Gli eredi devono pagare le sanzioni tributarie?

Le sanzioni tributarie passano agli eredi? Ecco quando non devono essere pagate.

Foto di Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Gli eredi sono tenuti a versare le sanzioni tributarie del de cuius? Le eventuali violazioni commesse da una persona fisica si estinguono nel momento in cui l’autore della stessa dovesse morire? In altre parole, gli eredi quando sono tenuti ad effettuare i pagamenti?

Spesso e volentieri, con l’apertura di una successione non arrivano solo gli onori (costituito dall’eventuale patrimonio del defunto), ma anche dagli oneri, che possono essere costituite dai debiti e da eventuali sanzioni tributarie.

Per fortuna, però, gli eventuali crediti erariali nati da una sanzione tributaria derivata da una qualsiasi violazione fiscale compiuta da una persona fisica, non si trasmettono agli eredi. Il credito erariale si estingue con la morte dell’autore della violazione. Questo significa che, nel momento in cui è stato documentato il decesso del destinatario delle sanzioni, si conclude anche la materia stessa del contendere. Gli eredi, in altre parole, non devono nulla all’amministrazione tributaria. Non si devono pagare le spese, ma soprattutto non opera il meccanismo del raddoppio del contributo unificato. A confermarlo è, attraverso l’ordinanza n. 26015 del 5 settembre 2022, la Cassazione Civile.

Sanzioni tributari, nessun obbligo in capo agli eredi

L’ordinanza della Cassazione Civile prende spunto da un caso concreto, che andremo a trattare. L’Agenzia delle Entrate, attraverso una notifica ufficiale, aveva provveduto a comunicare ad un contribuente lo sgravio dei tributi iscritti a ruolo, in merito a degli importi relativi ad Irpef, Irap ed Iva per l’anno 2002. Attraverso questo provvedimento l’AdE comunicava l’annullamento di tutti i carichi pendenti corrispondenti a tributi ed addizionali. Manteneva, però, parzialmente quelli relativi alle sanzioni, che erano state comminate per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il contribuente aveva impugnato l’atto in relazione all’importo delle sanzioni, che per il 2002 dovevano essere calcolate nella misura minima. La C.T.P. di Brindisi, però, decise di rigettare il ricorso, con le sentenze n. 158/11, n. 159/2/11, n. 160/2/11 e n. 161/2/11. Queste sentenze vennero prontamente impugnate dal contribuente, ma la C.T.R. per la Puglia le conferma, riunendo gli appelli con la sentenza n. 252/23/13, depositata il 10 ottobre 2023.

Anche contro questa sentenza il contribuente presenta un ricorso per Cassazione. Da parte sua anche l’Agenzia delle Entrate presenta un ulteriore controricorso.

Morte del contribuente

Gli eredi del contribuente, in data 21 febbraio 2022, inviano una memoria attraverso la quale comunicano l’avvenuto decesso del contribuente. Decidono, quindi, di costituirsi in giudizio in qualità di eredi: viene chiesta la cessazione della materia del contendere. Il motivo? L’intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni amministrative, ai sensi del D. Lgs. n. 473 del 18 dicembre 1997.

In subordine, gli eredi chiedono il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso: questa mossa avrebbe dovuto permettere loro di dimostrare l’avvenuta rottamazione dei carichi iscritti a ruolo.

Gli eredi non devono pagare le sanzioni

La Cassazione Civile ha stabilito e dichiarato che è cessata la materia del contendere, perché è mancato il contribuente. In questo caso trova applicazione quanto disposto dall’articolo 8 del D. Lgs n. 472/97, che prevede l’intrasmissibilità agli eredi dell’obbligazione di pagamento delle sanzioni. Ma soprattutto ha il merito di dettare un vero e proprio principio di ordine generale, perché costituisce il corollario del principio di responsabilità personale. Il legislatore, infatti, all’articolo 2 del già citato D. Lgs n. 472 ha stabilito in maniera chiara ed inequivocabile che il credito erariale che nasce da un’eventuale violazione delle leggi tributarie riferibile ad una persona fisica si estingue con la morte della persona, che è l’autore della violazione. Nel momento in cui viene documentato il decesso del destinatario delle sanzioni, cessa in maniera automatica la materia del contendere.

La corte ha, inoltre, stabilito che non deve essere disposto nulla relativamente alle spese, in quanto, con il principio che abbiamo appena descritto relativo alle sanzioni tributarie, il sopravvenire della morte della persona destinatarie delle varie contestazioni, impedisce di procedere al vaglio dei motivi di doglianza, che rimangono inesplorati. Non è possibile, quindi, procedere con il regolare le spese chiedendo il pagamento agli eredi.

La Cassazione, inoltre, sottolinea che debba ritenersi inammissibile il ricorso anche per quanto riguarda il principio che stabilisce il meccanismo del raddoppio del contributo unificato (come previsto dal Dpr n. 115/2002): questo risulta essere applicato solo e soltanto nel caso in cui il procedimento dovesse concludersi con la conferma della sentenza impugnata e dichiarando il ricorso inammissibile. Nel caso in esame si è venuta a verificare l’inammissibilità della richiesta perché è cessata la materia del contendere.