Lavoro, dai precari al salario minimo: cosa ha detto Visco alla Meloni

Le Considerazioni Finali del Governatore sono state un'occasione per fare il punto sul mercato del lavoro e sulla necessità di una riforma radicale

Il calo demografico sta pesantemente condizionando il mercato del lavoro, intrecciandosi con tematiche di natura più sociale, come la gestione dei flussi migratori, che accrescono notevolmente la complessità della gestione di questo mercato. Ne ha fatto cenno proprio ieri il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, parlando anche della piaga della precarietà, dell’importanza della formazione scolastica e e post scolastica, dell’equità delle retribuzioni, dell’ipotesi di fissazione di un salario minimo e di molti altri argomenti collegati, che sembrano convergere su un’unica direttrice: necessaria una riforma radicale.

Il calo demografico svuota il mercato del lavoro

“Nei prossimi decenni la dinamica della popolazione mondiale continuerà a essere fortemente sbilanciata: alla crescita sostenuta nei paesi in via di sviluppo si contrapporrà quella debole o negativa nei paesi avanzati; tra questi l’Italia si caratterizza per un processo di invecchiamento fra i più rapidi“, ha sottolineato Visco, segnalando che “un recupero della natalità dai livelli particolarmente bassi del 2021, per quanto auspicabile, rafforzerebbe l’offerta di lavoro solo nel lunghissimo periodo”.  Qui per approfondire il tema dell’impatto della crisi demografica sul lavoro.

In soli tre anni, dal 2019 il numero di persone convenzionalmente definite in età da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) è diminuito di quasi 800.000 unità. Secondo le proiezioni demografiche dell’Istat, nello scenario centrale entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei.

“Anche nell’ipotesi molto favorevole di un progressivo innalzamento dei tassi di attività dei giovani e delle donne fino ai valori medi dell’Unione europea, nei prossimi venti anni la crescita economica non potrà contare su un aumento endogeno delle forze di lavoro”.

In pensione più tardi

Tutto questo avrà come risvolto della medaglia – ha anticipato il Governatore – un allungamento dell’età lavorativa ed un allungamento dei tempi per la pensione. “Il miglioramento delle condizioni di vita e di salute conseguito negli ultimi decenni potrà consentire a non poche persone di lavorare oltre il limite convenzionale dei 64 anni, in linea con le tendenze già in atto, sostenute anche dalle riforme pensionistiche“.

Necessario sopperire anche con i flussi migratori

Allo svuotamento del mercato del lavoro si dovrà poi sopperire con un aumento ed una corretta gestione dei flussi migratori. Secondo Visco, “gli effetti del calo della popolazione nelle età centrali potranno essere mitigati nel medio periodo, oltre che da un allungamento dell’età lavorativa, solo da un aumento del saldo migratorio”.

“Per gestire i flussi migratori occorreranno politiche ben concepite di formazione e integrazione, indispensabili per l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale e produttivo”. Ne ha fatto cenno anche la Premier Giorgia Meloni.

Stop al lavoro precario e allo sfruttamento

“Nel 2022, con la ripresa sostenuta della domanda di lavoro, è cresciuta notevolmente la trasformazione di contratti temporanei in permanenti”, ha riconosciuto Visco, segnalando però che, ancora troppo spesso, “il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietà molto prolungate“.

La quota di giovani che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento. – ha ricordato il governatore – Troppi, non solo tra i giovani, non hanno un’occupazione regolare“.

“Le forme contrattuali atipiche hanno accentuato la risposta dell’occupazione agli andamenti ciclici dell’economia – ha spiegato Visco – e favorito in molti nuclei familiari l’aumento del numero di occupati, ancorché con salari modesti.

L’ipotesi di un salario minimo

Per Bankitalia, i giovani oggi “non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate”. “La quota di lavoratori con retribuzioni annue particolarmente basse – convenzionalmente inferiori al 60 per cento del valore mediano della distribuzione, pari oggi a 11.600 euro annui –  è ancora salita, fino al 30 per cento, dal 25 degli ultimi anni del secolo scorso. Con la maggiore diffusione del lavoro temporaneo e di quello a tempo parziale è sensibilmente aumentato il numero di quanti oggi hanno un impiego solo per una parte dell’anno”.

Per questo motivo – ha sottolineato Visco – “l’introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale”. Qui per approfondire cosa ne pensa il governo.

Ruolo centrale alla formazione

“Un’economia innovativa richiede una forza lavoro qualificata, con conoscenze adeguate e continuamente aggiornate”, sottolinea Bankitalia, segnalando che la quota di laureati tra le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni è ancora oggi inferiore al 30%, contro una media europea superiore al 40 %.

“Anche le competenze sono spesso insoddisfacenti, come mostrano le indagini prodotte dagli organismi internazionali. In Italia non mancano giovani con elevate qualità professionali e imprese dinamiche e di successo; ma è ancora troppo bassa la quota di quelle che puntano con decisione sulla valorizzazione del capitale umano e delle capacità manageriali”.tra le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni è ancora oggi inferiore al 30%, contro una media europea superiore al 40 %.

“Anche le competenze sono spesso insoddisfacenti, come mostrano le indagini prodotte dagli organismi internazionali. In Italia non mancano giovani con elevate qualità professionali e imprese dinamiche e di successo; ma è ancora troppo bassa la quota di quelle che puntano con decisione sulla valorizzazione del capitale umano e delle capacità manageriali”.