Come funziona il comodato d’uso gratuito

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Pasquale Gangemi

Consulente e agente immobiliare

Specialista d'intermediazione e consulenza rivolta alla compravendita, locazione e valutazione di immobili ad uso residenziale e commerciale. Ha sviluppato esperienza nella scrittura per il web per la definizione dell'andamento del mercato.

Il contratto di comodato d’uso gratuito rappresenta uno dei contratti di concessione di bene mobile o immobile più diffusi. Il comodato è sostanzialmente un’accordo tramite il quale il comodante mette a disposizione del comodatario un bene allo scopo di servirsene per un periodo o per uno scopo specifico. Alla scadenza del termine convenuto, il comodatario ha l’obbligo di restituire il bene ricevuto.

Questa tipologia di contratto è estremamente diffuso sia in ambito privato, in genere tra membri della stessa famiglia, sia in ambito commerciale, specie per l’utilizzo di macchinari o attrezzature. Il comodato è quasi sempre gratuito, a meno che non sia modale o oneroso, ma in questo caso (molto raro) l’onere che il comodante impone al comodatario non deve in alcun modo contravvenire alla gratuità insita nella natura stessa del contratto.

Sebbene non sia obbligatorio, è preferibile mettere sempre questa tipologia di contratto in forma scritta, al fine di tutelare entrambe le parti ed evitare possibili contenziosi futuri, soprattutto nel caso in cui venga consensualmente definito un onere o una modalità specifica di fruizione.

Comodato d’uso gratuito: le caratteristiche essenziali

Oltre al carattere essenziale della gratuità, il comodato d’uso gratuito è definito anche reale (si realizza appunto con la consegna del bene in oggetto) e bilaterale imperfetto, in quanto lobbligazione è a carico del solo comodatario, che deve restituire il bene, mentre il comodante non ha pressoché alcun obbligo, se non quello di risarcire al comodatario i danni causati dagli eventuali vizi che il bene in comodato potrebbe possedere. Il comodato d’uso gratuito, inoltre, ha sempre per oggetto un bene infungibile, ovvero non soggetto a usura o consumo. I tratti essenziali del contratto di comodato d’uso gratuito possono essere così definiti:

  • la consegna del bene, necessaria al perfezionamento del contratto e che può avvenire in qualsiasi forma convenuta (purché abbia effettivamente luogo);
  • l’obbligo della restituzione;
  • la temporaneità del godimento;
  • la specifica destinazione d’uso che il comodatario può fare del bene.

Per sua natura, il comodato d’uso gratuito è sempre temporaneo, ovvero a termine, e la sua durata fissata dalle parti. Se essa non viene fissata si è in presenza di un cosiddetto comodato precario.

Comodato d’uso gratuito: gli obblighi del comodatario

Il comodatario è inoltre libero di restituire il bene in qualsiasi momento e di rispettare ulteriori obblighi, oltre a quello della restituzione al termine del contratto. Egli è infatti tenuto a custodire il bene “con la diligenza del buon padre di famiglia”, non può servirsene per usi diversi da quelli previsti dal contratto né concederne il godimento a terzi. Nel caso in cui non rispetti questi obblighi, il comodante ha il diritto di richiedere l’immediata restituzione del bene e il risarcimento degli eventuali danni. Il comodatario non ha inoltre diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi del bene, ma soltanto di quelle straordinarie sostenute e solo nel caso in cui queste erano necessarie e urgenti per la conservazione del bene stesso. Se per un caso fortuito il bene dovesse perire o deteriorarsi, il comodatario è tenuto al risarcimento dei danni al comodante in caso di propria colpa.

Come registrare un contratto di comodato d’uso gratuito

Il contratto di comodato d’uso gratuito, come abbiamo visto, può essere redatto in forma scritta (preferibilmente) oppure verbale, dunque in genere non prevede alcun obbligo di registrazione. Nel caso in cui si voglia registrare volontariamente il contratto, specie se in caso di beni mobili o di contratti professionali, basterà presentarsi presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Al momento della registrazione l’ufficio restituirà copia dell’atto timbrato e firmato, con tanto di data, fondamentale a fini probatori. Questi i documenti da consegnare al fine di effettuare la registrazione del contratto di comodato d’uso gratuito:

  • 3 copie del contratto (una per l’ufficio e una per ciascuna delle due parti) firmate in originale, su ogni pagina (anche in sigla) e per esteso sull’ultima pagina;
  • 3 marche da bollo da 16€ ogni 4 pagine (o 100 righe) per ciascuna copia con data non successiva a quella della stipula del contratto;
  • Modello 69 adeguatamente compilato e firmato da una delle due parti o eventuale delegato, scaricabile online sul sito dell’Agenzia delle Entrate;
  • Ricevuta del modello F23 attestante il versamento dell’imposta di registro pari a 200€ (codice tributo 109T).

Contratto di comodato d’uso gratuito di beni immobili

Il comodato di beni immobili, se redatto in forma scritta, è l’unico caso in cui il contratto deve per legge essere correttamente registrato con termine fisso, sia nel caso di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, redatta cioè davanti a un notaio, e non autenticata. L’imposta di registro è sempre di 200€ e la sua registrazione deve avvenire entro:

  • 20 giorni dalla data di stipula, in caso di scrittura privata non autenticata;
  • 30 giorni, in caso di scrittura privata autenticata. La registrazione deve essere categoricamente fatta tramite il MUI (Modello Unico Informatico);
  • 60 giorni, nel caso in cui l’atto sia stato redatto all’estero.

In caso di omessa registrazione del contratto di comodato, la questione può essere in genere sanata tramite ravvedimento operoso, a patto che non sia stata già notificata la violazione alle parti interessate con un atto impositivo, come ad esempio un avviso di accertamento o di liquidazione dell’imposta di registro. In caso di mancata registrazione, invece, se la richiesta viene effettuata con un ritardo non superiore a 30 giorni, la sanzione amministrativa può variare tra il 60 e il 120% dell’imposta. Se il ritardo invece supera i 30 giorni la sanzione varia tra il 120 e il 240%.