Ferie non godute: cosa fare a fine anno dei giorni non fruiti

Qual è la disciplina in materia di ferie non godute? Ecco cosa succede realmente al lavoratore

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Tra i diritti del lavoratore troviamo, com’è noto, quello alle ferie. Si tratta di giornate di astensione dal lavoro garantite dalla legge e, in primis, dalla Costituzione – art. 36 comma 3.

Tale diritto è ispirato da ragioni di tutela dell’integrità fisica e psicologica e di protezione della salute del lavoratore subordinato. Infatti un lasso di tempo dedicato al riposo consente il recupero del lavoratore, che sarà quindi pronto ad affrontare un successivo periodo di lavoro.

Ma che succede però in caso di ferie non godute durante l’anno? Cosa fare a fine anno dei giorni di riposo non sfruttati? Vediamo insieme cosa sapere a riguardo.

Diritto alle ferie e norme di legge: il contesto di riferimento

Le ferie non godute consistono in quei giorni di riposo, maturati durante l’anno lavorativo ma non sfruttati dal lavoratore per il riposo. Per legge la scadenza è fissata entro il diciottesimo mese dalla maturazione.

Come vedremo meglio tra poco, questo termine non è però così tassativo come si tende a credere. In effetti il lavoratore può usufruirne anche successivamente, oppure può decidere di ricevere un’indennità sostitutiva alla fine del rapporto di lavoro.

Ricordiamo altresì che non solo nella Costituzione, ma anche in vari testi di legge, troviamo la disciplina delle ferie. Essa aiuta ad orientarsi anche per il caso in cui non siano godute. Il diritto del lavoratore al godimento delle ferie è fissato, in particolare, dall’art. 2109 del Codice Civile e regolato nel dettaglio dal d. lgs n.66/2003 e dal d. lgs 213/2004.

Per espressa disposizione normativa, il lavoratore ha diritto ad almeno quattro settimane di riposo all’anno. Attenzione però, in quanto il numero di giorni di ferie spettanti in concreto, può variare in base al Ccnl di categoria (in base alla qualifica contrattuale e all’anzianità di servizio). In ogni caso tale numero – e scopri qui se il datore può obbligarti alle ferie – non può diminuire andando a pregiudicare un diritto costituzionalmente sancito, quale quello alla salute e alla tutela dell’integrità psicofisica.

Inoltre, il periodo minimo di quattro settimane non potrà essere sostituito da un’indennità per ferie non godute, salvo casi come la risoluzione del rapporto di lavoro o il contratto a termine di durata inferiore all’anno.

Cosa succede a fine anno ai giorni di ferie non fruiti?

Come accennato sopra, di dette quattro settimane almeno due devono essere godute entro l’anno di maturazione, mentre le altre entro i 18 mesi successivi – salvo diverse disposizioni del Ccnl di riferimento.

Per fare un semplice esempio, le ferie maturate nel corso di quest’anno vanno consumate per metà entro l’anno e per l’altra entro il 30 giugno del 2026.

Pertanto a fine anno il lavoratore non perde affatto il diritto alle ferie e i giorni di ferie che ha maturato, ma non ha goduto, permangono.

Per maggior chiarezza ricordiamo anche che ferie non godute maturate tra l’1 gennaio e il 31 dicembre 2022 dovranno essere fruite entro il 30 giugno 2024, mentre le ferie maturate lo scorso anno dovranno essere godute entro entro il 30 giugno del prossimo anno.

E che succede alle ferie non godute dopo i 18 mesi? Ebbene, dette ferie rimanenti non si perdono, perché saranno ancora a disposizione del dipendente. Attenzione però perché per l’Inps è come se queste fossero state utilizzate, e conseguentemente il datore di lavoro sarà gravato dall’obbligo di versare i contributi previsti.

Sanzioni per non aver concesso le ferie

Insieme al versamento dei contributi scatteranno anche delle sanzioni amministrative a carico del datore di lavoro che non ha concesso le ferie, per un ammontare che cambia in base al numero di dipendenti interessati. Ribadiamo infatti che l’azienda è tenuta, entro la data del 30 giugno, a far smaltire ai dipendenti le ferie arretrate e maturate nei due anni precedenti.

L’ammontare delle sanzioni varia in base al numero di dipendenti interessati, in questi termini:

  • da 120 a 720 euro nel caso in cui le violazioni siano relative a un solo anno e riguardano al massimo 5 lavoratori;
  • da 480 a 1.800 euro nel caso in cui le violazioni si siano verificate per almeno due anni e abbiano riguardato più di 5 lavoratori;
  • da 960 a 5.400 euro qualora le violazioni si siano avute per più di 4 anni oppure abbiano coinvolto almeno 10 lavoratori.

Quando pagare le ferie non godute?

Il divieto di monetizzazione non è assoluto. Anzi esso viene meno in alcune circostanze che rendono possibile, ed anzi obbligatorio, pagare le ferie non godute ai lavoratori assunti.

In caso di cessazione dal rapporto di lavoro, un dipendente potrebbe trovarsi ad avere delle ferie accumulate. Ebbene, in queste circostanze non le può smaltire, in quanto gli manca il tempo necessario. Ecco allora che il pagamento delle ferie non godute gli è dovuto.

Per cessazione intendiamo i seguenti casi pratici:

  • licenziamento da parte del datore di lavoro;
  • dimissioni del dipendente;
  • risoluzione consensuale del rapporto;
  • scadenza del contratto a tempo determinato.

Non solo. C’è anche l’ipotesi delle ferie che superano il minimo legale pari a 4 settimane obbligatorie. Un lavoratore potrebbe infatti avere a disposizione ulteriori ferie, fissate dai Ccnl o dai contratti individuali sottoscritti con i singoli lavoratori.

Ebbene, in tale ipotesi la monetizzazione delle ferie non godute è ammesso dalla legge, perché attiene a giorni aggiuntivi al minimo legale. In altre parole, il lavoratore potrà certamente rinunciare a godere delle ferie per avere una busta paga un po’ più corposa.

Ferie non godute per scelta del lavoratore

Ma cosa succede se è il dipendente a rifiutarsi di godere delle ferie? Per rispondere a questa domanda è intervenuta perfino la Corte di Giustizia Europea che ha focalizzato la questione con sufficiente chiarezza. Il riferimento va alle cause C-619/16 e C-684/16.

Se il datore di lavoro riesce a dimostrare la deliberata e piena consapevolezza del dipendente a non volere godere delle proprie ferie, quest’ultimo non avrà diritto ad alcun pagamento nemmeno al termine del rapporto di lavoro. Il rifiuto, dunque, deve avvenire nelle condizioni di perfetto esercizio del diritto e, come detto, deve essere deliberato e consapevole. Il datore di lavoro deve cioè aver messo il lavoratore nella condizione di andare in ferie.