Sono 46 mila le imprese italiane che sono concretamente a rischio usura. A dirlo è l’Ufficio studi CGIA sottolineando che queste attività attualmente danno lavoro a circa 500 mila addetti. Si tratta prevalentemente di imprese artigiane, esercenti/attività commerciali o piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Di fatto, questa “schedatura” preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito.
Usura, quante PMI a rischio default?
Per i destinatari di questa misura equivale – scrivono gli artigiani mestrini – ad essere condannati alla “morte civile”; un istituto giuridico diffuso in Europa fino al XIX secolo che al condannato comportava la perdita di tutti i diritti civili e il conseguente allontanamento dalla società. Ricordiamo, infatti, che chi è schedato presso la Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia degli usurai.
Per evitare che questa criticità si diffonda, la CGIA continua a chiedere con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura”. Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità. E’ bene ricordare che gli imprenditori che “finiscono” in questa black list della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda. Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere i pagamenti dei committenti o per essere “caduti” in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi.
Potenziare fondo prevenzione usura
E’ comunque doveroso segnalare che nell’ultimo anno il numero complessivo delle attività segnalate alla Centrale dei Rischi è sceso di oltre 30 mila unità. Questo lo si deve, in particolar modo, all’attività di “prevenzione” innescata dalle significative misure pubbliche di garanzia e dalla moratoria dei debiti per le Pmi introdotte in Italia dal 2020 per contrastare la crisi pandemica che ha aumentato notevolmente lo stock complessivo dei prestiti erogati alle attività produttive. Queste iniziative sono state più volte prorogate. Da ultimo, fino al prossimo 31 dicembre, data oltre la quale, il differimento potrebbe terminare definitivamente.
Una impresa a rischio su 3 è al Sud
A livello provinciale il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 31 marzo scorso, Roma era al primo posto con 12.118 aziende: subito dopo Milano con 8.179, Napoli con 7.199, Torino con 5.320, Firenze con 3.252 e Salerno con 2.987. Le province meno interessate da questo fenomeno, invece, sono quelle che, in linea di massima, sono le meno popolate: come Belluno (con 253 aziende segnalate alla Centrale Rischi), Sondrio (246) e Aosta (197) . Se analizziamo i dati per ripartizione territoriale ci accorgiamo che l’area più a “rischio” è il Sud: qui si contano 50.751 aziende in sofferenza (pari al 34,8 per cento del totale), seguono il Centro con 36.026 imprese (24,7 per cento del totale), il Nordovest con 35.457 (24,3 per cento del totale) e infine il Nordest con 23.798 (16,3 per cento del totale).
Denunce di usura tornano ad aumentare
Sebbene con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria non sia possibile dimensionare con precisione il fenomeno dell’usura, dopo la forte contrazione registrata tra il 2017 e il 2018, successivamente le stesse sono tornate a crescere. Ancorché il numero assoluto sia molto inferiore alle punte registrate nella prima parte del decennio scorso, secondo il Ministero dell’Interno nel 2020 (ultimo anno in cui i dati sono a oggi disponibili), le denunce, a causa della crisi economica causata dal Covid, sono salite a 241 (+26,1 per cento rispetto al 2019). Va altresì segnalato che nel 2020 tra tutti i reati contro il patrimonio, le denunce per usura e le truffe, in particolar modo quelle informatiche, sono state le uniche a registrare una variazione positiva.