Inflazione giù: ecco cosa aspettarsi per i prossimi mesi

L'impennata dei prezzi si sta dimostrando più "vischiosa" del previsto, nonostante i segni incoraggianti apparsi nei recenti dati

A marzo l’inflazione italiana ha continuato a diminuire in maniera decisa, grazie soprattutto alla dinamica dei prezzi dei beni energetici. Secondo i dati preliminari dell’Istat, diffusi venerdì mattina, nel terzo mese del 2023 l’inflazione si è attestata al 7,7% (dal 9,1% di febbraio) e la misura armonizzata all’8,2% (dal 9,8% di gennaio), registrando un calo superiore alle attese. Il processo disinflazionistico è quindi chiaramente in atto, anche se economisti e associazioni di categoria invitano alla cautela, perchè l’aumento dei prezzi sembra essere più vischioso di quanto immaginato qualche mese fa.

Tensioni sugli alimentari

Permangono infatti tensioni al rialzo nel comparto dei beni alimentari non lavorati, dei tabacchi e dei servizi, “che portano a una nuova accelerazione dell’inflazione di fondo la cui dinamica tuttavia sembra perdere lo slancio che aveva contraddistinto i mesi precedenti”, ha sottolineato lo stesso Istituto nazionale di statistica.

Quale inflazione?

A far notizia è soprattutto la variazione della cosiddetta inflazione “headline”, ovvero l’indice che tiene conto di tutte le categorie di beni e servizi, mentre spesso è utile soffermarsi di più sulle singole componenti o sull’inflazione “core”, un particolare tipo di inflazione che viene calcolata senza tenere conto dei beni soggetti a forte volatilità: dalla misura dell’aumento medio dei prezzi sono esclusi infatti i generi alimentari e i costi dell’energia.

Inoltre, non va dimenticato che esistono due grandi tipologie di inflazione: l’inflazione “vischiosa”, che tende a durare più a lungo e riguarda categorie di spesa come salari, spesa per locazioni, assicurazioni e cure mediche; e l’inflazione “flessibile”, che è più volatile e si applica ad esempio a generi alimentari, energia e automobili, deriva dalla presenza di squilibri fra domanda e offerta.

Effetto energia ma…

“I buoni risultati conseguiti negli ultimi mesi, ottenuti principalmente per il deciso rientro dei prezzi dei prodotti energetici, non debbono, comunque, indurre a trascurare le insidie che si nascondono nel percorso di ridimensionamento dei tassi di variazione dei prezzi – fa ad esempio notare l’Ufficio Studi Confcommercio – Le pregresse tensioni accumulate nei bilanci delle imprese lungo la filiera che collega importazioni, prezzi alla produzione e all’ingrosso, fino al comparto della distribuzione finale, sono ancora presenti”.

Il messaggio che i banchieri centrali stanno facendo passare è che comunque c’è ancora della strada da fare, e che questo percorso sia segnato da grande incertezza per le vicende geopolitiche, macroeconomiche e di stabilità finanziaria. Alla BCE “abbiamo alzato i tassi di 350 punti base in un tempo molto breve, semplicemente perché dovevamo coprire molto terreno per ridurre l’inflazione. Sta iniziando a funzionare, abbiamo appena ricevuto nuovi numeri sia nell’area euro che in l’Italia”, ha affermato venerdì la presidente della BCE, Christine Lagarde.

“Ovviamente dobbiamo fare un’analisi molto sofisticata di questi numeri e cerchiamo di suddividere quanto sia durevoli e quanto soggetto a variazioni e volatilità – ha aggiunto – Per capire davvero quali siano le forze alla base degli aumenti dei prezzi e cercare di misurare quanto terreno dobbiamo coprire”.

Improbabile un raffreddamento persistente

Il consenso tra gli analisti è che sia improbabile che l’inflazione di fondo si raffreddi, almeno nel brevissimo periodo. “Il passaggio dello shock dei prezzi dell’energia sembra destinato a continuare, soprattutto nel settore dei servizi – ha commentato Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING  – Le indagini congiunturali di marzo hanno mostrato una decelerazione delle intenzioni di aumentare i prezzi nel settore industriale, ma nessun segnale di decelerazione nei servizi. La continua decelerazione dei prezzi alla produzione industriale suggerisce che l’inflazione dei beni non energetici decelererà presto, sottraendo un po’ di spinta alla dinamica dell’inflazione di fondo. A conti fatti, potremmo non essere lontani da un’inversione anche nell’inflazione di fondo, ma l’andamento dei salari potrebbe ritardarla un po’”.