Oggi la vaccinazione contro il Covid-19 (così come il risarcimento e l’indennizzo) è fra i temi maggiormente discussi a livello sociale, politico e giuridico. Il ricorso alla produzione e alla somministrazione di vaccini è da ritenersi, senza dubbio alcuno, uno degli strumenti dotati di maggior efficacia e sicurezza, idoneo ad essere impiegato dalla sanità pubblica al fine di garantire un’efficace prevenzione e contrasto alla diffusione delle malattie infettive, in particolare quelle che abbiano già raggiunto il livello di pandemia, come il Covid-19.
La realizzazione di efficaci campagne vaccinali consente di ottenere benefici di enorme entità nei confronti di chi decida di sottoporsi al trattamento, garantendo la possibilità, ove si contragga il virus, di sviluppare una forma meno severa di malattia, caratterizzata dalla totale assenza di sintomi o da una notevole tollerabilità degli stessi.
Il ricorso a tale pratica non risulta, tuttavia, privo di rischi. Sappiamo ormai che possono verificarsi reazioni inaspettate e indesiderate alla vaccinazione, suscettibili di ripartizione in tre specifiche categorie. L’evento avverso, qualificabile come episodio sfavorevole non necessariamente imputabile alla somministrazione, la reazione avversa, ossia una risposta nociva e non intenzionale eziologicamente connessa alla vaccinazione o l’effetto indesiderato, ovvero un effetto non intenzionale connesso al vaccino non necessariamente dotato di potenzialità lesiva.
In un’intervista l’avvocato Erdis Doraci discute riguardo l’obbligo vaccinale, ma anche temi importanti come il risarcimento e indennizzo Covid-19.
Avvocato Doraci, si discute tanto riguardo la Costituzionalità o meno dell’Obbligo Vaccinale, cosa ci può dire a riguardo?
La compatibilità della previsione dell’obbligo a sottoporsi alla vaccinazione rispetto ai precetti costituzionali si è configurata come questione, dotata di notevole rilievo e risonanza, esaminata dalla Corte Costituzionale all’interno di molteplici pronunce (sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018, n. 258 del 23 giugno 1994 e n. 307 del 22 giugno 1990). In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto che una legge contenente l’imposizione di un trattamento sanitario sia da ritenersi compatibile con l’art. 32 Cost nella misura in cui soddisfi specifici requisiti, tra i quali assume particolare rilevanza la previsione della corresponsione di un’equa indennità in favore di chi subisca danni causalmente connessi alla somministrazione, i quali non rientrino nelle normali e tollerabili conseguenze del trattamento.
Cosa accade se chi si sottopone alla somministrazione del vaccino subisce un danno? Qual è la differenza tra indennizzo e risarcimento?
La tutela indennitaria, ritenuta indispensabile dalla Corte Costituzionale e prevista dalla legge n. 210 del 1992, è idonea a coesistere all’interno del nostro ordinamento con un’ulteriore parallela forma di tutela, ossia quella di tipo risarcitorio. Il risarcimento si differenzia dall’indennizzo in quanto presuppone necessariamente che il danno ingiusto subito abbia tratto la propria fonte da un fatto illecito, mentre l’indennizzo può essere corrisposto in virtù del mero accertamento dell’imputabilità della menomazione irreversibile alla somministrazione del vaccino, non richiedendo, ai fini della propria corresponsione, la sussistenza di profili di colpa né l’illiceità del fatto.
Ci parli dell’indennizzo da Covid-19.
Nell’ipotesi del verificarsi di conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla sottoposizione alla vaccinazione, il danneggiato è legittimato a ricorrere cumulativamente ad entrambe le forme di tutela (e, dunque, a richiedere un eventuale risarcimento in aggiunta all’indennizzo) solo qualora il danno sia imputabile ad una condotta colposa assunta da un soggetto coinvolto della procedura. Per esempio un errore compiuto dal medico o dal personale sanitario che abbia proceduto alla somministrazione, nonché in caso di somministrazione di una fiala appartenente a un lotto difettoso.
Nelle restanti ipotesi, invece, risulta accessibile esclusivamente la tutela di tipo indennitario, la quale è disciplinata dall’art. 1 della legge 25.02.1992 n. 210, ai sensi del quale “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.
Sono, pertanto, pienamente riconducibili all’ambito di applicazione di tale disciplina i casi in cui il danneggiato rientri in una delle categorie per le quali previsto l’obbligo di sottoporsi a vaccinazione AntiCovid-19, ossia gli esercenti le professioni sanitarie, secondo quanto prescritto dal decreto legge n. 44/2021, e gli over 50, ai sensi del decreto legge n. 1/2022.
Qual è la strada da seguire e la procedura in tal senso?
Ai fini dell’accesso alla tutela indennitaria è necessario che il danneggiato abbia subito una lesione personale tale da comportare una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, la quale sia imputabile alla vaccinazione eseguita. La relativa procedura trae il proprio avvio dalla presentazione di domanda di indennizzo da parte dell’interessato alla ASL di residenza, la quale provvederà all’apertura della fase istruttoria, nel corso della quale effettuerà i dovuti accertamenti e in esito alla quale invierà il relativo fascicolo alla Commissione Medica Ospedaliera (CMO) competente.
La predetta commissione è incaricata di fissare una visita medica per il danneggiato, al fine di accertare la sussistenza di un nesso causale tra il danno e la vaccinazione, individuare il grado di infermità e valutare la tempestività di presentazione della domanda. Al termine di tali operazioni, il CMO è obbligato a redigere un verbale e a notificarlo all’interessato, il quale potrà, entro 30 giorni, presentare eventuale ricorso dinnanzi al Ministero della Salute.
Cosa accade quando questo si verifica al di fuori dei casi ove il vaccino è obbligatorio per legge?
La tutela indennitaria prevista dalla legge n. 210/92 non risulta limitata ai soli casi in cui il danno abbia interessato un soggetto obbligato a sottoporsi alla vaccinazione, bensì è applicabile anche all’ipotesi in cui la vaccinazione effettuata non abbia avuto carattere obbligatorio ma sia stata meramente raccomandata.
La Corte Costituzionale si è pronunciata numerose volte in merito alle vaccinazioni raccomandate, in particolare tramite la sentenza n. 107 del 2012, nell’ambito della quale ha ritenuto che non vi sia differenza effettiva tra vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni raccomandate, in quanto sia l’imposizione dell’obbligo che il ricorso a forme di persuasione indiretta sono finalizzate alla realizzazione di un comune obiettivo, ossia la garanzia di un’ampia immunizzazione della popolazione.
Pertanto, risulta pienamente comprensibile e condivisibile che lo Stato debba garantire l’erogazione di un equo indennizzo anche nei confronti dei soggetti che non siano stati obbligato a vaccinarsi, poiché è lecito asserire che anch’essi si siano sottoposti alla somministrazione in ragione di esigenze collettive di solidarietà sociale e non solo, quindi, in nome di un beneficio personale.
In conformità a tale orientamento sviluppato dalla Corte Costituzionale, il decreto “Sostegni ter”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 gennaio 2022, ha espressamente esteso l’ambito di applicazione della tutela indennitaria ai casi in cui il danno sia stato subito da un soggetto non obbligato a vaccinarsi, nelle ipotesi, quindi, di vaccinazione meramente raccomandata.
In particolare, il predetto decreto ha confermato lo stanziamento di un fondo pari a 50 milioni di euro per il 2022 e 100 milioni per il 2023 destinato all’indennizzo dei soggetti che riportino danni a seguito della sottoposizione a vaccinazione Anticovid-19, indipendentemente dall’obbligatorietà o meno della stessa.
Quando si ha diritto a un risarcimento quindi?
Oltre all’indennizzo, il danneggiato ha anche diritto a ottenere il risarcimento del danno, qualora il danno subito sia imputabile alla condotta colposa assunta dal personale medico e sanitario incaricato della somministrazione, nonché dalla casa farmaceutica che produca e distribuisca il vaccino.
Nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia subito lesioni personali derivanti dall’inoculazione di una fiala appartenente a un lotto difettoso, il predetto è legittimato ad esperire un rimedio consistente nell’azione di responsabilità per esercizio di attività pericolose ex art. 2050 c.c., la quale, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale ed interpretativo, comprende le ipotesi di danni derivanti dall’attività di vendita e somministrazione di vaccini da parte delle case farmaceutiche.
In tal caso, il danneggiato è vincolato a provare esclusivamente la sussistenza del danno e del nesso causale, mentre l’azienda può fornire la prova liberatoria dell’avvenuta adozione di ogni misura funzionale ad evitare il verificarsi del danno, come l’osservanza dei protocolli di sperimentazione e la predisposizione di un’adeguata informazione circa i possibili rischi.
Altresì, l’interessato può invocare la responsabilità ex art. 2043 c.c. del Ministero della Salute, proponendo domanda risarcitoria nei confronti dello stesso, a condizione che, al momento della somministrazione, fosse conosciuta e/o conoscibile la pericolosità del vaccino e che, alla luce di ciò, il Ministero avrebbe dovuto precludere l’inoculazione, in conformità al principio di precauzione, o consentire la sua esecuzione solo tramite modalità idonee a minimizzarne i rischi.
In collaborazione con Studio Legale Doraci