58 delle 152 aziende hanno una proprietà estera che controlla il 43,6% del fatturato aggregato (il 24,2% è francese). L’investitore straniero predilige l’alta gamma: l’87,4% del fatturato aggregato delle aziende a controllo estero è relativo alla fascia lusso (il 58,8% è francese). La proiezione internazionale è una delle caratteristiche più rappresentative delle società manifatturiere della moda: il 73,7% del fatturato complessivo proviene dall’estero, con in testa la gioielleria (80,3%), l’occhialeria (78,0%) e le pelli, cuoio e calzature (76,9%). I produttori di alta gamma (comparti abbigliamento, pelletteria e tessile) si collocano su livelli di export più elevati rispetto a quelli di fascia più economica (73,2% vs 58,2%), dimostrando maggiore capacità di presidiare i mercati esteri. Le prime venti aziende rappresentano da sole oltre la metà del fatturato aggregato.

Al primo posto per ricavi si conferma Prada (3,4 miliardi) che precede Luxottica (3,2 miliardi), consolidata dalla multinazionale EssilorLuxottica, e Calzedonia Holding (2,5 miliardi). Seguono Moncler e Giorgio Armani con un giro d’affari di 2 miliardi ciascuno. In generale, le 152 maggiori aziende della moda con sede in Italia registrano un valore aggiunto pari all’1,3% del PIL nazionale nel 2021 e sono distribuite in prevalenza nel Nord (111 unità), seguito dal Centro (32).