Ungheria: per l’UE è diventata una autocrazia elettorale

Il Parlamento europeo: "L'Ungheria non è più una vera democrazia". Il paese guidato da Orban è diventato una "autocrazia elettorale"

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Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

E’ di nuovo oggetto di forte attenzione da parte del Parlamento europeo la situazione in Ungheria. Riemerge con forza l’esigenza di porre in essere meccanismi volti a proteggere e rafforzare la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali.

Dal 2016 numerosi sono stati gli interventi, rivolti all’Ungheria, per proteggere efficacemente l’ordinamento giuridico dell’Unione europea, i diritti fondamentali dei suoi cittadini e la sua credibilità internazionale dal deterioramento dei valori dell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea.

Nel settembre 2018 il Parlamento aveva adottato una relazione per delineare 12 aree di preoccupazione e avviare la procedura di attivazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea per determinare l’esistenza di un chiaro rischio di grave violazione dei valori dell’UE in Ungheria.

Nella relazione sullo stato di diritto del 2021, la Commissione europea aveva sottolineato il peggioramento della situazione nel Paese, rilevando il rischio per il pluralismo dei media e la pressione che le organizzazioni della società civile stavano affrontando nei confronti del Governo. Per la Commissione anche la trasparenza e la qualità del processo legislativo ungherese rimanevano fonte di preoccupazione.

Nel luglio 2021 la Plenaria aveva adottato una nuova risoluzione che criticava la legislazione ungherese anti-LGBTIQ, denunciando lo smantellamento della democrazia e dello stato di diritto nel Paese. Ad ottobre dello stesso anno una delegazione del Comitato per le libertà civili si era recata in visita, in Ungheria, per valutare il rispetto per la libertà di stampa e accademica, l’indipendenza giudiziaria, i diritti delle minoranze e il più ampio contesto dello stato di diritto sul campo.

A maggio del 2022 il Parlamento europeo aveva chiesto al Consiglio e alla Commissione di intraprendere ulteriori azioni per affrontare il deterioramento dei valori dell’UE in Ungheria e in Polonia.

In una risoluzione adottata con 426 voti favorevoli, 133 contrari e 37 astensioni, i deputati accolsero con favore il fatto che la Presidenza francese aveva ripreso le audizioni ai sensi dell’articolo 7 del Trattato, invitando, tuttavia, il Consiglio a mostrare “un impegno autentico” e a compiere “progressi significativi” per proteggere i valori europei.

Si insisteva sul fatto che la mancata attuazione da parte dell’Ungheria e della Polonia delle numerose sentenze della Corte di giustizia europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo fosse inaccettabile, rilevando che tutti gli Stati membri dovessero rispettare il diritto dell’Unione europea.

In un progetto di relazione adottato il 13 luglio 2022, che costituisce la base di quanto oggi discusso in Plenaria, con 47 voti favorevoli, 10 contrari e 2 astensioni, i deputati hanno espresso le loro preoccupazioni per l’Ungheria. In particolare sui seguenti temi:

  • il funzionamento del suo sistema costituzionale ed elettorale;
  • l’indipendenza della magistratura e delle altre istituzioni e i diritti dei giudici;
  • corruzione e conflitti di interesse;
  • privacy e la protezione dei dati;
  • libertà di espressione, compreso il pluralismo dei media;
  • libertà accademica;
  • libertà di religione;
  • libertà di associazione;
  • diritto alla parità di trattamento, compresi i diritti LGBTIQ;
  • diritti delle persone appartenenti a minoranze, compresi i rom e gli ebrei, e la protezione contro le dichiarazioni odiose rivolte a queste minoranze;
  • diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati;
  • diritti economici e sociali.

Su queste basi, oggi, 15 settembre, il Parlamento europeo ha condannato “i tentativi deliberati e sistematici del governo ungherese” volti a minare i valori europei e chiede di avanzare con la procedura dell’articolo 7.

La mancanza di un’azione decisiva e decisa, nel corso di questi anni, da parte dell’UE, ha contribuito all’emergere di un “regime ibrido di autocrazia elettorale”, ovvero un sistema costituzionale in cui si svolgono le elezioni, ma manca il rispetto di norme e standard democratici.

Nel testo della relazione adottata si afferma che i valori sanciti dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea si sono ulteriormente deteriorati in forza dei “tentativi deliberati e sistematici del governo ungherese”, aggravati dall’inerzia dell’UE.

Il testo non legislativo è stato approvato con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astensioni.

Chiaro il j’accuse del Parlamento europeo nei confronti del Consiglio, ritenuto “colpevole” di non aver compiuto progressi significativi per contrastare l’arretramento democratico e sottolinea come l’articolo 7, paragrafo 1, non richieda l’unanimità degli Stati membri per identificare un chiaro rischio di grave violazione dei valori UE, né per formulare raccomandazioni e scadenze precise.

Secondo i deputati, qualsiasi ulteriore ritardo equivarrebbe a una violazione del principio dello Stato di diritto da parte del Consiglio stesso.

Inoltre, i deputati esortano la Commissione a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione, in particolare il Regolamento sulla condizionalità di bilancio.

Inoltre, in un momento in cui i valori UE sono fortemente minacciati dalla guerra russa contro l’Ucraina e dalle sue azioni anti-Ue, i deputati chiedono alla Commissione di:

  • astenersi dall’approvare il PNRR ungherese fino a quando l’Ungheria non si sarà pienamente conformata a tutte le raccomandazioni del Semestre europeo e a tutte le sentenze pertinenti della Corte di giustizia dell’UE e della Corte europea dei diritti dell’uomo;
  • escludere dal finanziamento i programmi di coesione che contribuiscono all’uso improprio dei fondi UE o alle violazioni dello Stato di diritto;
  • applicare in modo più rigoroso il Regolamento sulle disposizioni comuni e il Regolamento finanziario per contrastare qualsiasi abuso dei fondi UE per motivi politici.

La relatrice Gwendoline Delbos-Corfield ha dichiarato: “Le conclusioni di questa relazione sono chiare e irrevocabili: l’Ungheria non è una democrazia. Era più che mai urgente che il Parlamento prendesse questa posizione, considerando il ritmo allarmante con cui lo Stato di diritto sta arretrando in Ungheria. Oltre a riconoscere la strategia autocratica di Fidesz, l’ampia maggioranza dei deputati che sostiene questa posizione al Parlamento europeo non ha precedenti. Ciò dovrebbe essere un campanello d’allarme per il Consiglio e la Commissione”.