Nel 2017 le pensioni d’oro sono raddoppiate

Nei primi sei mesi del 2017 le pensioni d'oro sono raddoppiate: oltre 10mila i pensionati con più di 3mila euro al mese, mentre si alza l'età di fine lavoro

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Tra tante notizie di crisi e di giovani che non hanno un lavoro, ecco un dato che va nella direzione opposta: nel 2017, stando alle cifre dei primi sei mesi dell’anno precedente, le pensioni d’oro sarebbero praticamente raddoppiate. Lo dice l’Istat, che ha comunicato i dati precisi dei “super pensionati” del primo semestre. Ebbene, arrivano oltre 3.000 euro al mese a 10.068 persone mentre il dato del 2016 ammontava a 5.699 unità. Quasi il doppio, dunque, rispetto a 365 giorni fa e non possiamo aspettarci che un numero ancora più alto per il dato finale. L’anno scorso, infatti, le pensioni dorate ammontavano complessivamente a 15.920. Staremo a vedere, quindi, come si chiuderà il 2017 ma per ora il trend sembra in crescita esponenziale. Si tratta di un dato che stupisce dato che in Italia si parla di poco ricambio generazionale e di disoccupazione giovanile che punta inesorabile al 40%.

I dati dell’Inps sulle pensioni d’oro

I resoconti di Istat e Inps ci parlano anche di altri dati inaspettati: non sono soltanto le pensioni d’oro ad aumentare, ma anche gli assegni di previdenza sociale di fascia più bassa, ovvero quella che si assesta tra i 2000 e i 3000 euro al mese. Nei primi sei mesi del 2017, si contano già 15.817 pensionati “d’argento”, mentre nello stesso periodo del 2016 il dato era fermo a 10.701. Importi mensili di fascia medio-alta a parte, anche il dato generale dei nuovi pensionamenti è aumentato di 11.533 unità. Lo “stipendio” medio è di 1.291 euro per quanto riguarda le 140.226 pensioni provenienti dal fondo lavoratori dipendenti.

Per quanto riguarda invece i dati generali sulle pensioni in Italia si notano delle divisioni significative nella distribuzione da Nord a Sud, come ha evidenziato il sesto rapporto del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali. La disparità emerge nell’ammontare medio trasferito dallo Stato per ogni cittadino residente: 1.000 euro annui al Sud, 658 euro nelle regioni centrali e 474 euro al Nord. Questa disuguaglianza è attribuibile ai contributi più elevati versati nel Nord, con una minore incidenza di assegni di invalidità, mentre al Sud, i contributi sono inferiori e le pensioni di invalidità sono più frequenti. Tale squilibrio costringe a ricorrere alle casse pubbliche per mantenere l’equilibrio tra contributi versati e assegni pensionistici, comportando una redistribuzione delle risorse che potrebbe influenzare altri settori.

Infine va sottolineato che, oltre al numero delle pensioni d’oro, è aumentata anche la “cifra” dell’età pensionabile. Per gli uomini l’età anagrafica è di 66 anni e 7 mesi di età con almeno 20 anni di contributi. Per le dipendenti private 65 anni e 7 mesi di età con almeno 20 anni di contributi mentre le dipendenti pubbliche 66 anni e 7 mesi di età (con almeno 20 anni di contributi). Infine per le autonome, l’età per andare in pensione è di 66 anni e 1 mese di età con almeno 20 anni di contributi.

Le pensioni d’oro aumentano, le baby pensioni diminuiscono

Abbiamo visto che le pensioni d’oro ovvero i trattamenti pensionistici superiori a una carta soglia mensile sono aumentati. Le baby pensioni, invece, sono diminuite. Nei primi sei mesi di quest’anno, infatti, sono state 10.908 contro le 14.828 dei primi sei mesi del 2016. Ricordiamo che le baby pensioni sono prestazioni pensionistiche agevolate concesse ai dipendenti pubblici dopo pochi anni di servizio. La decisione di introdurre questa misura fu presa dal governo Rumor alla fine del 1973, durante un’epoca di ottimismo economico e politico. In quel periodo, il governo concesse alle impiegate pubbliche con figli la possibilità di andare in pensione dopo soli 14 anni, sei mesi e un giorno di servizio, mentre gli statali potevano farlo dopo 19 anni e mezzo, e i lavoratori degli enti locali dopo 25 anni. Questo privilegio è rimasto in vigore nel corso degli anni, suscitando dibattiti sul suo impatto finanziario e sull’equità nei confronti dei lavoratori del settore pubblico.

Buone notizie per i giovani?

Guardano al quadro generale, potrebbero esserci buone notizie per i giovani e nuove speranze per chi si accinge ad analizzare i propri contributi per calcolare il grande traguardo finale ovvero la pensione? Probabilmente sì. Intanto sul web circola da qualche giorno l’accorata richiesta di tanti studenti, laureati o in procinto di coronarsi d’alloro, di ottenere da parte del governo il riscatto della laurea a costo zero. Una proposta che, in verità, è già al varo del Ministero dell’Economia, che afferma: “Stiamo studiando come fare”, parole del sottosegretario Pier Paolo Baretta.